Per capire il motivo della centralità di oggi della Sardegna nella cronaca nazionale occorre fare un breve riepilogo di quanto accaduto da marzo a ora.
Favorita da una situazione di insularità che a lungo è stato uno svantaggio ma che evidentemente durante una pandemia diventa un fattore di protezione, la Sardegna ha affrontato, nonostante un sistema sanitario regionale molto fragile e poco organizzato, la prima fase del Covid senza particolari emergenze e con numeri di contagio e di ospedalizzazione abbastanza bassi.
Quando in tutto il Paese è scesa la curva dei contagi, in Sardegna a Luglio è emerso il tema della gestione della fase estiva, in cui la regione – vista la sua spiccata propensione turistica — si sarebbe trovata ad affrontare un flusso enorme di persone provenienti da diverse nazioni europee, alcune delle quali con una curva epidemiologica non totalmente sotto controllo.
È iniziata qui a emergere la totale impreparazione della classe dirigente regionale che, incapace di affrontare il tema in modo organico, ha iniziato un braccio di ferro con il Governo prospettando soluzioni generiche (Passaporto Sanitario, Certificato di negatività) senza fare l’unica cosa che sarebbe stata sensata: attrezzare porti ed aeroporti di punti in cui fosse possibile fare gratuitamente i tamponi molecolari alle persone in arrivo sull’Isola.
Finito il braccio di ferro ed acquisito l’alibi per poter agire in totale sfregio al buonsenso, è iniziata una politica di aperture selvagge di tutte le attività a maggior rischio contagio e senza implementare un sistema di controlli minimo per garantire un’attenuazione del rischio. In data 15 Luglio con l’ordinanza N°34 il Presidente Solinas ha deciso in deroga alle normative nazionali di aprire le discoteche, pur sapendo che si sarebbero riempite e che la norma circa la distanza di 2 metri in quel contesto sarebbe stata impossibile da implementare.
Nel fisiologico rilassamento generale, da fine luglio si è assistito dunque a scene in cui ogni attività delle coste è stata presa d’assalto dai turisti che come ogni anno si riversano nell’isola.
Tutto questo è avvenuto senza che da maggio a luglio venissero incrementate le capacità sanitarie sia in termini di ospedalizzazioni che di tracing. Su questo nulla è stato fatto tra maggio ed agosto, mese del pienone turistico.
Nei primi giorni di Agosto iniziano le criticità, con il primo focolaio a Carloforte a testimoniare quanto fosse rischiosa la strategia scelta. Ovviamente tutto questo non è stato considerato, e per giorni si è assistito alla delirante discussione mostrata nella puntata di Report di questa settimana. Dall’1 all’11 agosto la Sardegna vive 10 giorni di vacatio in cui non esiste una norma (ordinanza regionale o norma governativa) che consenta l’apertura delle discoteche, ma le attività rimangono aperte senza che nessuno controlli.
L’11 Agosto Solinas si accorge che la situazione sta sfuggendo di mano e cosa fa? Un’ordinanza in cui proroga l’apertura delle discoteche fino al 31 Agosto con uno scambio via mail del Comitato Tecnico Scientifico, emerso il 13 novembre a seguito di indagine della, che riportiamo in immagine e che assomiglia più a uno scambio affettuoso tra due amici al bar che a un parere tecnico scientifico.
La mail viene inoltre smentita da chi l’ha mandata, Stefano Vella, che dice: “la mail non è, né può essere considerata, un parere del Cts. Né tantomeno un parere positivo all’idea di tenere aperte le discoteche in estate, verso cui, come Comitato, ci siamo sempre ufficialmente opposti, ritenendola pericolosa e sbagliata. Ho dato l’ok solo al testo dell’ordinanza che mi è stata mandata in extremis, senza che fosse stato mai convocato il Cts. In Regione avevano una gran fretta di farla uscire. L’ho fatto perché, fermo restando la nostra opposizione alla riapertura, la bozza recepiva delle nostre indicazioni, come il divieto di ballo nei locali al chiuso. Ho provato a ridurre il danno di una scelta politica che era già stata presa”
Il 16 Agosto scoppia il delirio e si scopre che un vastissimo focolaio è presente nella parte più frequentata dell’isola e in particolare tra i frequentatori di alcune discoteche mete top della movida Isolana.
A questo punto diventano un caso nazionale le persone che di ritorno dalla Sardegna sono positive al Covid-19. In Sardegna ci si rende ben presto conto che il virus inizia a diffondersi capillarmente in moltissimi comuni e il fenomeno continua a diffondersi anche nel mese di settembre, quando ormai l’isola è nuovamente senza i turisti fuggiti di fretta ad agosto e non più arrivati a causa della situazione, con un enorme danno economico per l’isola e per i piccoli imprenditori locali che a causa della scellerata idea di forzare l’apertura di noti locali hanno visto piovere migliaia di disdette nel mese di settembre.
Il nervosismo sale, anche perché ci si rende conto ben presto che il reparto Sanitario Regionale non è attrezzato ad affrontare questa emergenza (visto che nulla è stato fatto in 5 mesi) e inizia il calvario che ci vede arrivare ad oggi.
La situazione oggi appare totalmente fuori controllo, gli ospedali che dovevano garantire le prestazioni non-Covid sono attualmente impegnati a combattere focolai Covid. Gli ospedali che all’emergenza sono stati dedicati invece sono pieni e i posti in Terapia Intensiva e sub-intensiva sono terminati.
Saltato il sistema di “trace” per il numero enorme di richieste, il virus circola con gli asintomatici che sfuggono al tracciamento, le case di riposo vengono nuovamente prese di mira e anche il personale sanitario vive percentuali di contagio crescenti.
La Regione continua ad emanare delibere sulla implementazione di posti letto che rimangono solo sulla carta e la capacità di testing è stata parzialmente aumentata solo grazie all’intervento dell’esercito.
La scuola, intanto, è diventata presto il capro espiatorio su cui scaricare l’emergenza e in discussioni deliranti si è pensato di lasciare tutto aperto ma di chiudere le scuole. Per fortuna si è fatta marcia indietro, almeno su questo punto, ma rimane il fatto che al timone della Regione e dell’Assessorato alla Sanità ci sia il caos totale, unito a un incompetenza di fondo, cosa che non lascia per nulla sereni.
Se aggiungiamo che anche i “tecnici” sembrano personaggi da “Io speriamo che me la cavo”, mi pare sia più che giustificata l’angoscia e la rabbia che oggi pervade i Sardi.
Thomas Castangia