L’abissale distanza tra il piano Colao e le necessità della scuola

La scuola non è, e non deve essere, un lungo “corso di formazione professionale” in balia del mercato del lavoro, non può diventare la culla in cui allevare solo i futuri colletti bianchi.

Una del­le sei macro-aree di cui si inte­res­sa e discu­te il Pia­no Colao è inte­ra­men­te dedi­ca­ta alla scuo­la e a quel­lo che dovreb­be esse­re il suo futu­ro. Il con­di­zio­na­le è d’obbligo, for­tu­na­ta­men­te: il model­lo pro­po­sto e la visio­ne di scuo­la che ne emer­ge non sem­bra­no per nul­la con­for­mi all’idea  di «orga­no costi­tu­zio­na­le» di cui par­la­va Pie­ro Cala­man­drei.  Il con­cet­to di scuo­la non è uni­vo­co e uni­ver­sal­men­te dato, deci­so una vol­ta per tut­te; al con­tra­rio, è giu­sto e natu­ra­le che vada al pas­so coi tem­pi, che si ade­gui alle novi­tà e, ogni vol­ta, alle nuo­ve gene­ra­zio­ni di stu­den­ti e di inse­gnan­ti. Ma è pur sem­pre vero che non tut­te le tra­sfor­ma­zio­ni sono miglio­ra­ti­ve, e che ci sono cose che non pos­so­no esse­re radi­cal­men­te cam­bia­te. Ciò che vie­ne banal­men­te indi­ca­to come pro­gres­so non neces­sa­ria­men­te è sino­ni­mo di miglio­ra­men­to. Per que­sto moti­vo, la dife­sa del­la scuo­la è uno sfor­zo per­pe­tuo il cui fine è quel­lo di tute­la­re non solo un’istituzione fon­da­men­ta­le in ogni siste­ma demo­cra­ti­co, ma anche il futu­ro di tut­ti colo­ro che ne fan­no par­te, a par­ti­re dai nidi d’infanzia fino ad arri­va­re ai gra­di più alti d’istruzione.  Rara­men­te le rifor­me sco­la­sti­che han­no dato il loro con­tri­bu­to a que­sto sfor­zo, e mol­to spes­so si è per­so di vista cosa real­men­te sia la scuo­la; si è ten­ta­to di tra­sfor­mar­la in una sor­ta di “ancel­la” del mer­ca­to del lavo­ro, dimen­ti­can­do che mer­ca­to non è sino­ni­mo di socie­tà. Sono que­ste le ragio­ni che ci por­ta­no a respin­ge­re le pro­po­ste del Pia­no Colao.  Ciò che emer­ge da una pri­ma let­tu­ra del­la sezio­ne “Istru­zio­ne, Ricer­ca e com­pe­ten­ze” è che la scuo­la vie­ne con­ce­pi­ta esclu­si­va­men­te come stru­men­to di for­ma­zio­ne del­le gio­va­ni gene­ra­zio­ni in fun­zio­ne di spe­ci­fi­che esi­gen­ze azien­da­li; una tale idea del­la scuo­la e dell’università non con­ce­de loro una pie­na liber­tà e quell’autonomia pre­vi­ste dal det­ta­to costi­tu­zio­na­le. Il dirit­to allo stu­dio diven­ta dirit­to alle com­pe­ten­ze (si veda il pun­to n. 80), secon­do una reto­ri­ca che pre­ten­de di indi­ca­re con cer­tez­za qua­li sia­no le com­pe­ten­ze real­men­te neces­sa­rie e di cui, al gior­no d’oggi, stu­den­tes­se e stu­den­ti sareb­be­ro caren­ti: il pro­ble­ma riguar­de­reb­be, sostan­zial­men­te, l’illit­te­ra­cy scien­ti­fi­ca, digi­ta­le e finan­zia­ria (si veda il pun­to n. 78), come se altri tipi di cono­scen­ze – che poi stan­no alla base del­le com­pe­ten­ze stes­se – non fos­se­ro altret­tan­to impor­tan­ti e da incen­ti­va­re. Que­sta nuo­va offer­ta didat­ti­ca  ̶ i cui pun­ti for­ti sareb­be­ro l’apprendimento del­le capa­ci­tà digi­ta­li, del­le disci­pli­ne scien­ti­fi­co-tec­no­lo­gi­che e di quel­le finan­zia­rie  ̶  dovreb­be esse­re costan­te­men­te moni­to­ra­ta attra­ver­so dei test stan­dar­diz­za­ti: e qui venia­mo al con­cet­to di “stan­dard”, che pre­ve­de quel­lo dell’omologazione.  