Trova le differenze.
Movimento 5 stelle:
Partito Democratico:
D’altra parte non è la prima volta che, in questa legislatura, si alza un coro unanime (dal Partito Democratico, al M5S, alla Lega), rivolto sempre contro i cittadini stranieri. Era già successo, infatti, per la cancellazione del reato di immigrazione clandestina, ritenuto da tutti gli operatori del settore una fattispecie inutile, uno spreco immane di tempo e di risorse.
Eppure, nonostante la legge delega approvata dal Parlamento, l’allora ministro dell’Interno, Angelino Alfano, dichiarò che, pur «consapevole» delle «voci autorevoli» e delle «ragioni tecnicamente valide a sostegno di una abrogazione », esistevano «motivi di opportunità fin troppo evidenti. […] E’ meglio non attuare la delega ed evitare di trasmettere all’opinione pubblica messaggi negativi per la percezione di sicurezza in un momento particolarissimo per l’Italia e l’Europa». E il Partito Democratico muto.
Si espressero allo stesso modo Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio quando in commissione Giustizia fu approvato un emendamento proposto dai senatori M5s Maurizio Buccarella e Andrea Cioffi allo stesso fine: «Non siamo d’accordo — scrivevano Grillo e Casaleggio — sia nel metodo che nel merito. […] Nel merito questo emendamento è un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l’Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice “La clandestinità non è più un reato”».
Secondo me, se chiedessimo a Matteo Salvini cosa ne pensa, scopriremmo che è della stessa idea: più espulsioni, più CIE, mantenimento del reato di immigrazione clandestina. Ricordiamocene, quando si parlerà ancora di accozzaglie. E vi diamo un indizio: la proposta di aprire un CIE in ogni regione risale a qualche anno fa, e al ministro Maroni:
Negli scorsi anni i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) sono stati oggetto di tantissime denunce (dovute anche alla mancanza di trasparenza) e anche di conseguenti sentenze aventi a oggetto la illegittima detenzione. Ultima, in ordine di tempo, la sentenza della CEDU riferita al centro di accoglienza di Lampedusa, che «definisce inammissibile qualunque forma di detenzione o privazione della libertà personale de facto sottratte al controllo dell’autorità giudiziaria».
Per quanto riguarda le espulsioni, invece, abbiamo già spiegato le ragioni che rendono difficili le esecuzioni concrete dei rimpatri, e cioè i mancati accordi con i paesi di provenienza e la riluttanza degli stessi ad accettarli: il caso di Anis Amri è in questo senso esemplare, dato che la Tunisia non ne ha riconosciuto la cittadinanza, rendendo ineseguibile il rimpatrio. La soluzione, come ripetiamo da tempo, deve seguire due linee d’azione. La prima è quella di rendere possibile l’ingresso in Italia per motivi di lavoro superando la Bossi-Fini, il che asciugherebbe la quantità di richieste d’asilo, convogliando sul binario corretto le legittime aspirazioni dei migranti che non possono definirsi rifugiati. La seconda è quella di concedere comunque una opportunità a coloro ai quali non sarà riconosciuta una forma di protezione, permettendogli (dopo aver già trascorso mesi nel sistema di accoglienza, aver imparato la lingua, magari aver svolto dei primi percorsi lavorativi) di continuare a cercare lavoro regolarmente: è meglio avere persone che soggiornano regolarmente oppure irregolari che vengono sfruttati dai caporali e dalla criminalità organizzata? Magicamente la necessità di eseguire rimpatri si limiterà a un numero ridottissimo di casi, sui quali lavorare attraverso i programmi di rimpatrio volontario.
Infine, ma qui il discorso si fa più complesso, dobbiamo schierarci con chiarezza per una rivisitazione della categoria del “rifugiato”, ampliandola a coloro che scappano da luoghi nei quali non è più possibile vivere, siano terreni colpiti dalla desertificazione o villaggi colpiti da alluvioni. Arriveranno tutti qui? No. E basta con questo mito. I rifugiati tendono a fermarsi nel primo luogo che reputano sicuro, perché sono costretti a lasciare le proprie case ma — come qualsiasi persona costretta a scappare — vogliono allontanarsi il meno possibile dai propri affetti.