[vc_row][vc_column][vc_column_text]L’origine della recente pandemia, così come la crisi climatica e la perdita di biodiversità, sono la conseguenza diretta dell’attività umana. Di fronte agli innumerevoli danni ambientali e sociali verificatisi negli ultimi anni e, soprattutto, anche a fronte della pandemia che stiamo vivendo, ci si aspetterebbe un cambio radicale nelle scelte di programmazione e di gestione di un territorio. Che si tratti di scelte quotidiane compiute da un singolo, di un piccolo paese o di una regione, tutte queste scelte comportano delle conseguenze.
In questi giorni in cui si sta immaginando il ritorno alla “normalità di prima”, molte istituzioni, a partire dalle regioni, stanno approvando tutta una serie di delibere e di atti che, appunto, ci faranno tornare alla “normalità di prima”. Ma se la normalità di prima era il problema, perché ci si continua a muovere lungo lo stesso solco che sappiamo bene dove ci ha condotto?
Perché le decisioni politiche che si prendono a ogni livello non stanno andando nella direzione di impedire il sorgere di nuove pandemie, non cercano di limitare i cambiamenti climatici e magari tutelare la biodiversità?
Prendiamo il caso di due regioni, come la Lombardia e l’Emilia Romagna, che in queste settimane hanno approvato il calendario venatorio. La caccia, oltre a essere una pratica assolutamente inutile e barbara, non può essere considerata in alcun modo una delle attività necessarie o fondamentali per ripartire. Il mantra secondo il quale «dobbiamo riprendere, ma attenzione, niente sarà più come prima» che ci siamo sentiti ripetere sin dai primi giorni della pandemia non trova alcuna applicazione nella disciplina dell’attività venatoria: tutto viene autorizzato come prima e, anzi, alcune Regioni concedono ancora più libertà di sparare.
L’Emilia Romagna ha deciso di allargare i tempi, prevedendo l’addestramento cani e la precaccia tra agosto e settembre. Ma soprattutto l’Emilia Romagna ha ignorato tutte le indicazioni fornite da ISPRA a tutela delle specie ancora oggi cacciabili ma che sono in uno stato di conservazione sfavorevole. Inoltre, come ciliegina sulla torta è stata aggiunta una nuova norma definita “abbattimento accertato”, già dichiarata incostituzionale nel 2018 per la normativa della Regione Liguria e nel 2019 per la Regione Lombardia. Vengono inoltre confermate nelle stesse forme la caccia “ collettiva” al cinghiale, cioè le più impattanti e rischiose dal punto di vista di contenimento dell’epidemia. Infine si autorizzano gli agricoltori/cacciatori a fare caccia libera agli ungulati nel proprio terreno, mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini.
In Lombardia la fantasia degli amministratori supera di gran lunga il buon senso. Invece di stringere le maglie per tutelare la fauna selvatica, queste vengono sistematicamente allargate e ciò nonostante le procedure di infrazione aperte dalla Commissione Europea. L’assessore leghista Rolfi sta confezionando delle norme che andranno ad allargare l’attività venatoria “ufficiale” ma che inevitabilmente favoriranno il bracconaggio. Immaginate questa scena: un bracconiere intento ad abbattere specie protette che vede arrivare da lontano un guardiacaccia con indosso un giubbotto arancione fluo… Ecco qual è la proposta dell’assessore leghista. Ma non solo, un ulteriore regalo potrebbe essere il via libera ai mezzi di caccia non consentiti, come ad esempio i visori notturni per la caccia collettiva al cinghiale. Caccia che sarà consentita 365 giorni all’anno, in palese contrasto con la normativa nazionale che invece la limita in periodi ben definiti.
Inoltre, ignorando i pareri e le indicazioni scientifiche di ISPRA si continua a proporre di poter catturare uccelli a fini di richiamo vivo e, soprattutto, si continua a consentire la caccia in deroga ai piccoli uccelli migratori tutelati e protetti dalle normative europee.
Questi sono gli esempi relativi alla non tutela della biodiversità, ma possiamo allungare la lista di quelle pratiche antiecologiche che stanno per diventare leggi regionali o lo sono diventate nelle scorse settimane.
Pensiamo al consumo di suolo legato alle infrastrutture stradali e autostradali inutili e non necessarie per lo sviluppo sostenibile di un territorio. Pensiamo agli sviluppi aeroportuali sparsi qua e là lungo lo stivale che si vorrebbero realizzare.
Impossibile non rilevare che solo a gennaio Bonaccini è stato rieletto con una coalizione costituita anche da chi si dice ecologista, che a questo punto viene relegato a buon vocabolo per il simbolo e per la campagna elettorale: nei fatti la ripartenza più che green sembra alquanto grigia, un bel grigio asfalto di autostrade e piste d’atterraggio.
Le foto delle acque del fiume Sarno tornate limpide negli ultimi mesi, con l’inizio della fase2 hanno ripreso il colore nero per colpa degli scarichi illegali, così come le foci di alcuni fiumi in mare hanno ripreso colori di “morte” e non di vita.
E’ questa la normalità a cui vogliamo tornare?
Noi siamo convinti invece che ci sia un forte bisogno di una “nuova normalità”, che esca da vecchi schemi fallimentari e che riparta da tutti quelli aspetti “dimenticati e trascurati” nel corso di questi anni: diritti dei lavoratori e condizioni di lavoro, pari opportunità, uguaglianza, la scuola, una sanità pubblica per tutti, sviluppo sostenibile, futuro vivibile.
Walter Girardi
Chiara Bertogalli
Comitato Scientifico di Possibile[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1491269035420{margin-top: 20px !important;}”]
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