[vc_row][vc_column][vc_column_text]E come elettorale.
Per quanto possa sembrare un argomento tecnico e residuale, che mai occupa le prime pagine dei giornali, spesso invase (anche a sproposito) dalle questioni che riguardano il diritto penale, quello della giustizia civile dovrebbe essere uno dei primi temi di una campagna elettorale.
Questo accade perché si tende a pensare che sia una questione “privata”, che coinvolge persone fisiche o giuridiche in modo quasi casuale, quando “capita” un contenzioso, come se non ci riguardasse dal punto di vista della comunità ma come singoli.
In realtà, al di là del fatto che tutti, prima o poi, come cittadini, abbiamo a che fare con la giustizia civile, il nostro coinvolgimento come comunità è molto più ampio e rilevante.
E come economica.
Secondo tutti gli studi che ciclicamente vengono pubblicati, la giustizia civile è uno dei fattori più rimarchevoli fra quelli che disincentivano gli investimenti nel nostro Paese.
Perchè è evidente che se ci vogliono anni, a volte decine, per definire un contenzioso, in pochi fra i grandi investitori esteri rischiano di bloccare risorse economiche ingenti in attesa di quella definizione.
Eppure, nonostante questi studi, la giustizia civile continua ad essere trattata come un tema marginale, e si legifera in materia con la tecnica della vestizione a cipolla, aggiungendo capi d’abbigliamento che si sommano l’uno all’altro fino a paralizzare l’indossatore.
Prima di tutto, quindi, la giustizia civile deve essere un argomento economico tanto quanto è argomento strettamente giuridico, perché, banalmente, cito l’ultimo studio disponibile, la sua lentezza ci costa la bellezza di circa 2,5 punti percentuali di PIL.
E come efficiente.
Una volta messa fra le priorità, dovremmo avere il coraggio di rendere la giustizia civile davvero efficiente.
Prima di tutto investendo come si investe o si dovrebbe investire nell’economia, come si investe o si dovrebbe investire nel mondo del lavoro, perché la giustizia civile potrebbe davvero essere la start up più vantaggiosa che si possa immaginare.
Da un punto di vista normativo, la prospettiva che può realmente cambiare le cose consisterebbe nell’ispirarsi al modello “tedesco” come è accaduto in Spagna pochi anni fa.
In questo modello il processo si concentra nella prima udienza (che da noi è un passaggio quasi inutile e molto formale) dove i protagonisti sono obbligati a mettere tutte le loro carte in tavola: documenti, testimoni, tesi giuridiche.
A questo punto, il giudice, che già ha potuto visionare le carte e le ha studiate, può decidere subito.
Oppure può fissare un’altra udienza per sentire testimoni, o consulenti, in assoluta autonomia, e decidere la causa dopo aver fatto discutere le parti sull’istruttoria acquisita.
Si tratta di un sistema che certamente valorizza il ruolo sia dei magistrati che degli avvocati, concentrando il processo ed evitando la dispersione delle tesi in atti lontani nel tempo, che fanno perdere la nitidezza della controversia.
E come elettronica ed ecologica.
In attesa di una riforma organica su cui lavorare dal primo giorno della nuova legislatura, soprattutto stanziando come detto i fondi necessari, ci sono correttivi che potrebbero essere applicati subito e che, incentivando le novità positive già in essere, ridurrebbero ulteriormente costi e tempi.
Ad esempio l’uso della posta elettronica certificata (PEC) nell’ambito del processo telematico potrebbe essere esteso a tutte le udienze in cui la presenza delle parti è superflua, come nel 90% dei casi per la prima udienza, per quella intermedia dove il giudice decide sulle istanze istruttorie, per l’ultima, quella di precisazione delle conclusioni, per gli affidamenti dei quesiti ai consulenti tecnici.
L’aspetto ecologico non è banale, se solo si riuscisse ad evitare lo spostamento di migliaia di avvocati ogni giorno nei vari tribunali, non solo a livello urbano ma a volte in città diverse e lontane.
E sempre dal punto di vista ecologico, quanta carta si potrebbe risparmiare incentivando l’uso della sola copia elettronica, e magari convincendo i giudici a non chiedere la copia di cortesia cartacea quando l’obbligo prevede il deposito telematico, rendendolo di fatto inutile?
E come equa.
Sembra anche questo un passaggio banale, visto che esiste un noto principio costituzionale che definisce tutti i cittadini uguali davanti alla legge, eppure l’equità non è solo nelle sentenze ma anche nel modo in cui vengono trattati, umanamente ed economicamente, quelli che le pronunziano.
Parlo dei magistrati onorari che, pur trattando spesso questioni identiche ai magistrati di ruolo, sono di fatto dei precari senza reale riconoscimento economico e professionale, anche a seguito delle ultime riforme.
È una questione che non può essere ignorata e che deve portare ad una soluzione capace di dare da un lato adeguato riconoscimento al lavoro svolto, senza tramutarsi in un aggiramento delle norme concorsuali di accesso alla magistratura di carriera.
Una soluzione potrebbe essere l’inserimento stabile dei magistrati onorari in un differente ruolo ad esaurimento, all’interno del perimetro ben definito dell’Ufficio del processo per lo svolgimento di attività giurisdizionali delegate, così concretizzando il modello dell’ufficio del processo finora solo nominalmente introdotto nell’ordinamento.
Ma una giustizia equa significa anche una giustizia che comporti una spesa inferiore per il cittadino, invertendo il sistema attuale secondo il quale si sono aumentati a dismisura gli importi del contributo unificato (la “tassa” progressiva che bisogna versare all’erario per iniziare un giudizio a seconda del valore) facendo spendere di più solo per disincentivare le iniziative giudiziarie, così danneggiando chi è costretto a fruire della giustizia civile e denegando giustizia a chi non se la può permettere, perché supera il limite del gratuito patrocinio, e così rischiando di violare l’art. 24 della Costituzione.
Si potrebbe iniziare subito estendendo la normativa dei giudizi avanti il Giudice di pace, dove il contributo si paga solo in prossimità dell’udienza con l’effettiva iscrizione a ruolo della causa, anche per le cause in Tribunale, dove invece si paga dopo pochi giorni dalla notifica dell’atto introduttivo.
In questo modo tutte le cause definite dalle parti prima della prima udienza non avrebbero costi vivi (anche perché nessun magistrato ha perso tempo leggendo gli atti finché la causa non inizia davvero).
E forse sarebbe anche il caso di eliminare l’obbligatorietà della preventiva mediaconciliazione nei casi in cui permane, e della negoziazione assistita, che si sono dimostrate del tutto inutili alla effettiva deflazione del contenzioso, mantenendole come facoltative, oppure come obbligatorie solo su ordine del giudice in casi di effettiva possibilità di definizione.
E come eccomi.
Io ci sono, lavoriamo insieme perché ne vale la pena.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]