di Celeste Palermo
Il Blocco Androgenico Totale (Bat), in gergo “Castrazione chimica”, è una pratica medico-chirurgica che viene principalmente applicata per curare il carcinoma prostatico (tumore alla prostata); tale pratica riecheggia nelle nostre orecchie dal 2019, quando la #Lega di Matteo #Salvini la propose come risposta agli stupri e alle violenze contro le donne. La proposta di legge sul Bat continua il suo iter ancora oggi e il Gruppo Siciliano della Lega, insieme alla europarlamentare Tardino, ha avviato una raccolta di firme per mandare avanti l’iniziativa legislativa, soprattutto dopo le vicende accadute a #Palermo, lo scorso 7 luglio. La proposta di legge, a detta di Tardino, rispetta i principi fondamentali della nostra #Costituzione (esattamente, quali?), e viene attuata su base volontaria, e alternativa. Sempre Tardino ha giustificato l’iniziativa in quanto molti paesi del nord Europa ne sono dotati. Di fatto, sono 13 gli Stati europei che prevedono una normativa simile, tra i quali Germania, Francia, Danimarca e Belgio. Il risultato della castrazione chimica è rimuovere gli impulsi sessuali così da controllare la devianza sessuale ma siamo davvero sicuri che sarebbe in grado di risolvere il problema degli stupri e della violenza di genere? Beccaria, ne “Dei delitti e delle pene” scriveva che il fine della pena non era volto ad una inflizione o ad una tortura nei confronti del reo ma, di contro, doveva ricoprire una funzione rieducativa per il condannato accanto ad una funzione socialmente utile che vede gli individui allontanarsi dal commettere dei reati non tanto per timore della sanzione piuttosto per la comprensione di commettere un danno ingiusto alle vittime, prima, e alla società, poi. Questo pensiero liberale ben si sposa con gli artt. 3, 13 e 27 della Costituzione italiana ma non solo: l’art. 3 della CEDU impone agli Stati il divieto di applicare pene e torture inumane o degradanti.
Di fatto, la proposta di legge di matrice leghista è volta ad introdurre una pena che non assolve alle sue funzioni costituzionalmente garantite: la legge del taglione non rappresenta un deterrente generale ovvero una benché minima funzione rieducativa. Inoltre la castrazione chimica così proposta può essere effettuata solo se volontariamente accettata dal condannato ma quanto può essere legittimamente fondata una volontà espressa da un individuo che, alla luce della sua condotta e delle perizie medico-psichiatriche, potrebbe non essere pienamente in grado di discernere? Oltre a ciò, il reo sarà davvero sottoposto ad un processo di rieducazione? Non abbiamo certezze.
“È una poco di buono”: queste le parole della madre di uno degli stupratori nel caso palermitano, volte a giustificare l’orribile condotta del figlio, un ragazzo che avrebbe dovuto ricevere una educazione differente al pari degli altri 6, suoi complici, autori di una condotta “estremamente allarmante e antisociale”. I 7 indagati sono le vittime di un sistema sociale, politico ed educativo fallimentare: una sovrastruttura che non è ancora stata in grado di affermare i principi del rispetto e dell’eguaglianza di genere. No, la legge del taglione non può essere un mezzo di risoluzione a tale problematica sociale ma è solo una risposta rapida e violenta che solo un sistema, non più fiducioso del suo sviluppo socio-culturale, è in grado di attuare. Bisogna così partire dall’educazione di genere, a cui la Lega si è sempre dimostrata contraria, volta a prevenire ogni forma di abuso e di violenza.
Vogliamo uno Stato e una politica che non si arrende ma che continua a lottare contro gli stereotipi di genere.