Ormai è diventato un mantra, anche comodo per deresponsabilizzare: la sinistra è in crisi in tutta Europa, perde ovunque, bisogna capirlo e rassegnarsi. Non c’è nulla da fare. Smentendo così anche i risultati ufficiali delle elezioni e limitandosi a incoraggiare la lettura semplicistica e funzionale alla narrazione più pop: quella che vuole una sinistra residuale, marginale, scollata dallo spirito del tempo. Quindi destinata all’estinzione. Ma, oltre le nuvole delle vittorie degli estremismi nazionalisti, ci sono astri che indicano l’esistenza, anzi una vitalità esemplare, della sinistra. Di quelle forza progressiste in crescita, in grande salute e in grado di governare — bene — aumentando il loro consenso.
Il Portogallo è l’esempio principale: il governo è guidato dal socialista Antonio Costa con un’alleanza tutta di sinistra che include Bloco de Esquerda e la Coalizione democratica unitaria. Si dirà: una Lisbona non fa primavera. Vero. Allora ci si può spostare al primo Paese confinante, in Spagna, dove c’è il modello Podemos (e in parte i socialisti di Sanchez, premiati da uno spostamento del baricentro più a sinistra, tornati al governo dopo la caduta di Rajoy). Il viaggio prosegue in Germania con la Linke non molto sotto il 10%. Senza dover quindi scomodare il Regno Unito, il nuovo santuario per la sinistra, dove i laburisti di Jeremy Corbyn ha messo la freccia per il sorpasso nei sondaggi sui conservatori di Theresa May. E, contro ogni previsione (quando fu eletto leader), Corbyn potrebbe riportare il Labour al governo. Caso particolare è invece quello francese con la France Insoumise di Jean Luc Mélenchon che interpreta un sovranismo di sinistra: e che rischia talvolta di cortocircuitare con la destra.
Beninteso, ogni realtà menzionata presenta delle differenze, anche profonde, tra loro. E quindi non significa dover avviare l’operazione “copiaincolla” per trasporre un’iniziativa politica di un Paese in Italia. Tanto per fare un esempio, Podemos è un’esperienza relativamente recente, nata sulla spinta di un malcontento diffuso in Spagna, sulla richiesta di un forte rinnovamento a sinistra, mentre il Labour è un partito “tradizionale” e con una lunga storia alle spalle, che recuperando le radici ambisce alla vittoria. Quali sono dunque i punti in comune? Principalmente due: l’aumento dei consensi e una linea chiara di sinistra. Senza cedimenti neocentristi. E con una capacità di conservare la coerenza nell’azione politica e l’innovazione, richiesta dai tempi, unita alla lealtà verso i valori fondanti.
Eppure, c’è chi sostiene il contrario, dicendo che probabilmente la sinistra ha esaurito la propria funzione storica, in preda a una crisi di identità. Perché — è la sintesi della formuletta di questa teoria — non esistono più le tradizionali categorie politiche: destra, sinistra e centro. Il mondo è cambiato e bisogna farsene una ragione tra i progressisti. Così, per suffragare il discorso, viene recitato il rosario delle sconfitte della sinistra in Europa. Dalla Francia all’Olanda, senza dimenticare la Germania, chiaramente (e omettendo per carità di patria l’Italia). Tutto vero. Ma viene omesso un dettaglio, non proprio secondario: questo ragionamento viene applicato esclusivamente ai partiti socialdemocratici. Quelli incagliati, ormai da due decenni, nella Terza Via blairiana; che non ha cancellato la distinzione destra/sinistra: ha soltanto avviato l’eliminazione della sinistra. Ora, inforcando occhiali nuovi nella lettura dei fenomeni, si può dire che la sinistra c’è ed è vitale in Europa. Basta che faccia le cose di sinistra. Con determinazione e coerenza.