La Lombardia e il Veneto di fronte a un referendum sbagliato

22 ottobre 2017: i cittadini residenti in Lombardia e in Veneto possono votare in referendum consultivi, indetti dai Presidenti delle rispettive Regioni.

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1506674836656{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]22 otto­bre 2017: i cit­ta­di­ni resi­den­ti in Lom­bar­dia e in Vene­to pos­so­no vota­re in refe­ren­dum con­sul­ti­vi, indet­ti dai Pre­si­den­ti del­le rispet­ti­ve Regioni.

Il refe­ren­dum con­sul­ti­vo è pre­vi­sto da entram­bi gli Sta­tu­ti (art. 52 St. Lom­bar­dia; art. 23 St. Vene­to) sen­za rife­ri­men­ti spe­ci­fi­ci a pro­po­ste come quel­le su cui si vote­rà il 22 otto­bre. Il refe­ren­dum con­sul­ti­vo del 22 otto­bre sem­bra quin­di male uti­liz­za­to già da que­sto pun­to di vista.

La mag­gio­re auto­no­mia alla qua­le fan­no rife­ri­men­to i que­si­ti dei refe­ren­dum con­sul­ti­vi indet­ti in Lom­bar­dia e in Vene­to è quel­la dell’art. 116, com­ma 3, del­la Costi­tu­zio­ne, che costi­tui­sce una del­le nor­me frut­to del­la discu­ti­bi­lis­si­ma rifor­ma costi­tu­zio­na­le del Tito­lo V (leg­ge cost. n. 3 del 2001). Que­sto il testo:

Ulte­rio­ri for­me e con­di­zio­ni par­ti­co­la­ri di auto­no­mia, con­cer­nen­ti le mate­rie di cui al ter­zo com­ma del­l’ar­ti­co­lo 117 e le mate­rie indi­ca­te dal secon­do com­ma del mede­si­mo arti­co­lo alle let­te­re l), limi­ta­ta­men­te all’or­ga­niz­za­zio­ne del­la giu­sti­zia di pace, n) e s), pos­so­no esse­re attri­bui­te ad altre Regio­ni, con leg­ge del­lo Sta­to, su ini­zia­ti­va del­la Regio­ne inte­res­sa­ta, sen­ti­ti gli enti loca­li, nel rispet­to dei prin­cì­pi di cui all’ar­ti­co­lo 119. La leg­ge è appro­va­ta dal­le Came­re a mag­gio­ran­za asso­lu­ta dei com­po­nen­ti, sul­la base di inte­sa fra lo Sta­to e la Regio­ne interessata.

Il que­si­to lom­bar­do in que­sto sen­so è espli­ci­to, ma la Cor­te costi­tu­zio­na­le (sent. 118 del 2015) ha det­to che anche quel­lo Vene­to, al di là del­la gene­ri­ci­tà del­la for­mu­la­zio­ne deve esse­re ricon­dot­to all’art. 116 del­la Costituzione.

In nes­su­no dei due casi, tut­ta­via, è espli­ci­ta­to qua­li com­pe­ten­ze, tra quel­le su cui l’art. 116 del­la Costi­tu­zio­ne, con­sen­te «con­di­zio­ni par­ti­co­la­ri di auto­no­mia», la Regio­ne inten­de avvia­re le trat­ta­ti­ve con il Gover­no per otte­ner­le (le nor­me gene­ra­li sull’istru­zio­ne? O la disci­pli­na dei giu­di­ci di pace? O entram­be? O la tute­la dell’ambiente? O for­se la disci­pli­na del­le cas­se di rispar­mio e del­le cas­se rura­li? O degli enti di cre­di­to fon­dia­rio a carat­te­re regio­na­le? O tut­te le mate­rie possibili?).

Né d’altronde si pre­ve­de qua­le par­ti­co­la­re auto­no­mia sia richie­sta sul­le mate­rie stesse.

Que­sto deter­mi­na una gra­ve gene­ri­ci­tà del que­si­to. Come la Cor­te ha det­to a pro­po­si­to del refe­ren­dum abro­ga­ti­vo, a par­ti­re dal­la sent. n. 16 del 1978, un que­si­to non chia­ro, non sem­pli­ce e non omo­ge­neo (che tie­ne cioè insie­me una plu­ra­li­tà di doman­de) non dovreb­be esse­re ammis­si­bi­le per­ché l’elettore non ha in que­sto modo liber­tà di voto.

È quan­to avvie­ne nei casi di spe­cie. Su cosa esat­ta­men­te vota l’elettore lom­bar­do o vene­to? Nes­su­no può saper­lo e for­se non lo sa esat­ta­men­te nep­pu­re chi avan­za la pro­po­sta (cioè lo stes­so Gover­no regio­na­le), che uti­liz­za un tema mol­to deli­ca­to (e cer­ta­men­te sen­ti­to) per chie­de­re un voto in bian­co, di sostan­zia­le fidu­cia a chi gui­da oggi la Regio­ne per avvia­re una trat­ta­ti­va che nes­su­no sa su cosa verta.

