“Chiedimi se sono felice” è stato un film divertente di qualche anno fa, ma come frase in una conversazione rischierebbe oggi di essere l’inizio di una serie infinita di lamentazioni. In un paese martoriato, diviso, sofferente come il nostro la felicità è diventata un tabù che non ci possiamo permettere di nominare, un lusso da tenere nascosto per noi e pochi cari. Ma la felicità, quella felicità la cui ricerca è un diritto inalienabile per la Dichiarazione di Indipendenza americana, c’è ancora ed è possibile elevarla a sistema e indirizzo del nostro vivere quotidiano.
Dal 2008 il piccolo stato del Bhutan ha deciso di mettere a fondamento della propria economia un assioma molto semplice: il benessere è più importante dei consumi. Così, anziché di Prodotto Interno Lordo s’è deciso di mettere in pratica la Felicità Interna Lorda.
Che cosa sia lo ha spiegato direttamente il primo ministro del Bhutan, Jigmi Y. Thinley: “Il Pil promuove la crescita economica illimitata, un modello insostenibile dal momento che il nostro pianeta ha delle risorse limitate. Il nostro modello invece si basa su quattro pilastri: L’esistenza di uno sviluppo economico equo e sostenibile, che include l’istruzione, i servizi sociali e le infrastrutture, in modo che ogni cittadino possa godere degli stessi benefici di partenza; la conservazione ambientale, che per noi è particolarmente importante visto che viviamo in un Paese che solo per l’8% ha un suolo utilizzabile per l’agricoltura; la cultura, intesa come una serie di valori che servono a promuovere il progresso della società; e infine il pilastro su cui si fondano tutti gli altri, il buon governo”.
Impossibile non vedere un parallelo col famoso discorso di Bob Kennedy all’Università del Kansas nel 1968 fortemente critico col PIL, il quale sostanzialmente “ Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”
Occorre rimettere l’uomo al centro dell’economia, uscire dalla cruenta lotta al massacro di un’economia focalizzata sulla finanza e che distrugge la felicità e il benessere nelle persone.
Occorre un cambio di paradigma, e portare avanti un’economia positiva: è proprio questo il titolo della sezione economica di Giuseppe Civati, che è incentrata sui bisogni reali del cittadino italiano. Valorizzare la nostra tradizione culturale, perché davvero l’istruzione possa essere il motore per un nuovo inizio. Credere nei giovani, sostenendo le start-up nei primi tre anni. Affrontare le crisi aziendali con la riconversione.
In sostanza, rimettere al centro l’uomo e fare della politica la via alta per la felicità del cittadino e non facile obbiettivo di sfiducia e bersaglio di propaganda.
In sostanza guardare alla felicità, perché come disse una volta Frankin Delano Roosvelt, “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”. E un cittadino impaurito non è più un cittadino libero.