Il 17 aprile 2016 il candidato sindaco del Partito democratico a Ravenna, Michele De Pascale, ha visitato la moschea Attaqua durante il suo tour in bicicletta del quartiere Darsena, portando saluti e consegnando un dono: un quadretto con “Nove regole di civiltà universali” scritte per noi, stampate in modo casalingo e incorniciate. Eccole:
- Ama il prossimo tuo come te stesso
- Onora il padre e la madre
- Non uccidere
- Non rubare
- Non attestare il falso verso il tuo prossimo
- Non desiderare la roba d’altri
- Non utilizzare droghe ed alcolici. Denuncia chi spaccia e ne fa uso abituale
- Rispetta la natura con le sue regole
- Rispetta il lavoro, come tuo diritto, assolvi il riposo dovuto, non prostrarti alle altrui volontà di sfruttamento
Sono scritte in italiano e tradotte a penna in un arabo approssimativo, poco comprensibile. Il gesto, paradossale, ha lasciato sbigottiti i cittadini musulmani che hanno salutato convenientemente i visitatori ma la direzione dell’Associazione di Cultura islamica di Ravenna, che gestisce il centro, e il Comitato Una moschea per la città, che in quella moschea è stato fondato e ha la sua sede, hanno inviato una lettera alla segreteria provinciale PD per chiedere spiegazioni di un gesto che definiscono “inopportuno”. Tutt’ora non hanno avuto risposta.
Come frequentatrice della moschea ho chiesto pubblicamente spiegazioni per questo gesto che ritengo offensivo e discriminatorio, ma il candidato ha dichiarato alla stampa che non sapeva nulla del contenuto del quadretto e comunque non ha nulla da dirci, tanto più, che in quanto candidata della lista Ravennaincomune, avrei strumentalizzato la questione…
L’accaduto ha invece dato il là al candidato della Lega, che il giorno dopo rincarava dicendo che i musulmani ravennati dovranno firmare una carta dei valori… D’altra parte il PD è stato più realista del re. La gaffe del partito di amministrazione ha messo in luce pregiudizio, etnocentrismo e incapacità di dialogare con i cittadini nella loro pluralità. E il paternalismo buonista è un’aggravante. Abbiamo la conferma che una delle questioni di civiltà e di libertà urgenti in Italia è la lotta contro l’ignoranza religiosa, se si va a proporre un decalogo (in versione riveduta e corretta con i pregiudizi correnti sul mercato) ai fedeli di una religione abramitica nel loro luogo di culto.
Il secondo aspetto preoccupante è la superficialità del candidato, che dice di non sapere, pur essendo presente e scarica la responsabilità a un militante in buona fede. La moschea destinataria del “dono” – a Ravenna ce ne sono tre — si è distinta negli anni scorsi per avere dato un grande esempio di impegno civile nel denunciare aspetti problematici nella comunità e qui ha visto la fondazione e ha la sua sede il Comitato una moschea per la città, che ha lottato a lungo perché fossero rispettate principi costituzionali quali la libertà di espressione, il rispetto di processi democratici nella gestione delle associazioni, la parità di genere. Una storia ravennate, che forse il candidato sindaco non conosce, ma di cui doveva informarsi prima di fare gesti che hanno alimentato in città islamofobia e razzismo, tanto facili da risvegliare in un paese che finora non ha visto adeguate politiche per l’immigrazione e di inclusione dei cittadini stranieri.
Marisa Iannucci — Ravennaincomune