La parola d’ordine è sempre la stessa: chiudere ciò che non è essenziale

È com­pren­si­bi­le che in un momen­to di for­tis­si­ma cri­si, come quel­lo che stia­mo viven­do, si sen­ta istin­ti­va­men­te il biso­gno di sta­re dal­la par­te del Gover­no. Per sen­tir­si par­te del­la solu­zio­ne e non del pro­ble­ma, o anche solo per­ché si pre­fe­ri­sce pen­sa­re che la nostra salu­te, la nostra sicu­rez­za e il nostro benes­se­re sono in mano a per­so­ne esper­te che san­no cosa stan­no facendo.

Se fan­no così, un moti­vo ci sarà”, è il man­tra che ci ripe­tia­mo e che ci si aspet­ta che tut­ti deb­ba­no ripetere.

Ma pro­via­mo a fare un pic­co­lo eser­ci­zio di astrazione.

Pro­via­mo a imma­gi­na­re un luo­go in cui c’è la più gros­sa cri­si sani­ta­ria da cen­to anni.

Pro­via­mo a imma­gi­na­re che que­sta cri­si ven­ga pri­ma sot­to­va­lu­ta­ta, a col­pi di sel­fie e di aper­ti­vi.

E che poi ven­ga, final­men­te, affron­ta­ta, con voci discor­dan­ti a ogni livel­lo isti­tu­zio­na­le, con liti­gi a mez­zo social tra quel­li che dovreb­be­ro esse­re i miglio­ri scien­zia­ti di quel pae­se. Con le accu­se agli unto­ri stra­nie­ri in tv. Con le diret­te Face­book (con o sen­za masche­ri­na) che si sosti­tui­sco­no alla nor­ma­le dia­let­ti­ca politica.

E poi, via via, con il ricor­so a una sor­ta di “stil­li­ci­dio del­la decre­ta­zio­ne d’urgenza”, in cui il capo di un ese­cu­ti­vo già non pro­pria­men­te bril­lan­te comin­cia a ema­na­re — sen­za alcun pas­sag­gio for­ma­le con il Par­la­men­to e con la Pre­si­den­za del­la Repub­bli­ca -  edit­ti impre­ci­si, mal scrit­ti, dall’intento non par­ti­co­lar­men­te chia­ro. Que­sto tut­ti i gior­ni pari. I gior­ni dispa­ri, lo stes­so ese­cu­ti­vo si pro­di­ga a dare spie­ga­zio­ni su quan­to scrit­to la not­te pre­ce­den­te. Intan­to la cri­si sani­ta­ria non accen­na a dare rea­li segni di miglio­ra­men­to, anzi peggiora.

C’è chi invo­ca — for­se non a tor­to — tem­pi­sti­che ben diver­se tra il muo­ver­si del­le pan­de­mie e quel­lo dei cicli di comu­ni­ca­zio­ne social, ma a nes­su­no sem­bra impor­ta­re. C’è chi invo­ca  - e sono mol­ti di più, e for­se con per­si­no più ragio­ne — misu­re più chia­re, più net­te, più dra­sti­che.

Nel frat­tem­po, a sin­ghioz­zo, sen­za un par­ti­co­la­re ordi­ne, non solo le per­so­ne ven­go­no con­fi­na­te a casa, ma ven­go­no chiu­se miglia­ia di atti­vi­tà. Mol­te di più, però sono quel­le che resta­no aper­te. Spe­cie quel­le che fan­no capo ai gran­di grup­pi eco­no­mi­ci del pae­se in que­stio­ne. E mol­tis­si­me sono le per­so­ne che devo­no anda­re a lavo­ra­re per tene­re aper­te quel­le atti­vi­tà, spes­so sen­za ade­gua­te con­di­zio­ni di sicu­rez­za. Per atti­vi­tà spes­so tutt’altro che essen­zia­li.

Poi l’esecutivo deci­de, caval­can­do la rab­bia del­le mas­se sui social net­work, che i nuo­vi unto­ri sono i cor­ri­do­ri, e vie­ta loro di cor­re­re. Anzi, no. Anzi, sì. No, solo vici­no casa, però. Sì, ma non nei par­chi. No. Sì.

