L’azienda sponsorizza la scuola o viceversa?

Dal 2003 è cominciato un lento ma inesorabile percorso verso la presenza, sempre più massiccia, del privato nella scuola pubblica statale italiana

[vc_row][vc_column][vc_column_text]In prin­ci­pio furo­no le 3 “I” del­la rifor­ma Morat­ti: Infor­ma­ti­ca, Ingle­se e soprat­tut­to – pur­trop­po – Impre­sa. È da quel lon­ta­no 2003, in cui sem­pli­ce­men­te si sdo­ga­nò il tabù del col­le­ga­men­to tra la paro­la “impre­sa” e la paro­la “scuo­la”, che è comin­cia­to un len­to ma ine­so­ra­bi­le per­cor­so ver­so la pre­sen­za, sem­pre più mas­sic­cia, del pri­va­to nel­la scuo­la pub­bli­ca sta­ta­le ita­lia­na.

Da quel momen­to, abbia­mo assi­sti­to ad una pro­gres­si­va inva­sio­ne del­le azien­de nel mon­do del­la scuo­la, fino alla leg­ge 107 che, tra la gestio­ne mana­ge­ria­le dei pre­si­di, l’alternanza scuo­la-lavo­ro e lo School Bonus, ha tra­sfor­ma­to la scuo­la pub­bli­ca sta­ta­le ita­lia­na da can­tie­re sacro in cui si costrui­sco­no i sape­ri e le com­pe­ten­ze a pale­stra. Non un nobi­le Gym­na­sium, ben­sì una pale­stra comu­ne, in cui gli allie­vi, con il tem­po-stu­dio ridot­to al lumi­ci­no (si pen­si all’ultima novi­tà: il liceo bre­ve), inve­ce di impa­ra­re ad esse­re cit­ta­di­ni one­sti e pre­pa­ra­ti si alle­na­no a diven­ta­re lavoratori.

Ci ritro­via­mo in un Pae­se in cui qual­cu­no pro­po­ne che, per l’alternanza scuo­la-lavo­ro, dei mana­ger d’impresa deb­ba­no entra­re a scuo­la per dimo­stra­re ai docen­ti come si fa la “for­ma­zio­ne vera”, o in cui una scuo­la ormai affa­ma­ta di fon­di (essen­do pro­gres­si­va­men­te ma dra­sti­ca­men­te venu­ti a man­ca­re da anni, ormai, quel­li strut­tu­ra­li) si accet­ta che azien­de pri­va­te fac­cia­no del­le dona­zio­ni e in cam­bio espon­ga­no il pro­prio marchio.

Si arri­va, così, al caso estre­mo di una scuo­la che invia car­to­li­ne di augu­ri nata­li­zi alle fami­glie con il logo di un’impresa pri­va­ta in bel­la vista. Nel caso di spe­cie, si trat­ta di un’azienda che si occu­pa di vigi­lan­za pri­va­ta e sicu­rez­za e ci chie­dia­mo qua­le pos­sa esse­re sta­to il con­tri­bu­to offer­to alla scuo­la tale da meri­ta­re pub­bli­ci­tà. Per­ché di que­sto si trat­ta: una scuo­la pub­bli­ca sta­ta­le che fa pub­bli­ci­tà – pres­so le fami­glie dei pro­pri alun­ni – ad un’azienda pri­va­ta. Per­ché pro­prio quell’azienda e non un’altra? Qual è sta­to il cri­te­rio di scel­ta? Que­sto cri­te­rio è sta­to con­di­vi­so quan­to­me­no in con­si­glio di isti­tu­to? E qua­lo­ra un cri­te­rio fos­se sta­to con­di­vi­so, è accet­ta­bi­le il prin­ci­pio che sta alla base di que­sto caso di specie?

È que­sto il pun­to: è il prin­ci­pio che è inac­cet­ta­bi­le; è inac­cet­ta­bi­le l’asservimento del­lo Sta­to (in qua­lun­que sua for­ma) all’interesse del privato.

Eppu­re la pro­gres­si­va “azien­da­liz­za­zio­ne” dell’istituzione sco­la­sti­ca ci ha por­ta­to a que­sto: a vede­re scuo­le pub­bli­che sta­ta­li che fan­no mer­ci­mo­nio di se stes­se facen­do pub­bli­ci­tà all’azienda del poten­te di tur­no, maga­ri in buo­na fede e tro­van­do­lo per­fet­ta­men­te nor­ma­le: la bana­li­tà del­l’a­zien­da­liz­za­zio­ne. Que­sto asser­vi­men­to al pri­va­to, come in tut­ti i casi del­la vita, dipen­de dal biso­gno: nes­su­no si met­te a “dispo­si­zio­ne” se non ha biso­gno di far­lo. Le scuo­le ita­lia­ne, da trop­po tem­po a que­sta par­te, vivo­no in una costan­te penu­ria di fon­di strut­tu­ra­li, che por­ta alla man­can­za non solo di attrez­za­tu­re, ma per­fi­no di beni di pri­ma neces­si­tà, come la car­ta, e di sicu­rez­za degli stu­den­ti. Dal taglio costan­te dei fon­di da par­te del­lo sta­to, negli ulti­mi decen­ni è deri­va­ta la neces­si­tà dei diri­gen­ti di “guar­dar­si intor­no”, con i risul­ta­ti che abbia­mo visto.

Non è que­sta la scuo­la che Pos­si­bi­le vuo­le per i nostri figli. Que­sta non è la scuo­la del­la Costi­tu­zio­ne, volu­ta dai nostri padri. Que­sta scuo­la non inse­gna ad esse­re cit­ta­di­ni libe­ri e con­sa­pe­vo­li, ben­sì ad asser­vir­si al pri­mo che pas­sa e che offre di più. Per costrui­re una scuo­la che sia come la nostra Costi­tu­zio­ne vuo­le e che rea­liz­zi la Costi­tu­zio­ne, occor­ro­no un pro­get­to com­ples­si­vo di scuo­la, fat­to di idee serie e cir­co­stan­zia­te: lo abbia­mo inse­ri­to nel nostro Mani­fe­sto, nel docu­men­to dedi­ca­to alla scuo­la e che met­te­re­mo a dispo­si­zio­ne di “Libe­ri e Ugua­li”. È tem­po di una scuo­la buo­na dav­ve­ro ma, per­ché lo sia, deve innan­zi­tut­to esse­re una scuo­la giu­sta.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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