Leg­gen­do il docu­men­to non sfug­ge la volon­tà di omo­lo­ga­re il mon­do del­la scuo­la, anche attra­ver­so i cor­si  di for­ma­zio­ne per gli inse­gnan­ti che dovreb­be­ro, in qual­che modo, impa­ra­re «dai miglio­ri» (si veda pun­to n. 79). In real­tà non è chia­ris­si­mo cosa si deb­ba impa­ra­re per ven­ti saba­ti all’anno, men­tre risul­ta più niti­do l’intento di miglio­ra­re le soft skill di stu­den­ti e stu­den­tes­se affin­ché il loro «capi­ta­le psi­co­lo­gi­co» (si veda pun­to n. 81) ven­ga sfrut­ta­to al mas­si­mo: anche gli sta­ti d’animo e gli approc­ci alla vita qua­li la curio­si­tà, il corag­gio, l’ottimismo rea­li­sti­co e la spe­ran­za ven­go­no dun­que descrit­ti con un lin­guag­gio eco­no­mi­co. Ci chie­dia­mo poi con qua­li moda­li­tà le soft skill potreb­be­ro svi­lup­par­si den­tro uno sche­ma rigi­do di impian­to tec­ni­co, che lascia solo uno spa­zio mar­gi­na­le alla pos­si­bi­li­tà di cre­sce­re non solo come impie­ga­ti azien­da­li, ma anche come per­so­ne, cit­ta­di­ni, don­ne e uomi­ni con pro­prie atti­tu­di­ni, desi­de­ri, idee.  Di nido si par­la all’interno del­la sezio­ne “Indi­vi­dui e fami­glie“. Rele­ga­re il nido a fina­li­tà ete­ro­no­me di ordi­ne socioas­si­sten­zia­le smi­nui­sce, fino ad annul­lar­la, l’individuazione di una indi­spen­sa­bi­le fina­li­tà edu­ca­ti­va pro­pria dell’istituzione e coe­ren­te con il per­cor­so for­ma­ti­vo del­le pro­fes­sio­ni chia­ma­te a gestir­ne la rea­liz­za­zio­ne.  Que­sto tipo di approc­cio ai nidi d’infanzia è con­fer­ma­to, nel pia­no Colao, nel­la descri­zio­ne del­le azio­ni con le qua­li si vuo­le rag­giun­ge­re l’obiettivo lad­do­ve si par­la di “orga­niz­za­zio­ne dei ser­vi­zi con ora­ri fles­si­bi­li e aper­tu­ra nei gior­ni festi­vi in modo da garan­tir­ne la dovu­ta fles­si­bi­li­tà nell’utilizzo”. È chia­ro che in ser­vi­zi così gesti­ti non si rea­liz­za la fun­zio­ne edu­ca­ti­va, ma solo di sor­ve­glian­za e cura (che pure è un’esigenza rea­le) con buo­na pace di tut­ta la ricer­ca peda­go­gi­ca sul cam­po e le con­qui­ste otte­nu­te. Il pro­ble­ma sostan­zia­le del Pia­no Colao riguar­da il fat­to che le gio­va­ni men­ti sem­bra­no dover esse­re vota­te al mer­ca­to eco­no­mi­co, pun­to e basta: si richie­de addi­rit­tu­ra di sen­si­bi­liz­za­re l’awar­ness degli stu­den­ti attra­ver­so incon­tri che pre­ve­do­no la par­te­ci­pa­zio­ne del­le azien­de per la «co-costru­zio­ne di buo­ne visio­ni del futu­ro, dell’innovazione e del rap­por­to col mer­ca­to del lavo­ro», in pie­na con­ti­nui­tà con l’idea di Alter­nan­za Scuo­la – Lavo­ro di ren­zia­na memo­ria. Si