“La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.”
Basterebbe questo rigo dell’Art. 33 della Costituzione per sospettare l’incostituzionalità dell’intesa che tra pochi giorni sarà sottoscritta — a meno di un rinvio — tra il Presidente del Consiglio Conte e i governatori delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Perché se è vero che il progetto di autonomia differenziata si rifà alla revisione del Titolo V della Costituzione, è certo anche che questo non cancella il Titolo I, che parla di Scuola solo come funzione statale, non come servizio a domanda individualizzata o soggetta a criteri territoriali o peggio economici.
Dalla lettura delle bozze degli accordi, gli intenti rispetto alla regionalizzazione del sistema di Istruzione appaiono più inquietanti di quanto avevamo previsto e sanciscono la volontà politica conclamata di frammentare la scuola pubblica statale e stravolgerne gli obiettivi più profondi.
Non a caso ripetiamo in ogni occasione che stiamo parlando di scuola pubblica statale: perché a fare il distinguo con la scuola paritaria, che è sempre pubblica ma “senza oneri per lo Stato”, è la stessa Costituzione e se già adesso i vari governi sembrano dimenticarsene, figuriamoci con l’autonomia regionale.
Le bozze degli accordi non lasciano dubbi: Veneto e Lombardia chiedono di poter disciplinare la materia dell’Istruzione rispetto all’aumento dei finanziamenti alle paritarie in aggiunta a quelli nazionale.
Chiedono di avere il controllo degli organi collegiali che, temiamo, porterà allo svuotamento della loro sovranità, fulcro dell’autonomia scolastica: significherà che l’amministrazione locale (la politica, quindi) potrà quindi decidere di didattica, di come usare le risorse della scuola, dei progetti da attuare.
Chiedono di poter disciplinare l’Alternanza Scuola Lavoro — quella che le forze di governo avevano promesso di togliere e che invece hanno ridimensionato, male, con l’unico scopo di raggranellare qualche spicciolo in Legge di Bilancio; e così gli studenti che risiedono nei territori ricchi avranno una Alternanza di qualità, mentre le regioni povere proporranno fritture di patatine o licenzieranno i padri per sfruttare i figli (ci riferiamo alla denuncia della studentessa di Pomigliano d’Arco in riferimento alla Fiat locale).
Le Regioni chiedono anche di poter decidere gli organici del personale; i nuovi assunti non saranno più alle dipendenze dello Stato e i vecchi potranno scegliere se passare alle Regioni, attirati da qualche centinaio di euro in più che costerà loro la libertà di insegnamento, o restare statali.
Si vuole inserire anche un sistema di valutazione regionale oltre a quello nazionale: non riusciamo nemmeno a immaginare i criteri deliranti che potrebbero normarlo.
Infine, grazie ai 9/10 del gettito fiscale che sarà trattenuto in Regione, saranno stabiliti fondi per diritto allo studio scolastico e universitario e per la messa in sicurezza degli edifici scolastici che, come è facile immaginare, agevoleranno sempre più le regioni ricche.
Eppure, la cosa peggiore di questo progetto è l’ipocrisia con cui viene presentato: l’uso di un termine positivo, autonomia, per nascondere il disegno più scellerato della storia della Repubblica.
Questa è una devoluzione, è la secessione dei ricchi, come urla da tempo il Prof. Gianfranco Viesti.
E mentre il presidente Bonaccini giura da Bologna che l’Emilia Romagna non chiederà un euro in più di quanto lo Stato già spenda per le competenze richieste (come se la preoccupazione potesse ridursi solo all’aspetto economico), di questa trattativa svolta nelle segrete stanze, con una Ministra leghista che tratta coi governatori leghisti, nessuno sa niente, come se non fosse un problema enorme per tutto il Paese.
Di positivo e insieme paradossale c’è solo che le due componenti di governo sembrano non parlarsi e che il M5s pare a tratti inconsapevole di quello che si è detto pronto a votare. Solo ieri il Ministro Toninelli ha dichiarato che in nessun modo autostrade e ferrovie passeranno alle Regioni mentre Zaia dice il contrario. Inoltre, autorevoli esponenti del M5s, checché ne dica Di Maio, hanno firmato la petizione del Prof. Viesti.
Il PD tace, forse perché sa bene di essere co-responsabile di questo disastro, con la firma di Gentiloni all’avvio alla regionalizzazione, esattamente un anno fa.
I tre candidati alla Segreteria del PD hanno detto qualche giorno fa che, prima di pronunciarsi, volevano vedere le carte: eccole, fanno schifo. Ora, inizierete ad attivarvi per bloccare questo scempio?
Il 9 febbraio, a Roma, una grande manifestazione sindacale ha portato il tema dell’autonomia differenziata in piazza, iniziando un percorso di informazione che proseguirà sui territori. Con Possibile c’eravamo e ci saremo, perché la scuola resti unita e il Paese pure.
Eulalia Grillo