In origine (si fa per dire) fu Silvio Berlusconi a trovare l’opposizione dei sindacati.
Correva l’anno 2002, e la retorica del Governo voleva che ci fosse:
Da un lato il governo che «ha cercato in tutti i modi di trovare un accordo con i sindacati» e che vuole un’ Italia «più competitiva», con «libertà di crescere per le imprese» e «libertà di trovare lavoro per i giovani». Dall’ altro i sindacati che «non vogliono fare passi avanti per estendere le tutele e modernizzare il mercato del lavoro» e che proclamano scioperi «dei padri contro i figli». […] Le parole del premier, nella conferenza stampa appena terminato il Consiglio dei ministri e poco prima della partenza per il vertice europeo di Barcellona, sono un affondo contro la Cgil in particolare, ma anche contro Cisl e Uil, l’ una perché ha scelto di scendere in piazza «solo per ragioni politiche», le altre per aver fatto dell’ art.18 «una questione di bandiera».
Perché, d’altra parte, si discute ma poi si decide (anno 2009):
Un tavolo con la Cgil è possibile ed auspicabile, ma a giudicare da quello che è stato detto oggi in piazza mi sembra che «il sistema comunista» viga ancora in Italia e che «vedendo i comportamenti degli altri viene da dire che non sono cambiati per niente» e che «con i sordi non si può parlare e ragionare», ha replicato il premier Silvio Berlusconi durante una passeggiata nel centro di Praga, dove domenica si svolge il vertice Ue-Usa. Poi, con i cronisti che gli chiedevano se un tavolo con il principale sindacato italiano sia possibile, si è concesso una battuta scherzosa: «In testa glielo do».
Nel 2011 queste parole finiscono nero su bianco sul sito “governoberlusconi.it”. E’ tutta colpa del sindacato, che ha inondato l’Italia di scioperi bloccando la modernizzazione:
I tempi cambiano con impressionante rapidità, le classi sociali si scompongono, i vecchi schemi non trovano più cittadinanza in uno Stato moderno, ma la Cgil resta sempre uguale a se stessa, continuando a impersonare il doppio ruolo di sindacato e di soggetto politico. Nei cinque anni di governo Berlusconi prima Cofferati e poi Epifani inondarono l’Italia di scioperi, mentre la conflittualità diminuì drasticamente nel (fortunatamente) breve interregno di Prodi. Questa strategia che potremmo definire dei due pesi e delle due misure, di intonazione squisitamente politica, ha provocato danni incalcolabili al Paese e al suo processo di modernizzazione, ma la Cgil continua, in tutte le stagioni, a svolgere una funzione egemonica di freno, fino a rompere l’unità sindacale, esattamente come accadde nell’83 quando Craxi presentò il decreto che congelava la scala mobile.
Poi venne Renato Brunetta, che nel 2009 parlava del suo grande nemico, e della sinistra per male che deve morire ammazzata:
E’ il mio grande nemico: la Cgil non ha detto un solo sì. I sindacati sono importanti, ma quando sono conservatori non servono al paese. Spero che si ravvedano”.
Il ministro della Pubblica amministrazione e Innovazione Renato Brunetta, al convegno del Pdl a Cortina d’Ampezzo, attacca ancora la sinistra “elitaria e parassitaria”, accusandola di preparare un colpo di stato. Alla “sinistra per male” manda a dire: “Vada a morire ammazzata”. E alla sinistra “perbene” chiede: “Recuperi gli ideali di una volta”.
Tra il 2012 e il 2013 fu il turno di Beppe Grillo, che prima definisce i sindacati un “retaggio dell’800”, e poi dichiara che andrebbero eliminati.
«Come la Confindustria i sindacati confederali sono un retaggio dell’800, i Cobas sono il vero sindacato», ha attaccato Grillo.
“Voglio uno Stato con le palle, eliminiamo i sindacati che sono una struttura vecchia come i partiti politici. Non c’è più bisgno dei sindacati. Le aziende devono essere di chi lavora”.
A ricordare gli argomenti berlusconiani (coloro che non vogliono sentire, gli scioperi che bloccano la crescita del Paese) ci pensa Matteo Renzi, diversi anni più tardi:
«Ascoltiamo Confindustria e Cgil, Cisl e Uil ma decidiamo noi. Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione».
«Ci sono stati più scioperi in queste settimane che con tutti gli altri governi, contenti loro contenti tutti. Se è questo il loro obiettivo, bene, ma io mi occupo non di far scioperare gli italiani ma di farli lavorare […] Salvini e Camusso - ha concluso il premier — sono facce della stessa medaglia, li rispetto, fanno il loro lavoro, ma loro sono i leader della protesta, mentre io devo governare».
Infine, le recentissime affermazioni del ministro Maria Elena Boschi, secondo la quale la scuola sarebbe nelle mani dei sindacati (e ciò sarebbe un male):
«La scuola solo in mano ai sindacati funziona? Io credo di no».
Insomma, non c’è che dire. E’ sicuramente #tuttacolpadeisindacati.