Sei donne sequestrate, torturate, uccise da mariti o ex nelle ultime 48 ore in Italia.
La giornalista Luisa Betti elenca le storie di questo drammatico bollettino di guerra del fine settimana, che evidentemente non merita l’indignazione generale, sopratutto da parte del Governo, normalmente così solerte a twittare se il carnefice è straniero, finendo di approfittare una volta di più dello strazio compiuto sul corpo di una donna, per farne carne da campagna elettorale.
A Corsico, una ragazza di 29 anni è stata sequestrata, stuprata, torturata per 48 ore dal suo ex, che non ha risparmiato violenza neanche al loro piccolo bambino. Si è salvata solo grazie a un bigliettino con scritto “aiuto” consegnato al volo a una badante che passava davanti la loro finestra. Le violenze andavano avanti da anni, lei lo aveva lasciato, ma da un aguzzino, da sole, non si scappa quasi mai.
A Napoli una donna è stata sequestrata dal suo ex, lasciato per le continue violenze e soccorsa in fin di vita da un vicino, dopo 12 ore di violenze.
A Roma una donna è stata liberata dopo anni di segregazione e violenze domestiche.
A Novi di Modena una donna è stata aggredita dal suo ex, nonostante il divieto di avvicinamento emesso per comportamenti violenti.
A Cosenza una donna è stata uccisa con un bastone e finita a coltellate dal marito, perché, riportano i giornali, esasperato dalla sua malattia, per cui non era più la donna che aveva sposato.
In Provincia di Salerno una donna è stata arsa viva dal marito, che ha svuotato due taniche di benzina mentre lei era davanti al camino, lasciando orfani 3 bambini.
I giornali in ogni caso parlano di “liti familiari”. E invece no.
E’ un guerra. Da nord a Sud. Non c’è età, stato sociale, zona geografica che sia al sicuro.
Una guerra contro tutte noi. Una guerra che quotidianamente si svolge dentro le mura domestiche, ma che si nutre di una cultura radicata in tutto il Paese che vuole la donna un gradino sotto, rassegnata al potere del maschio.
Nel lavoro, in casa, nelle pubblicità sessiste, nei linguaggi comuni, nell’educazione dei figli maschi “forti” e delle figlie femmine “sensibili”, nella mancanza di parità di salari, nelle diffamazioni anonime se una donna fa carriera, nelle quotidiane molestie che vengono fatte passare come corteggiamento, nel patto di Governo che considera la donna solo come “madre”, nelle proposte di legge come il Pillon che rende di fatto impraticabile il divorzio, nelle ordinanze contro i vestiti succinti come a Novara, nelle mozioni contro la libertà di scelta sul proprio corpo come a Verona.
E’ una guerra che ogni giorno si alimenta in ogni strato della società. Quello che arriva alle cronache sono sempre solo le punte di enormi iceberg di violenze e maltrattamenti molto più radicati nel tempo e nello spazio, che avvengono in silenzio o nell’indifferenza generale.
Tutte e tutti devono sentirsi chiamati a contrastare questa guerra, lo dobbiamo a noi stesse, alle nostre sorelle che non vengono credute e ascoltate adeguatamente, alle nostre bambine e alle ragazze che non devono crescere in un Paese dove ogni giorno di più la loro vita è messa in pericolo.
Anche per questo Possibile sta elaborando uno spazio di partecipazione e proposta politica avviato sabato scorso a Bologna con gli Stati Generali delle Donne, per questo abbiamo aderito allo Stato di Mobilitazione Permanente indetto da Non Una di Meno, per questo sabato saremo in tutte le Piazze dove si manifesterà contro l’abominio del DDL Pillon, per questo oggi sono personalmente in Corte di Assise, ad Ancona, durante la requisitoria finale del Pubblico Ministero, per stare vicino ai genitori di Jessica, ridotta in schiavitù dal compagno, poi diventato suo marito.
Non si tratta solo di testimonianza, si tratta di alzare la voce e di imporre tutta l’importanza e l’attenzione che merita la vera emergenza sicurezza di questo Paese, che non sono i disperati che scappano dalla guerra e dalla fame, ma sono gli uomini violenti che vivono nelle nostre case.