trat­ta di incon­tri che pre­ve­do­no il coin­vol­gi­men­to anche del­le fami­glie, depu­ta­te a spin­ge­re i pro­pri figli e le pro­prie figlie ver­so quel­la che si pro­spet­ta come uni­ca stra­da da per­cor­re­re. Che l’orientamento duran­te gli anni sco­la­sti­ci sia impor­tan­te è fuor di dub­bio, ma un’impostazione del gene­re appa­re ecces­si­va­men­te per­va­si­va e sem­bra pri­va­re stu­den­ti e stu­den­tes­se del­la pos­si­bi­li­tà di spe­ri­men­tar­si nel mon­do come esse­ri dota­ti di ambi­zio­ni e capa­ci­tà pro­prie.  Un altro aspet­to pre­oc­cu­pan­te con­cer­ne il finan­zia­men­to del­la scuo­la da par­te dei pri­va­ti (si par­la soprat­tut­to di azien­de high-tech) attra­ver­so pro­get­ti qua­li “Adot­ta una clas­se” che vor­reb­be una «cam­pa­gna di cro­w­d­fun­ding e dona­zio­ni per il poten­zia­men­to del­le strut­tu­re “edu­ca­tio­nal”»: nel momen­to in cui il pri­va­to va a finan­zia­re, e quin­di ad influen­za­re, il pub­bli­co, la res pub­bli­ca non è più pub­bli­ca. In un con­te­sto che è quel­lo del­la scuo­la, un’idea del gene­re suo­na come un ossi­mo­ro irri­ce­vi­bi­le. In tut­to ciò, nep­pu­re un accen­no agli inve­sti­men­ti strut­tu­ra­li per l’edilizia sco­la­sti­ca. Non tra­pe­la in nes­sun modo la neces­si­tà di un pre­ci­so pia­no di revi­sio­ne e ristrut­tu­ra­zio­ne degli isti­tu­ti, nono­stan­te l’emergenza sani­ta­ria abbia evi­den­zia­to un pro­ble­ma mol­to gra­ve di ina­de­gua­tez­za degli edi­fi­ci che ci tra­sci­nia­mo da decen­ni. Dal Pia­no Colao emer­ge inve­ce l’urgenza di ride­fi­ni­re il calen­da­rio sco­la­sti­co in base alle esi­gen­ze del set­to­re turi­sti­co (si veda pun­to n. 51): anche in que­sto caso, insom­ma, la scuo­la non figu­ra tra le prio­ri­tà di un pro­get­to il cui fine sem­bra esse­re solo quel­lo di sfrut­ta­re il capi­ta­le uma­no rap­pre­sen­ta­to dai gio­va­ni, e non la loro natu­ra di cit­ta­di­ni libe­ri di pro­get­ta­re il pro­prio futu­ro con tem­pi­sti­che e stru­men­ti che cam­bia­no con il muta­re dell’individuo e del con­te­sto in cui è inse­ri­to. La scuo­la non è, e non deve esse­re, un lun­go “cor­so di for­ma­zio­ne pro­fes­sio­na­le” in balia del mer­ca­to del lavo­ro, non può diven­ta­re la cul­la in cui alle­va­re solo i futu­ri col­let­ti bian­chi. La scuo­la è il luo­go in cui ogni bam­bi­no e bam­bi­na, ragaz­zo e ragaz­za, può spe­ri­men­tar­si come esse­re uma­no, come esse­re pen­san­te, come idea­to­re e costrut­to­re del pro­prio futu­ro, che non neces­sa­ria­men­te sarà all’interno di un’azienda high-tech. La scuo­la è di tut­ti colo­ro che han­no voglia di sape­re, di impa­ra­re, di entu­sia­smar­si, è il luo­go dove si cre­sce come per­so­ne diver­se, non stan­dar­diz­za­te, sen­za pro­to­ti­pi, sen­za deter­mi­ni­smi. La scuo­la è il luo­go in cui si inse­gna, e si impa­ra, come esse­re libe­ri non solo da ma anche di. Comi­ta­to Scuo­la di Possibile

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