Chi ha seguito le primarie del partito socialista francese, destinato secondo tutti gli osservatori a una sconfitta dolorosa tanto quanto sicura alle elezioni presidenziali, non può non essere stato colpito dalla scelta degli argomenti di chi ha vinto il primo turno, Benoît Hamon.
Non solo e non tanto per avere posto con nettezza la necessità di superare il Jobs Act francese, né per la questione che ha cambiato l’esito delle primarie, quella del reddito universale di cittadinanza (con la conseguente riduzione della settimana lavorativa a 32 ore e l’introduzione della tassazione dei robot: trovate qui una rassegna).
Mi riferisco alla scala delle priorità, in cui l’ambiente è citato fin dai titoli del suo manifesto politico, che inizia con gli impegni per «un progresso sociale e ecologico», che per Hamon non sono due questioni giustapposte, sono proprio la stessa cosa.
Il linguaggio del suo sito-campagna è diretto, conciso e preciso.
Citerò tre impegni semplici, in vista dell’obiettivo che Hamon indica nel 50% di rinnovabili entro il 2025:
Creerò un sostegno per permettere ai cittadini di dotarsi di strumenti per la produzione di energia rinnovabile domestica.
Farò uscire la Francia dal diesel entro il 2025 per combattere l’inquinamento dell’aria.
Farò installare stazioni di ricarica elettrica in tutto il territorio nazionale e finanzierò la ricerca per l’autonomia delle batterie delle auto elettriche.
Sorprende che in Italia gli omologhi del partito socialista non ne parlino praticamente mai, non si prendano impegni (ritenuti impopolari) e non si prodighino per questa trasformazione, preferendo soluzioni tradizionali e quindi perdenti, come si è visto con lo Sblocca Italia e nella costellazione di provvedimenti a essi associati (per la rassegna delle responsabilità, si veda questo pezzo di Francesco Ferrante).
Sorprende che nessuno voglia mettere la strategia politica ambientale, la diffusione della produzione di energia domestica e diffusa in vista di una vera sovranità energetica, la promozione di prodotti e comportamenti sostenibili (vedi alla voce Carbon Tax) nei progetti politici ed elettorali nel paese più bello del mondo e più povero di materie prime.
Sorprende che una penisola adagiata nel mar Mediterraneo non si preoccupi dei cambiamenti climatici e non immagini scialuppe di salvataggio.
Hamon scrive, con scelta felice dei termini, che la Repubblica è una promessa. Sempre che una Repubblica ci sia ancora. E ci sia un Paese in grado di immaginarsi anche tra qualche anno, quando saranno grandi i nostri figli. Non manca molto. E prepararsi non è una questioncina, è un problema fondamentale. Esattamente come il problema sociale, perché le due cose stanno insieme, come non è mai successo nella storia dell’uomo.