La strada per un mondo accogliente e rispettoso di tutte, tutti e tutto

Tor­no da que­sta tre gior­ni vero­ne­se cari­ca di emo­zio­ni e esperienze.
Ma soprat­tut­to con­so­li­da­ta in una cer­tez­za: il mon­do rea­le è com­ple­ta­men­te fuo­ri dal­le logi­che e dal­la com­pren­sio­ne del­la poli­ti­ca. Non solo di quel­la roba retro­gra­da e inva­sa­ta che ha ani­ma­to il Con­gres­so Mon­dia­le del­la Fami­glia, ma anche a sini­stra, lar­ga­men­te intesa.
Che non solo è in ritar­do, ma è tal­men­te avvin­ghia­ta in logi­che sem­pre ugua­li, sem­pre ombe­li­ca­li, sem­pre cir­co­la­ri che non c’è pro­prio spe­ran­za che esca dal­la sua bol­la. Tut­ta maschi­le. Pro­fon­da­men­te maschi­le. Irre­ver­si­bil­men­te maschile.

In que­ste ulti­me set­ti­ma­ne ho pas­sa­to ogni momen­to del­la gior­na­ta al tele­fo­no, su ogni tipo di tre­no, in riu­nio­ni per por­ta­re avan­ti un pro­get­to ver­so le Euro­pee che decli­nas­se quel mon­do “rea­le” in pro­po­sta poli­ti­ca. Che ribal­tas­se tavo­li e logi­che. Che rea­liz­zas­se quel pro­ta­go­ni­smo fem­mi­ni­le oggi sem­pre più urgen­te, anzi necessario.
E se la rispo­sta ester­na al mon­do del­la poli­ti­ca è sta­ta straor­di­na­ria, den­tro la bol­la tut­to vie­ne inghiot­ti­to da sab­bie mobi­li primordiali.

Nel­la miglio­re del­le ipo­te­si il pro­ta­go­ni­smo del­le don­ne diven­ta­va “valo­riz­za­zio­ne del­le donne”.

Che si tra­du­ce in qual­che capo­li­sta don­na (sem­pre che non arri­vi un uomo “impor­tan­te”) o in una “cabi­na di regia” di don­ne, che poi però devo­no ren­de­re con­to a capi maschi. Nien­te di nuovo.
Ma mi sono sen­ti­ta anche dire che la mia era una “pro­po­sta discri­mi­na­to­ria”, altri si sono sen­ti­ti offe­si “come uomi­ni”.
Per non par­la­re di chi ti guar­da con la pro­fon­di­tà d’animo di chi guar­da un Mup­pe­ts che par­la svedese.

Quin­di insom­ma, la voglia di mol­la­re dopo un po’ ti viene.
Poi entri in un’assemblea come quel­la di sta­mat­ti­na, orga­niz­za­ta da Non Una Di Meno Vero­na in un ex capan­no­ne indu­stria­le sot­to un ponte.
Cen­ti­na­ia di don­ne da ogni par­te del mon­do. Argen­ti­na, Polo­nia, Roja­va, Sviz­ze­ra, Andor­re, Fran­cia, Andor­ra, Nica­ra­gua, Sta­ti Uni­ti, Bie­lo­rus­sia, Germania.
Lin­gue diver­se, eppu­re un’unica lingua.

La costru­zio­ne di un mon­do che sia pri­ma di tut­to acco­glien­te e rispet­to­so, di tut­te, tut­ti e tut­to. Dove cia­scu­na per­so­na abbia pari digni­tà di cit­ta­di­nan­za nel mon­do. Dove il rispet­to sia per le per­so­ne, per gli ani­ma­li, per l’ambiente.
Dove ci sia una poli­ti­ca che si pren­da cura, una “peda­go­gia fem­mi­ni­sta”, come l’ha chia­ma­ta Mar­ta Dil­lon, da con­trap­por­re alla “peda­go­gia del patriar­ca­to”, quel­la fat­ta di ste­reo­ti­pi, musco­li, di rap­por­ti di for­za, di domi­nio, di oppres­sio­ne, di ruo­li pre­co­sti­tui­ti, di noi e di loro, di omo­lo­ga­zio­ne e rifiu­to di tut­to ciò che è diver­so dal model­lo, di distru­zio­ne ambien­ta­le, di sac­cheg­gio di risor­se, di ridu­zio­ne in schia­vi­tù, di guer­re e di con­qui­ste. Da mil­len­ni uguale.

In ogni par­te mon­do sono sem­pre più sot­to attac­co per­so­ne per­se­gui­ta­te, umi­lia­te, discri­mi­na­te per quel­lo che sono.
Usa­te e abu­sa­te, come oggetti.
Don­ne, trans, migran­ti, disa­bi­li, omo­ses­sua­li, tra­ve­sti­ti e chiun­que non rispon­da al model­lo con­ge­nia­le alla socie­tà maschi­le e patriarcale.
Ma in ogni par­te del mon­do si sta alzan­do la testa, anche dove è più dif­fi­ci­le, anche dove si paga con la vita, anche dove ci si sen­te sole.
Ma sia­mo sole fin­ché non ci incon­tria­mo, fin­ché non tro­via­mo il corag­gio di alza­re la voce e di reg­ge­re lo sguar­do, che per mil­len­ni ci han­no inse­gna­to a tene­re basso.

E così sco­pria­mo di esse­re tan­te e tan­ti, in una lot­ta glo­ba­le, ver­so un pre­sen­te che è già futu­ro e che sta a cia­scu­na e cia­scu­no di noi deci­de­re di costruire.

E ora, su un enne­si­mo tre­no che mi ripor­ta a casa, mi dico che non so quan­to ci vor­rà, ma che la stra­da è quel­la giu­sta. E sono deter­mi­na­ta a non tor­na­re indie­tro. So di non esse­re sola.

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