Milano, 15 settembre. «Lavoro e legalità» è il binomio scelto dalla FIOM – CGIL sul quale investire per rilanciare il Paese intero. Il lavoro, perché è solamente attraverso di esso che la società evolve e che i cittadini realizzano loro stessi. E la legalità, condizione necessaria (ma non sufficiente) affinchè la competizione economica non sia inquinata. In apertura dei lavori Francesco Greco, procuratore aggiunto della Procura di Milano, mette sul tavolo i cardini attorno ai quali la criminalità economica si organizza e rafforza: evasione fiscale, lavoro in nero e corruzione, un circolo criminale che si autoalimenta e si estende al di là dei nostri confini. Si parla di 200/250 miliardi di soldi «italiani» che ancora risiedono all’estero nonostante tre scudi fiscali. È il momento di farli rientrare, e di introdurre nell’ordinamento italiano il reato di autoriciclaggio. Al contrario, «negli ultimi tre governi – sostiene Greco -, a parte un inciso di Letta, non ricordo un discorso di tolleranza zero rispetto alla criminalità economica. Il Governo e il Parlamento sembrano impantanati su queste norme: ma chi governa in Italia, chi paga le tasse o chi non le paga?». Le leggi, negli ultimi 20/30 anni, sembrano essere state studiate per trasferire ricchezza dalle popolazioni alla casta. Ed è su questi temi che Greco provoca il ministro Orlando: «sono più importanti l’autoriciclaggio e il falso in bilancio o la riduzione delle ferie dei magistrati?». La risposta non si è fatta attendere: il ministro ha riconfermato come obiettivi falso in bilancio e autoriciclaggio, che «sottoporremo al Parlamento», ponendo l’accento sulla necessità di valutare quel che si sta facendo punto per punto, «individuando i punti in comune ed evitando gli slogan».
Anche da un altro punto di vista le leggi hanno contribuito a schiacciare il lavoro, spiega Franco Focareta, docente di Diritto del lavoro: «la scomposizione lavorativa è alla base del tessuto di illegalità: “l’imprenditore” attira solo i profitti mentre il lavoro lo fa fare ad altri, generando un mercato del lavoro indecente, che non crea consumi e sviluppo, in cui il margine per le imprese che lavorano così è non pagare i lavoratori».
Sui patrimoni all’estero (e sulle “politiche fiscali” attuate dai grandi gruppi italiani) è tornata Nunzia Penelope, raccontando di un flusso di capitali che dal 2010 al 2014 è stato stimato in circa 200 miliardi di Euro. Montezemolo e Della Valle hanno in comune proprio questo: entrambi hanno costituito società in Lussemburgo, e come loro moltissime altre società italiane leader in borsa.
Flussi di denaro in uscita, cioè non reinvestito. Mariana Mazzuccato, docente di Economia dell’innovazione, individua nella mancanza di investimenti produttivi, pubblici e privati, il primo problema dell’economia italiana. Inoltre, l’eccessiva enfasi che viene posta sulle riforme strutturali, secondo l’idea che il Governo debba togliersi di mezzo, ignora che «da nessuna parte la crescita avviene senza interventi dello Stato, ma solamente quando il pubblico si assume il rischio che il privato, all’inizio, non si assume». Fondamentale, quindi, creare una nuova visione del ruolo dello Stato, che non può solamente concedere sgravi, sussidi e incentivi, ma deve investire in aree e progetti “rischiosi”, diventando centro di attrazione per le migliori competenze scientifiche ed economiche.
La buona notizia, o la notizia che porta speranza, la dà don Ciotti, raccontando delle cooperative di Libera, di 1000 posti di lavoro, di una nuova cooperativa che a breve sorgerà sui terreni di Matteo Messina Denaro, e che porterà il nome di Rita Atria. Don Ciotti non nasconde le difficoltà, anche per ragioni politiche e burocratiche. Ad esempio, sono ben otto mesi che non ci sono più assegnazioni di beni confiscati.
Nel pomeriggio i lavori sono aperti da Anna Canepa, segretario di Magistratura Democratica: «la forza della legalità è quella di produrre lavoro e opportunità. Dobbiamo recuperare il denaro sporco e reimpiegarlo: tanto c’è da fare ma tanto abbiamo fatto, e per questo trovo orribile e offensivo parlare delle ferie della magistratura». Canepa non risparmia le critiche all’operato del Governo: «si è proceduto con decreto per la riforma del processo civile, ma senza porsi il problema di dove siano le criticità, senza analizzare la domanda di giustizia. Pensando di “portare fuori” la giustizia, senza valutare in concreto il lavoro degli uffici». Sottolinea inoltre la necessità di colpire non i singoli, ma i patrimoni, «veri punti di forza delle organizzazioni criminali. Le risorse recuperate finiscono nel FUG, che non si sa bene a quanto ammonti e che viene ogni tanto utilizzato per tappare buchi», senza un impiego strategico.
Prima delle conclusioni di Maurizio Landini, che ha richiamato la necessità di una mobilitazione estesa per riaffermare questi temi, Vincenzo Visco è intervenuto sulla lotta all’evasione fiscale, che «si può fare, se uno la sa fare. Non si tratta di fare blitz a Cortina o di perseguitare imprese e contribuenti con Equitalia, ma di curare la normativa, dialogare con i contribuenti, usare le nuove tecnologie». La prima proposta è sull’IVA, e disegna una strategia per dimezzare l’evasione in tre anni «senza dare fastidio a chi le tasse le paga». Anche secondo Visco restano decisivi il falso in bilancio e l’autoriciclaggio. «Sono meno d’accordo sulla norma per il rientro dei capitali, ma se serve per far passare quella sull’autoriciclaggio – come sostenuto da Greco – allora la accetto». I dubbi di Visco, però, sono tutti politici: «questo Governo deve fare i conti con la sua maggioranza, esplicita e implicita».