Giovedì 9 aprile si è tenuto a Roma l’incontro sul Disegno di Legge n. 2994 conosciuto con il nome “La Buona Scuola”, organizzato dall’associazione Possibile con Pippo Civati e i deputati della VII Commissione Cultura della Camera Maria Grazia Rocchi (Pd) e Giancarlo Giordano (Sel). All’incontro sono intervenuti rappresentanti di associazioni di studenti, di genitori, di insegnanti di ruolo e precari, e di organizzazioni sindacali. Il confronto, serrato e acceso, ha riguardato gli aspetti più controversi del DDL e ha contribuito ad avviare una discussione aperta e partecipata tra tutte le componenti del mondo della scuola che, a causa dei tempi estremamente ristretti imposti dal governo, fino ad oggi è mancata.
Di seguito, le considerazioni che sono emerse:
1) È assolutamente necessario che per le assunzioni previste per il prossimo anno scolastico sia disposto un provvedimento apposito e separato da tutto il resto. Solo procedendo in questo modo è possibile affrontare la riflessione culturale sulla scuola nella società della conoscenza con il dovuto approfondimento su tutti i temi. L’Art. 21 del DDL, invece, reca una delega al Governo per adottare entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge decreti legislativi finalizzati alla riforma di differenti aspetti fondamentali del sistema scolastico quali il diritto allo studio, il reclutamento degli insegnanti, la riforma degli organi collegiali.
2) La scuola è un bene comune, un’istituzione dello Stato, dove si impara cosa significhi essere parte di una comunità e dove si viene per la prima volta a contatto con le regole democratiche. La funzione più importante della scuola è quella di ridurre le disuguaglianze, permettendo a tutti il diritto all’istruzione e distribuendo le risorse nel modo più adeguato per garantire il diritto allo studio. Questo tema, centrale quando si legifera sulla scuola, non solo non è adeguatamente affrontato nel DDL ma addirittura la scuola che ne viene fuori sembra essere più disuguale di prima. Misure come il 5 per mille dato dalle famiglie alle singole scuole, così come l’ingresso di finanziamenti privati, condizionano inevitabilmente le scelte didattiche e legano fortemente la disponibilità di risorse al contesto socio-economico della singola scuola. Nel contesto dell’autonomia scolastica è invece fondamentale che le risorse vadano a costituire un fondo gestito a livello centrale che le distribuisca dove più servono per ridurre le differenze tra le zone più ricche e quelle più depresse del Paese. Gli investimenti in istruzione e ricerca sono fondamentali per il futuro del Paese e pertanto non devono rientrare nel Patto di Stabilità e arrivare ai livelli medi dell’area OCSE da cui invece siamo ancora troppo lontani. In questo difficile contesto economico è incomprensibile destinare invece risorse agli sgravi fiscali per le scuole paritarie: la libertà di scelta delle famiglie sull’educazione deve essere garantita senza oneri per lo Stato, così come sancito dalla Costituzione.
3) L’autonomia scolastica, rimasta incompiuta dal suo avvio con il ministro Berlinguer, è stravolta rispetto all’idea originaria non essendo più un’autonomia della comunità scolastica, in cui le regole democratiche trovano il loro compimento negli organi collegiali, ma è invece l’autonomia del dirigente scolastico su cui si concentra tutto il potere decisionale sulle questioni didattiche, organizzative e finanziarie. Tra i nuovi poteri del dirigente si prevede anche quello di chiamare direttamente i nuovi docenti assunti i cui diritti sono fortemente limitati rispetto ai docenti di ruolo già in servizio. Questa visione concepisce la scuola come fosse un’azienda ed è in netto contrasto con l’idea di una scuola in cui la cooperazione di tutte le sue componenti permette il raggiungimento degli obiettivi educativi.
4) Procedere con un decreto separato per le assunzioni si rivela quanto mai necessario per affrontare, come evidenziato nei numerosi interventi delle associazioni e dei movimenti in rappresentanza delle diverse tipologie di precari, in maniera efficace la situazione attuale, estremamente complessa a causa di passate scelte politiche sbagliate. Dopo aver provveduto alle assunzioni per il prossimo anno scolastico appare necessario studiare un piano di più lungo respiro che, con le dovute priorità, dia risposte complessive contemplando le molteplici tipologie di precariato presenti nella scuola e sia legato alla scelta di un sistema di reclutamento futuro che sia stabile nel tempo.
5) Ci sono, inoltre, alcuni temi fondamentali che non sono affrontati ma che meritano invece uno spazio: la scuola come primo luogo di integrazione e multiculturalità, la formazione continua, il rapporto tra scuola e università nel contesto di una riflessione più complessiva sul sistema di istruzione e sui cicli scolastici.
In conclusione, è sempre più sentita l’esigenza di un impegno a difesa della scuola pubblica e soprattutto al suo rilancio, indubbiamente c’è la necessità di innovare l’offerta formativa ma bisogna farlo garantendone la qualità effettiva che passa attraverso la continuità scolastica, il tetto massimo di alunni per classe, l’attivazione di nuovi spazi collegiali di programmazione e progettazione didattica.
È importante tenere presente che l’idea di scuola contenuta nel DDL è in linea con la visione che il governo Renzi sta portando avanti per la società e coerente con le altre riforme. La riforma costituzionale, la legge elettorale, il Jobs Act, la Buona Scuola concorrono tutti a ridurre gli spazi di discussione e di rappresentanza e a limitare i diritti dei lavoratori marginalizzando il ruolo dei sindacati. Da questa consapevolezza nasce l’esigenza di una risposta politica complessiva per contrapporsi all’idea di una società sempre più verticale in cui il decisionismo conta più della partecipazione e della democrazia.
Claudia Fabbri
Loredana Bordieri