Una risposta che non risponde, quella della ministra Roberta Pinotti durante il question time alla Camera del 12 ottobre. La trovate per intero a pagina 71 del resoconto stenografico della seduta.
L’interrogazione della deputata Corda faceva riferimento in particolare a una foto pubblicata su Famiglia Cristiana ritraente una bomba inerte ritrovata a Sana’a, capitale dello Yemen bombardato dall’Arabia Saudita. Dall’analisi — fatta dal settimanale — dei codici presenti sull’ordigno si ricava che questo sia stato nelle mani di due fabbriche di armi (IMZ di Vicenza e RWM di Domus Novas), transitando attraverso la Direzione Armamenti del nostro Ministero della Difesa. «Com’è possibile? — si interroga l’autore dell’articolo, Luigi Grimaldi -. E perché è stata poi ceduta a Rwm che, a sua volta, l’ha venduta ai sauditi?». Sono le domande che ci poniamo tutti e che aprono interrogativi sulla recentissima visita della ministra al governo saudita.
Come abbiamo ripetuto più volte, la legge 185/1990 vieta l’esportazione di armi verso paesi in conflitto. Eppure, la ministra Pinotti pare non preoccuparsene: «La ditta Rwm — ha dichiarato in Aula — ha esportato in Arabia Saudita in forza di una licenza rilasciata in base alla normativa vigente, come ho citato in premessa». La normativa vigente sarebbe esattamente la legge 185/1990: forse il governo non è al corrente dei bombardamenti con cui da mesi l’Arabia Saudita colpisce lo Yemen?
«Il Governo è più volte intervenuto — ha proseguito la ministra — , in risposta ad atti di sindacato ispettivo, sottolineando come l’Arabia Saudita non sia oggetto di alcuna forma di embargo, sanzione o restrizione internazionale, ONU o di Unione europea, nel settore delle vendite di materiale e di armamento». In questo caso siamo di fronte a una fallacia logica: non esiste alcun embargo internazionale sulla vendita di armi all’Arabia Saudita, è vero, ma esiste la legge 185/1990, legge del nostro Stato tuttora vigente.
E comunque, pur non essendoci un embargo vigente, nei mesi scorsi il Parlamento europeo ha invitato l’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione «ad avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita». Ma — ripetiamo — il problema non è l’embargo o il non embargo: il problema è il rispetto della normativa italiana.
«Questo certamente non vuol dire che il Governo non sia preoccupato per quello che sta avvenendo nello Yemen». Speriamo davvero che sia così, dato che i bombardamenti sauditi stanno causando stragi inaudite di civili. Quel che ci aspetteremmo sono azioni conseguenti.
Riguardo la visita al governo saudita di inizio ottobre, Pinotti ha dichiarato che è stata «una visita di Stato: si è discusso della lotta al terrorismo internazionale […]; si è discusso anche dei conflitti in atto ed è stato portato il punto di vista italiano, che certamente ha punti di differenza, e anche su alcune questioni notevoli, con quelli del Governo dell’Arabia Saudita; e si è discusso di sicurezza marittima, su cui l’Italia è leader». Sono solo parole, appunto. Vorremmo capire quali sono i punti di differenza rispetto alla visione saudita, dato che sul suolo yemenita, tra i civili, cadono bombe esportate dall’Italia. E vorremmo sapere in cosa consiste la discussione sulla «sicurezza marittima, su cui l’Italia è leader»: addestreremo personale? Venderemo tecnologia? Affiancheremo in qualche modo la marina saudita? E nel caso, come si concilierebbe con la presunta differente visione del governo italiano?
La ministra conclude così: «Non è stata né una visita commerciale né sono stati sottoscritti contratti, dei quali, peraltro, ci sarebbe traccia, e nel caso, anche in questo caso, sarebbero sottoposti alla legge n. 185». Tocca ribadirlo: contratti commerciali con l’Arabia Saudita — legge 185/1990 in vigore — non possono essere sottoscritti perché l’Arabia Saudita è un paese in guerra. A prescindere da tutto il resto.