[vc_row][vc_column][vc_column_text]«Caro Mario, lo “ius soli” non è la priorità mia, né degli italiani. Buon lavoro, e divertiti, dietro al pallone». E faccina sorridente. Tra le prime invettive del neoministro dell’Interno — che ha prestato giuramento con tanto di braccialetto del Milan al polso, giusto per stare in tema di pacchia e pallone — c’è il commento ad alcune dichiarazioni rilasciate da Mario Balotelli.
Risponde a Balotelli, tra l’altro, dopo aver scherzato sull’omicidio di Sacko Soumayla, il sindacalista maliano ucciso in Calabria. #ColpadiSalvini, ha twittato, come se ci fosse qualcosa da ridere.
Ma torniamo a Balotelli. Le scandalose dichiarazioni sono queste:
È stato un momento durissimo per me. E in questo senso vorrei fare un piccolo appello. Io sono nato in Italia, ho vissuto in Italia, avevo studiato in Italia e il fatto di non esser considerato italiano fino a 18 anni ha rappresentato la parte peggiore della mia vita. E in questo senso la legge italiana dovrebbe fare qualcosa.
Non sono altro che le parole di un ragazzo che fin da bambino ha vissuto sulla sua pelle una ingiustificata e inspiegabile discriminazione. E che ora è diventato italiano e chiede che altri bambini non debbano subire quel che ha subito lui. Lo chiede da italiano, con buona pace di Salvini che gli risponde dicendo che lo “ius soli” non è una priorità degli italiani.
La vicenda mi ha ricordato un dibattito che ho fatto durante la campagna elettorale. Dall’altra parte c’era una candidata della Lega Nord, maestra delle scuole elementari, che sosteneva che i bambini stranieri non sono in alcun modo discriminati. Tutti sanno che non è così, che ci sono problemi nell’ottenere i documenti per fare gite scolastiche all’estero (tanto che ci sono stati casi in cui le gite sono state annullate, per “colpa” di un bambino straniero), che ci sono problemi con il tesseramento nelle associazioni sportive, eccetera. Mentre dibattevamo mi è tornato in mente un episodio: avevo quindici anni e giocavo in una squadretta nell’orbita di una società professionistica — quindi non esattamente gli ultimi arrivati. A settembre inizia il campionato e un ragazzo che aveva fatto tutta la preparazione atletica con noi non poteva giocare. Era un bell’esterno, me lo ricordo: molto fisico, senza paura, gran corridore. Non poteva giocare perché era albanese e c’erano problemi con il tesseramento. Avevo rimosso questo episodio e mi è tornato in mente quella sera. L’insegnante diceva che «ma sì, ma basta andare in prefettura a rompere le balle, noi facciamo così e tutto si sistema», non rendendosi conto che stava certificando la discriminazione. E i bambini se ne accorgono: magari hanno difficoltà nel concettualizzare la discriminazione, ma se ne accorgono, come dimostra il fatto che l’episodio da me rimosso si era in realtà depositato nella mia memoria.
Faccia un po’ meno il gradasso, Matteo Salvini. E provi a pensare, ogni tanto, che i suoi figli stanno crescendo insieme a altri Mario con la pelle nera, e a tanti Bouba, e a tanti Bilal con la pelle più chiara di Mario. Ci saranno sempre più Michela e Ilhaam, con loro, sul campo da calcio. Per fortuna che non sapranno nemmeno chi sia, Matteo Salvini, e che si divertiranno tutti assieme «dietro al pallone».[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]