Le immagini che arrivano da Goro e Gorino, piccoli centri sul delta del Po ferrarese, fanno paura. A me fanno paura. Ieri sera alcuni cittadini dei due comuni hanno letteralmente alzato delle barricate con dei bancali per bloccare un “pullman carico di profughi”.
I profughi, per la precisione, erano venti: dodici donne e otto bambini. Nell’immaginario oramai corrotto da un’informazione indegna, sono diventati pericolosi clandestini. Da respingere, allontanare, tenere lontani dalle nostre comunità.
E così sono arrivate le barricate, costruite da giovani, anziani, donne. Che poi si sono seduti sui bancali e si sono messi in posa, per farsi fotografare, col sorriso. Forti loro, che respingono donne e bambini. Guardatele le foto e chiedetevi di cosa dobbiamo davvero avere paura.
Gli sbarchi di questi giorni ci raccontano che un’emergenza c’è, e non è dettata da dodici donne e da otto bambini, ma da morti in mare sempre più numerosi e da un sistema di accoglienza che si muove ancora su logiche emergenziali.
I morti in mare si moltiplicano.
Nel 2016 1 persona su 88 muore attraversando il Mediterraneo. Nel 2015 erano 1 ogni 269.
— Carlotta Sami (@CarlottaSami) 25 ottobre 2016
L’emergenza sbarchi di cui tutti parlano è la stessa emergenza dell’anno scorso e di due anni fa (quindi una non-emergenza per definizione).
Sono arrivate molte persone nel mese di ottobre, è vero, ma ne erano arrivate molte meno a settembre, rapportando ai dati del 2014. E così su dieci mesi il totale rispetto al 2014 varia di sole 2.676 persone. Eppure il nostro Paese non è stato capace di costruire un sistema di accoglienza all’altezza, ma ospita la larghissima parte dei richiedenti asilo e dei rifugiati (circa l’80%) in centri di accoglienza straordinari, spesso sovraffollati, spesso gestiti male, spesso disinteressati dal fornire strumenti di inclusione, contribuendo a loro volta a creare fantasmi e paure. Ma le esperienze virtuose esistono, funzionano benissimo e vanno solo replicate.
Se perdiamo la capacità di togliere il velo del cattivismo che offusca i dati, se non ci indigniamo più di fronte ai cadaveri nel Mediterraneo, se non siamo più nemmeno in grado di riconoscere i volti di donne e bambini, allora abbiamo perso tutto. E abbiamo perso tutti.