I centri in Albania sarebbero dei CPR in un paese terzo, questo emerge dalle dichiarazioni del Ministro Piantedosi. Si punta a trasferire in Albania non più le persone migranti intercettate in mare, ma persone migranti presenti in Italia che hanno ricevuto un provvedimento di espulsione convalidato dal magistrato.
Il decreto che introduce la novità dovrebbe andare venerdì prossimo all’esame del Consiglio dei ministri. Ma vorremmo soffermarci sulle parole di Piantedosi.
“Non possono diventare Cpr perché il Cpr c’è già, all’interno della struttura polifunzionale”. Non ci avevano detto questo, però. Ci avevano detto che ci avrebbero portato le persone intercettate in mare, cosa che era già un fallimento etico, giuridico ed economico. Sorge però il dubbio che questo fosse stato il piano sin dall’inizio.
“Ce lo chiede l’Europa”, prosegue il Ministro. E anche questo non sarebbe propriamente vero.
Piantedosi farebbe riferimento alla Proposta di Regolamento dei Ritorni presentata l’11 marzo dalla Commissione Europea (l’esecutivo di Bruxelles) che deve ancora passare per i negoziati e che è stata immediatamente criticata. La proposta introduce la possibilità per gli Stati Membri di siglare accordi con Paesi Terzi per farci ritornare (leggere deportare) le persone migranti in strutture chiamate “hub di ritorno” (leggere prigioni per persone migranti).
Eurobserver ha già parlato di regime di deportazioni. Inoltre questo Regolamento è stato proposto senza una valutazione dell’impatto dei diritti umani, cosa gravissima che sta diventando un trend delle politiche migratorie europee essendo già la seconda proposta consecutiva che viene presentata senza valutazione di impatto sollevando critiche durissime di legali.
Il messaggio sembrerebbe chiaro, o almeno ancora più chiaro: dei diritti umani non ce ne sta fregando più nulla. E questo fa paura per tutte e tutti. I diritti rimarrebbero di facciata visto che si dice genericamente che in questi paesi terzi devono essere rispettati i diritti ma viene da chiedersi come, dato che non riusciamo nemmeno a rispettarli in casa. Lo sappiamo tutte che i CPR sono dei buchi neri, la morte dei diritti.
Questa è una vicenda gravissima che ci riguarda tutte perchè quando c’è di mezzo la libertà — di chiunque essa sia — siamo responsabili tutte. Non permettiamo all’uso del linguaggio burocratico, sia della Commissione che dei nostri, di neutralizzare la violenza di questo piano.
Se mai ci fosse stata una linea, è stata di gran lunga superata. Possono chiamarli “ritorni” e “hub di ritorno”, noi chiamiamoli per quelle che sono: deportazioni e prigioni in paesi terzi. Riconosciamone la gravità e opponiamoci.
Jessi Kume
Accoglienza Possibile