Gentile Direttore Damillano,
leggo stamattina dalle pagine de L’Espresso una nuova puntata della Sinistra-che-non‑c’è.
Mi rivolgo a lei per chiederle ospitalità e un confronto su quello che sta ormai diventando il principale genere letterario tra gli analisti e i commentatori politici.
“Dal voto degli Stati Uniti” scrive “arrivano lezioni americane per la nostra sinistra italiana, la sinistra che non c’è. E perfino per il congresso del PD”.
Ora. E’ ovvio che se si continua a guardare al PD, la sinistra non c’è. Questo è certo. Non se ne trova, lì dentro, perché è ontologicamente diventato altro e non sarà un congresso a cambiare le cose. Ne è cambiata la base, i dirigenti di ogni livello, il messaggio, gli interessi, le battaglie e gli elettori. Magari fosse solo questione di un un congresso e di un Segretario Nazionale. È altro.
Ma se si fa lo sforzo di elaborare il lutto, si potrà facilmente notare che le cose sono andate avanti, che c’è chi si è organizzato diversamente, che si prova a fare una politica diversa con facce, metodi e sigle diverse. Nell’associazionismo, nella rappresentanza lavorativa, nei partiti.
Parlo per quello conosco, per un partito fondato da persone che la deriva del PD l’avevano intravista quando ancora non la voleva vedere nessuno, a partire proprio dagli analisti e commentatori politici. Hanno lasciato il famoso “PD al 40%” perché era, banalmente, diventato un partito di destra, con politiche e messaggi che inseguivano la destra, che avrebbe portato se stesso e il Paese a destra, E infatti.
E infatti per esempio la nostra sinistra-che-non‑c’è vorrebbe candidare Elizabeth Arquinigo e tante ragazze e ragazzi come lei, conosciuti in questi anni di lavoro che Possibile porta avanti insieme a loro, non abbiamo bisogno della “lezione americana” per sapere quali risorse fondamentali siano, ma non si tratta, come dice lei “di cambiare metodo”. Si tratta di cambiare legge. Quelle leggi, come lo Ius Soli affossato proprio da quel PD a cui si continua a guardare.
Non la possiamo proprio candidare Elizabeth, perché nonostante parli italiano meglio dei nostri ministri, nonostante abbia un’intelligenza e un coraggio fuori dal comune, nonostante potrebbe dare degna rappresentanza a un’intera generazione portatrici di istanze che nessuno rappresenta, è nata in Perù e, come lei stessa ha scritto al Ministro Salvini, ottenere la cittadinanza italiana è un’impresa quasi impossibile, per lei come per tantissimi giovani che non hanno nulla di diverso dei loro coetanei italiani, se non la carta di identità.
Ed è il qua il punto vero. Quello che è rimasto ai margini in questi anni e che non trova rappresentanza. È un tipo di politica-che-non‑c’è, non solo la sinistra. È quello che oltre ad essere relegato alle periferie della città, è ai margini, spesso esclusa, anche delle agende di chi fa politica.
Lo sono le donne, il mondo dell’infanzia, le aule a scuola, le corsie d’ospedale, le nuove generazioni di italiani e quelle aspirano a diventarlo, le zone devastate dai terremoti e dai cambiamenti climatici, chi si trova tra le mani un contratto scaduto e nessun ammortizzatore sociale e sostenerlo, chi assiste in casa un malato e nessuno ad aiutarlo, chi è finito in un sacco a pelo in una strada e viene umiliato e tacciato di “degrado”.
Tutto ciò, oggi, ha bisogno di rappresentanza.
La sinistra del possibile, come l’ha chiamata lei, la candida Possibile. E non solo la sinistra, ma proprio tutta la “politica del Possibile”, quella che vede le donne in prima linea a prendersi spazi che i maschi non cedono e gli analisti e i commentatori politici non vedono, che vuole dare voce e rappresentanza a quelle periferie fisiche e politiche che passano sempre in secondo piano, quelle che non hanno mai spazio, a differenza della sinistra-che-non‑c’è. Che invece di spazio ne ha sempre tantissimo.
Mi chiedo se ci sia spazio per un confronto diverso, convinta che se la sinistra del Possibile, incontra l’attenzione degli analisti e commentatori politici, qualcosa, in questo Paese, possa cambiare davvero, finalmente.
Per una sinistra che non c’è più, ce ne è un’altra che sta venendo fuori. Vorrei consigliarle di frequentarla, le garantisco che ci si sente meno soli.