[vc_row][vc_column][vc_column_text]Appare sconsolante apprendere dal Ministro Bussetti in un’intervista rilasciata il 22 luglio scorso al “Messaggero”, che su un patrimonio di circa 40.000 edifici scolastici nelle competenze di vari enti locali, quasi il 40% non possiede il collaudo statico delle strutture e meno del 50% possiede il certificato di agibilità e/o quello di prevenzione incendi.
Questo nonostante che da una relazione del 18 giugno 2018 sul tema “Edilizia scolastica e sicurezza nelle scuole” disponibile sul sito della Camera dei Deputati (qui) emerga che dal 2014 al 2017 sono stati investiti su questi capitoli 9 miliardi e 573 milioni di euro.
Una cifra che appare enorme se rapportata ai risultati raggiunti, anche se l’enormità andrebbe rapportata ai fabbisogni iniziali quantificati dagli enti competenti per gli adeguamenti (Comuni, Provincie e Città Metropolitane) e, soprattutto, agli enormi contestuali tagli che questi enti hanno subito in questi anni: soldi (e personale!) dedicati anche alla messa in sicurezza e alla manutenzione di scuole, strade, ecc.
Fatto sta che dal 16 settembre 1997, data di prima scadenza per l’adeguamento alla norma di prevenzione incendi degli edifici scolastici, stabilita dal Decreto del Ministro dell’Interno 26/08/1992 “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”, sono passati 21 anni, 8 legislature, vari decreti di proroga e riforme normative, e ancora ad oggi, dai dati forniti dall’Anagrafe Nazionale dell’Edilizia Scolastica, risulta che neppure il 50% degli edifici scolastici è in possesso del certificato di prevenzione incendi.
Lo stesso dicasi per gli adeguamenti sismici.
Era il 31 ottobre 2002 quando la provincia di Campobasso, dopo una notte di scosse leggere, fu colpita da una scossa di terremoto di magnitudo 5.4 con epicentro tra i comuni di San Giuliano di Puglia, Colletorto, Bonefro, Castellino del Biferno e Provvidenti. A San Giuliano di Puglia crollò la scuola elementare e 57 tra alunni, maestre e bidelli rimasero intrappolati sotto le rovine dell’edificio. Morirono 27 bambini e una maestra, mentre altre due persone morirono in circostanze diverse legate alle scosse. I costruttori della scuola, il sindaco e i tecnici che avevano autorizzato i recenti lavori di ampliamento dell’edificio furono assolti in primo grado ma la corte d’appello ribaltò il verdetto, condannandoli per omicidio colposo a pene tra i due e i sette anni. Secondo i giudici di secondo grado, fu la sopraelevazione dell’edificio inaugurata appena un mese prima del terremoto a causare il crollo. Nessuno, scrissero i giudici, aveva fatto i collaudi necessari ad accertarsi che la struttura potesse reggere il nuovo peso.
Per quanto sia doloroso dirlo, a volte accade nel nostro paese, che anche il possesso di uno dei suddetti certificati non sia sufficiente a garantire che una struttura scolastica sia “effettivamente” sicura.
Può, per fortuna, verificarsi anche il contrario: considerata anche la vetustà costruttiva dei nostri edifici scolastici, vi sono strutture scolastiche “realmente” sicure pur non possedendo uno dei suddetti certificati, ottenibili solo tramite complesse procedure certificative da attuare (e mantenere) attraverso altrettanto complessi sistemi di ottenimento e raccolta di dichiarazioni di conformità alle varie normative.
Sono quegli edifici in cui, pur in carenza di un “documento cartaceo attestante”, sono presenti requisiti di sicurezza adeguati, con strutture e impianti regolarmente manutenuti dagli enti competenti che ne garantiscono la funzionalità nel tempo, e con dirigenti scolastici –assimilati ai datori di lavoro- che gestiscono ed adottano corrette misure gestionali di sicurezza per l’attività scolastica che si svolge nell’edificio, formando e informando l’utenza di procedure e norme comportamentali in caso di emergenza.
Perché al di la di ogni manuale e codice, la sicurezza non è solo carta, ma si concretizza in un’azione sinergica di persone che “si curano” dell’edificio e delle attività che vi si svolgono dentro, interagendo e collaborando al rispetto e al mantenimento delle dotazioni e degli standard d’uso e sicurezza degli immobili, ciascuno per le rispettive competenze e ruoli.