Alla gene­ri­ci­tà – lesi­va del­la liber­tà di voto dei cit­ta­di­ni – si aggiun­ge in fat­to che, come evi­den­te, la Costi­tu­zio­ne non pre­ve­de per le con­di­zio­ni di mag­gio­re auto­no­mia nes­sun rife­ri­men­to a un refe­ren­dum regio­na­le. Il moti­vo è chia­ro: la deci­sio­ne non può che esse­re nazio­na­le. La Regio­ne può sol­tan­to assu­me­re l’iniziativa, «sen­ti­ti gli enti loca­li» (essen­do evi­den­te che, se aves­se volu­to, la Costi­tu­zio­ne avreb­be fat­to rife­ri­men­to anche alle popo­la­zio­ni inte­res­sa­te», come fa ad altro pro­po­si­to). E non si capi­sce per qua­li ragio­ni il gover­na­to­re lom­bar­do, elet­to con la pro­mes­sa di rag­giun­ge­re una for­tis­si­ma auto­no­mia che si sostan­zia­va nel­la pro­po­sta di trat­te­ne­re il 75% del get­ti­to fisca­le in Lom­bar­dia, non l’abbia anco­ra fat­to. O per­ché non l’abbiano fat­to i pre­ce­den­ti gover­ni lom­bar­di e vene­ti, sfrut­tan­do la con­cor­dan­za poli­ti­ca e par­ti­ti­ca col gover­no cen­tra­le. Da ricor­da­re, infat­ti, che sia la regio­ne Lom­bar­dia che la regio­ne Vene­to han­no già appro­va­to, nel 2007 tra­mi­te due deli­be­re del Con­si­glio regio­na­le, l’avvio del­le pro­ce­du­re con­te­nu­te nell’articolo 116 del­la Costituzione.

Il fat­to che la deci­sio­ne sia nazio­na­le si lega al fat­to che le con­di­zio­ni di auto­no­mia di una Regio­ne si riper­cuo­to­no sull’intero asset­to del­la Repub­bli­ca, una e indi­vi­si­bi­le, secon­do l’art. 5 del­la Costi­tu­zio­ne. Basti pen­sa­re al fat­to che un ter­ri­to­rio nazio­na­le con una rego­la­men­ta­zio­ne di alcu­ni set­to­ri mol­to fram­men­ta­ta potreb­be dive­ni­re meno appe­ti­bi­le per gli inve­sti­to­ri (costret­ti a distri­car­si in una giun­gla di micro rego­la­men­ta­zio­ni, tan­to con Regio­ni gene­ral­men­te pic­co­le come le nostre), con con­se­guen­ze nega­ti­ve sull’intera eco­no­mia nazionale.

Una mag­gio­re auto­no­mia di una Regio­ne non è quin­di sol­tan­to affa­re dei resi­den­ti in quel­la Regio­ne, ma di tut­ti gli ita­lia­ni, anche nei loro rap­por­ti con per­so­ne fisi­che e giu­ri­di­che straniere.

Mol­to sin­go­la­re e inap­pro­pria­ta è anche la tem­pi­sti­ca, se voglia­mo pren­de­re il refe­ren­dum sul serio: le Came­re sono infat­ti agli ulti­mis­si­mi mesi del­la legi­sla­tu­ra e quin­di non riu­sci­ran­no comun­que ad appro­va­re nes­su­na leg­ge (rin­for­za­ta) capa­ce di dare a que­ste due Regio­ni mag­gio­re auto­no­mia. Tut­to pas­se­rà, even­tual­men­te, alla pros­si­ma legi­sla­tu­ra, e maga­ri in con­di­zio­ni poli­ti­che mol­to diver­se rispet­to alle qua­li que­sti due refe­ren­dum sem­bre­ran­no mol­to data­ti. La tem­pi­sti­ca, quin­di, sem­bra mol­to più col­le­ga­ta a esi­gen­ze di incas­so elet­to­ra­le per ele­zio­ni regio­na­li e maga­ri anche par­la­men­ta­ri in rela­zio­ne a que­sti spe­ci­fi­ci ter­ri­to­ri, con evi­den­te stra­vol­gi­men­to del sen­so del referendum.

Risul­ta chia­ro, in con­clu­sio­ne, che un refe­ren­dum così con­ge­gna­to ha uno sco­po spic­ca­ta­men­te elet­to­ra­le, pro­iet­tan­do­si sicu­ra­men­te alle pros­si­me ele­zio­ni regio­na­li lom­bar­de, oltre che stret­ta­men­te par­ti­ti­co, per rimar­ca­re un’identità ter­ri­to­ria­le leghi­sta mes­sa in discus­sio­ne dal sovra­ni­smo iper­na­zio­na­li­sta di Sal­vi­ni. Un uso distor­to, smi­nuen­te e stru­men­ta­le dell’istituto refe­ren­da­rio, un vero e pro­prio sfre­gio ai prin­ci­pi di par­te­ci­pa­zio­ne demo­cra­ti­ca.

In defi­ni­ti­va, quin­di si trat­ta di refe­ren­dum comun­que pri­vi di qua­lun­que for­za vin­co­lan­te (sono infat­ti con­sul­ti­vi). In Vene­to – e non in Lom­bar­dia – è sta­to anche pre­vi­sto un quo­rum, il cui man­ca­to rag­giun­gi­men­to evi­ta anche l’effetto “con­sul­ti­vo”. Inol­tre sono del tut­to gene­ri­ci (che potreb­be­ro com­pren­de­re anche mate­rie, come le nor­me gene­ra­li sull’istruzione, su cui la mag­gio­re auto­no­mia è incom­pren­si­bi­le e pro­ba­bil­men­te dan­no­sa) e non fan­no altro che dele­ga­re “in bian­co” la Regio­ne per otte­ne­re più auto­no­mia su non si sa bene cosa.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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