Per gior­ni e gior­ni e gior­ni. Nel frat­tem­po, men­tre ci si divi­de tra cor­sa e non cor­sa, milio­ni di per­so­ne sono costret­te  - sì, costret­te — ad anda­re a lavo­ra­re. Sen­za con­di­zio­ni di sicu­rez­za e di igie­ne accet­ta­bi­li. Stra­na­men­te, la cri­si sani­ta­ria non si ferma.

Poi l’elemento di discus­sio­ne diven­ta­no le per­so­ne che si spo­sta­no trop­po. “Abbia­mo con­trol­la­to le cel­le dei cul­lu­la­ri”, dico­no tron­fi. GAC, direb­be­ro sui social che fre­quen­ta­no così assi­dua­men­te i gover­nan­ti di quel pae­se. Per for­za la gen­te si spo­sta, per­ché milio­ni di per­so­ne sono costret­te  - sì, costret­te — ad anda­re a lavo­ra­re. Sen­za con­di­zio­ni di sicu­rez­za e di igie­ne accet­ta­bi­li. Stra­na­men­te, la cri­si sani­ta­ria non si ferma.

Poi l’elemento di discus­sio­ne diven­ta l’apertura dei super­mer­ca­ti. Devo­no chiu­de­re la dome­ni­ca? Sì. No. Sì. No. Sì. Nel frat­tem­po, milio­ni di per­so­ne con­ti­nua­no a spo­star­si e ad anda­re al lavo­ro. Nel frat­tem­po, milio­ni di per­so­ne sono costret­te  - sì, costret­te — ad anda­re a lavo­ra­re. Sen­za con­di­zio­ni di sicu­rez­za e di igie­ne accet­ta­bi­li. Stra­na­men­te, la cri­si sani­ta­ria non si ferma.

Poi il capo dell’esecutivo si riu­ni­sce a tar­da sera di una saba­to non con il Par­la­men­to, non a col­lo­quio col Pre­si­den­te e nem­me­no col suo Gover­no. No, coi “capi dele­ga­zio­ne”, i rap­pre­sen­tan­ti dei par­ti­ti di mag­gio­ran­za. Ovvia­men­te aven­do pri­ma incon­tra­to i rap­pre­sen­tan­ti del­le gran­di indu­strie, e for­se i sin­da­ca­ti, che per la veri­tà nes­su­no sen­te pro­fe­ri­re ver­bo da un bel po’. Il capo dell’esecutivo, con i rap­pre­sen­tan­ti del­la mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re di un par­la­men­to che non si riu­ni­sce più, si accor­ge di quel­lo che set­ti­ma­ne gli dico­no in tan­tis­si­mi. Cosa? Che milio­ni di per­so­ne sono costret­te  - sì, costret­te — ad anda­re a lavo­ra­re. Sen­za con­di­zio­ni di sicu­rez­za e di igie­ne accettabili.

Deci­de per­ciò, a tar­dis­si­ma sera, di anda­re in diret­ta su Face­book per annun­cia­re alla nazio­ne che tut­te le azien­de non lega­te a ciò che è la stret­ta neces­si­tà in quel momen­to di cri­si ver­ran­no chiu­se per decre­to. Si può vede­re il decre­to? No. Non è pron­to. È pron­to l’annuncio, in tem­po per i tito­lo­ni del­la dome­ni­ca mattina.

Ovvia­men­te, i lavo­ra­to­ri e le loro fami­glie — e l’opinione pub­bli­ca in gene­ra­le — vor­reb­be­ro sape­re qua­li saran­no le atti­vi­tà per cui è pre­vi­sta la chiu­su­ra. Pas­sa­no la dome­ni­ca a chie­der­se­lo, dall’esecutivo non una paro­la, se non una mini­stra che twit­ta di dol­ci pasquali.