Vorremmo suggerire quindi al “governo del cambiamento” e al Ministro Bussetti, di ascoltare di più le competenze di chi da anni lavora “sul campo” della gestione degli immobili scolastici “da dentro gli enti”, perché dopo 21 anni di tentativi si possa finalmente superare il perenne stato emergenziale con cui l’Italia affronta alcune problematiche, siano essi movimenti migratori, la sicurezza degli edifici scolastici, la sicurezza del lavoro, i terremoti, ecc., dedicandosi più che alla produzione di nuove norme (che richiamano spesso quelle precedenti) o allo smantellamento di “strutture di missione” e modalità organizzative dei governi precedenti, cambiando per cambiare, all’attivazione di un sistema virtuoso e integrato in materia partendo da alcune considerazioni:
- la messa in sicurezza degli edifici non è un risultato raggiungibile una tantum e una volta per tutte con un singolo lotto o più lotti d’intervento: la sicurezza è una funzione variabile di vari fattori tecnici strutturali ed impiantistici e, soprattutto a fronte di carenze nei primi, di fattori gestionali e comportamentali di chi gestisce le attività presenti negli immobili: ciò significa che la sicurezza è un processo continuativo ed ogni mancanza o modifica delle condizioni iniziali di strutture e impianti, o dell’attività che vi si svolge, possono variare le condizioni di sicurezza raggiunte, a volte migliorandole, altre peggiorandole, richiedendo nuovi adeguamenti;
- i finanziamenti a tema, a spot (antincendio, sismica, ecc.) per il raggiungimento della messa a norma degli edifici è funzionale ad una fase emergenziale, o per singoli interventi, ma non risponde alle necessità gestione continuativa di un patrimonio che progressivamente si degrada o cambia modalità d’uso al suo interno (un indirizzo di liceo scientifico, non ha lo stesso livello di rischio di un indirizzo alberghiero e di un iindirizzo professionale) costringendo gli enti che devono garantirne la sicurezza, a ripartire da capo le procedure (progetti, ricerca di finanziamenti, ri-ottenimento certificazioni, ecc.) ;
- chi cura gli aspetti gestionali della sicurezza (dirigenti scolastici, personale scolastico addetto alle procedure di sicurezza, dipendenti, ecc.) necessita di costante aggiornamento (lo stabilisce la norma), di formazione ed informazione sui rischi e sulle procedure di sicurezza dei luoghi in cui lavora, per poterli attuare e trasferire adeguatamente anche agli studenti: è un carico di responsabilità importante e rilevante che mal si coniuga, ad esempio, con un’altra emergenza che il Ministro deve affrontare rappresentata dal fenomeno delle reggenze (adempimenti doppi e responsabilità doppie per i dirigenti scolastici, a parità di stipendio, sia per la didattica che per gli adempimenti di sicurezza) e con un turn over di personale che mal si coniuga con la continuità di sorveglianza e cura dei propri luoghi di lavoro.
Alla luce di quanto sopra l’ultimo decreto, D.M. 21 marzo 2018, che non ha più dato proroghe e scadenze per l’adeguamento alla prevenzione incendi degli edifici scolastici, ma ha dettato le priorità da seguire nella programmazione degli interventi di adeguamento per gli edifici e per i locali adibiti a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, e per gli asili nido, ha senso se e solo se ad esso si abbina un nuovo sistema di finanziamenti, oggi erogati spesso a tema (antincendio, sisma, consumi energetici) e su singoli interventi, che si basi su programmi pluriennali presentati dai vari enti competenti, e coerenti con le reali necessità tecniche e normative di adeguamento (antincendio e sicurezza) tenendo conto che non tutto il territorio ha le stesse esigenze. I finanziamenti spot e di breve periodo, inoltre, non sono adatti a risolvere situazioni strutturali e prevedono tempistiche non compatibili con i tempi logici per consentire una progettazione adeguata.
A enti e istituzioni scolastiche vengono da anni sottratti personale e risorse economiche.
Le unità di lavoratori delle Pubbliche Amministrazioni sono scese dal 1990 al 2011 da 3.792.000 a 3.434.000, con un taglio di oltre 350 mila unità (-13%). I tagli ulteriori operati con le ultime riforme degli enti locali non ultimi i disastri operati dalla “Legge Delrio”, hanno sottratto agli enti competenti risorse umane e finanziarie proprie, che ne hanno ulteriormente contratto efficienza e capacità d’intervento, e ci hanno restituito enti invecchiati, anche nelle competenze.
Occorre un cambio radicale di paradigma, in cui i sistemi anagrafici di censimento dello stato dell’edilizia scolastica raggiungano gradi di affidabilità e conoscenza che oggi non hanno, e dove una struttura di coordinamento e missione svolga un ruolo di supporto e controllo su enti che siano nuovamente messi in grado di progettare e programmare, utilizzando in maniera ottimale le risorse erogate.
Emanare decreti in cui permangono gli obblighi (ottenimento dei certificati), si dispongono priorità, ma permangono le sanzioni sui risultati finali, senza creare le condizioni per raggiungerli è continuare a “dare certezza delle pene, nella totale incertezza di come non commettere il delitto”.
Roberta Burroni[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]