[vc_row][vc_column][vc_column_text]Oggi è #VerdeDì, e da poco, con il grande e meraviglioso successo dello “sciopero per il clima” del 15 marzo scorso, abbiamo scoperto di vivere in un Paese di ecologisti. Tutti affermati ed autorevoli ecologisti, persino da sempre!
Da quelli che hanno approvato lo Sblocca Italia (o magari taciuto, perché faceva comodo non dare nell’occhio), passando per quelli che governano il Paese assieme a chi votato contro gli accordi di Parigi (ebbene si, sarebbe il caso di ricordarlo di tanto in tanto: tutti i deputati italiani al Parlamento europeo votarono a favore, tranne cinque eletti dalla Lega, tra cui il ministro per la Famiglia e le disabilità Lorenzo Fontana, e il vicepremier Matteo Salvini, presente per caso), fino a quelli che hanno sempre anteposto le ragioni del “lavoro” alle ragioni dell’ambiente (come se portare uno stipendio a casa possa mai essere una compensazione sufficiente al veder ammalare i propri figli o la propria città).
Se bastassero le chiacchiere a salvare il pianeta, saremmo leader internazionali nella lotta ai cambiamenti climatici e anche santi subito. E invece no.
Come si dice a Roma: le chiacchiere stanno a zero. Il piano Energia e Clima è assolutamente deludente, un compitino da consegnare a Bruxelles privo di visione, di strategia industriale seria, di compenetrazione tra tutti i settori da coinvolgere, di efficacia. Del tutto privo di consapevolezza sulla epocale emergenza a cui dovrebbe rispondere (come dice benissimo Greta Thunberg: “la nostra casa sta andando a fuoco”), del tutto inconsapevole che la rivoluzione ecologica è l’unica risposta vera alla profondissima crisi sociale, economica e ambientale che viviamo.
I decreti per le rinnovabili, che non potevano essere stravolti rispetto alle “calendiane” versioni, “perché fossero pubblicati al più presto”, sono al palo da mesi, compreso l’extra-incentivo per la rimozione dell’amianto, che tanto servirebbe a questo crivellato Paese.
Dello sblocco delle reti private di utenza, della promozione a tappeto dell’auto-consumo e della produzione diffusa si è fatto un gran parlare, come anche della spinosa questione dell’ ”end of waste”, così cruciale per liberare davvero l’economia circolare… Eppure, al momento, per le tantissime aziende pronte a partire o desiderose di beneficiare di queste possibilità. Tutto fermo.
Ma il decreto crescita? Discussione rinviata.
E che ne è dei sussidi dannosi alle fossili, tesoretto sporco di carbone e di sangue, da convertire verso energie e economie pulite? Si è più saputo niente, signora mia? Dai, almeno quelli! Niente.
Su questo lascio rispondere “La nuova ecologia”, con un piccolo spoiler che trovate qui sotto.
“In Italia, con la pubblicazione del ministero dell’Ambiente nel 2016 del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli, i sussidi alle fonti fossili sono entrati nella rendicontazione nazionale; il catalogo, però, è fermo al 2017 nonostante ne sia stato previsto l’aggiornamento entro il 30 giugno di ogni anno. La cancellazione dei sussidi alle fonti fossili è stata uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle, ma nell’ultimo Piano energia e clima non è previsto nessun impegno e il tema viene trattato solo marginalmente. Per ora, il governo si è accontentato di aumentare timidamente i canoni di concessione per prospezione, ricerca ed estrazione di gas e petrolio.”
Insomma oggi è #VerdeDì e l’unica certezza che ho, tra molti pensieri cupi che respingo davvero a fatica, è che la nostra mobilitazione permanente non possa fare altro che resistere, e crescere, costruendo proposte politiche in grado di rispondere alla crescente consapevolezza ambientale che pervade il Paese, fuori dai palazzi del potere e dai giochetti sempre più tossici che da questi vengono ospitati.
Siamo tutte e tutti convocati, #PrimaDelDiluvio.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]