Ver­so l’ora dell’aperitivo via social, e del gior­na­lie­ro bol­let­ti­no sui mor­ti, tra­pe­la che le gran­di indu­strie han­no chie­sto all’esecutivo di fer­mar­si, di “pen­sar­ci bene”, di non chiu­de­re nul­la se non ne sono pro­prio pro­prio sicu­ri.

Final­men­te, ver­so l’o­ra di cena, arri­va il decre­to annun­cia­to, ma con parec­chie aggiun­te e modi­fi­che rispet­to alle boz­ze cir­co­la­te in pre­ce­den­za. Aggiun­te e modi­fi­che fat­te pen­san­do a chi?

Pen­san­do alla salu­te, alla sicu­rez­za, al benes­se­re dei suoi cit­ta­di­ni, che con­ti­nua­no ad amma­lar­si e pur­trop­po in par­te a morire?

Pen­san­do alle miglia­ia di azien­de gran­di e pic­co­le che han­no già chiu­so, e che più dura que­sta cri­si meno avran­no la for­za di riaprire?

Pen­san­do ai lavo­ra­to­ri che vivo­no da set­ti­ma­ne nell’incertezza, che sono costret­ti ad anda­re a lavo­ra­re in con­di­zio­ni di peri­co­lo per la loro salu­te e per quel­la dei loro familiari?

No, il gover­no, da solo, sen­za inter­ro­ga­re nes­su­no, ha pen­sa­to agli avver­ti­men­ti che gli sono arri­va­ti dal­le gran­di industrie.

Que­sta cosa, se la guar­dia­mo in astrat­to, non è demo­cra­zia. È oli­gar­chia al ser­vi­zio di lob­by eco­no­mi­che mio­pi, avi­de e irresponsabili.

Que­sto modo di agi­re, chiun­que lo por­ti avan­ti, è gra­ve­men­te dan­no­so per la salu­te, la sicu­rez­za e il benes­se­re dei cit­ta­di­ni. Il tut­to per ser­vi­re un prin­ci­pio di pro­fit­to ad ogni costo peral­tro mol­to dif­fi­ci­le da dimo­stra­re, a que­sto punto.

Il tut­to in spre­gio alle mol­te atti­vi­tà che già han­no dovu­to chiu­de­re per met­te­re i pro­pri lavo­ra­to­ri in con­di­zio­ni di sta­re al sicu­ro, per­den­do — que­sto sì è garan­ti­to — lar­ga par­te del­le magre risor­se a pro­pria disposizione.

Il tut­to in spre­gio agli ope­ra­to­ri sani­ta­ri, che ven­go­no chia­ma­ti eroi, ma ai qua­li non vie­ne for­ni­to l’aiuto di cui avreb­be­ro biso­gno, per con­te­ne­re que­sta pan­de­mia e per far­lo nel­le miglio­ri con­di­zio­ni possibili.

Il tut­to in spre­gio a quei lavo­ra­to­ri che — loro dav­ve­ro — non pos­so­no e non potran­no esi­mer­si dal lavo­ra­re per far anda­re avan­ti i ser­vi­zi essen­zia­li, e che avreb­be­ro dirit­to di far­lo nel­le miglio­ri con­di­zio­ni di sicurezza.

È il momen­to di affron­ta­re il pre­sen­te e di gesti­re final­men­te que­sta cri­si come si deve. Se l’esecutivo con­ti­nua a pie­gar­si ai vole­ri di una lob­by fol­le, tor­nia­mo a chie­de­re lo scio­pe­ro da par­te di tut­ti i lavo­ra­to­ri espo­sti sen­za moti­vo al con­ta­gio, che del con­ta­gio diven­ta­no vet­to­ri essi stes­si, sen­za alcu­na respon­sa­bi­li­tà da par­te loro, ma di chi li costrin­ge. Cer­chia­mo di rimet­te­re a posto le prio­ri­tà vere, tra un inno di Ita­lia al bal­co­ne e una diret­ta Face­book. Salu­te, sicu­rez­za, benes­se­re, per tut­te e tut­ti. Un gover­no che non sa garan­ti­re que­sto, è un gover­no a cui va suo­na­ta la sveglia.

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