Si avvicina la fine dell’estate e con essa il termine della stagione balneare e, per chi se lo è potuto permettere, il rientro dalle vacanze sui lidi toscani. Insomma, è momento di bilanci che, come ha illustrato meticolosamente Legambiente nell’ultimo report di luglio 2021, non possono che essere drammatici se si analizza la situazione delle spiagge libere in Toscana e in particolare di quelle delle province di Lucca e Massa Carrara – spoiler: praticamente assenti.
Sebbene il problema della proporzione tra arenili liberi e in concessione si estenda a tutto il territorio nazionale, questa particolare zona di litorale toscano, che si sviluppa per una cinquantina di chilometri dalla frazione di Torre del Lago (Viareggio) fino al confine con la Liguria, soffre principalmente di tre pesanti primati negativi.
Il primo di carattere squisitamente regionale riguarda la completa assenza di una normativa che disciplini la quantità minima di spiaggia libera o libera attrezzata rispetto a quella in concessione; materia che infatti è regolamentata dalle regioni stesse e che fino ad oggi è stata ignorata dalle maggioranze delle consiliature regionali di governo. La Toscana, purtroppo, non è l’unica in cui persiste questa vacatio legis, ma è in compagnia di Basilicata, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto.
Il secondo invece, consequenzialmente legato al primo, consiste nell’effettiva quota di arenili accessibili presenti sul territorio e che in assenza di interventi mirati anche da parte dei comuni sono quasi scomparsi. Pietrasanta (LU) con il 98.8% percento di spiaggia in concessione è il comune toscano maggiormente occupato da stabilimenti balneari, secondo a livello nazionale solo dopo Gatteo in provincia di Forlì-Cesena in cui la totalità della spiaggia è ormai cosparsa di lettini e ombrelloni. Ma c’è di più: la zona della Versilia assieme a parte della costa massese accolgono in nemmeno 30 km di sabbia più della metà di tutte le concessioni della regione, a dimostrazione del fatto che i comuni che fanno parte di questa fascia costiera si assestano su una percentuale di spiaggia in concessione tristemente alta:
Camaiore (LU) 98.4%
Montignoso (MS) 97%
Forte dei Marmi (LU) 93.7%
Massa 90.3%
Carrara 84.8%
Viareggio (LU) 71.5%
È solo grazie alla spiaggia libera della Lecciona, sito d’interesse del parco naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e situato oltre il porto di Viareggio al confine con la provincia di Pisa, che Viareggio riesce a stabilirsi su una proporzione un po’ meno drammatica delle altre.
Non va nemmeno dato per scontato il buono stato in cui dovrebbero versare le poche spiagge libere presenti: il campionamento annuale di Goletta Verde del 2021 ha mostrato che la foce del torrente Carrione a Carrara, del Lavello e del Brugiano a Massa sono aree estremamente inquinate e quindi non adatte alla balneazione.
Insomma, nemmeno la qualità quando manca la quantità – non multa nec multum potremmo dire.
Terzo primato sono i prezzi al pubblico fissati dallə concessionariə. A Marina di Pietrasanta il Twiga di Briatore, in cui una permanenza giornaliera può arrivare a costare fino a 1.000 euro, è in assoluto lo stabilimento balneare più caro d’Italia, ma prezzi esageratamente alti sono la normalità anche a Forte dei Marmi dove una tenda per quattro persone può raggiungere anche i 300 euro al giorno. Il fatto ancora più vergognoso, oltre a questo caso limite di trasformazione di un bene inalienabile in uno luogo blindato di lusso e privilegio, è definito dai canoni annuali che le concessioni sono tenute a versare allo Stato e che continuano a essere troppo bassi rispetto ai fatturati delle imprese occupanti. Quanto può essere grave la situazione se Briatore stesso in un’intervista al Corriere pre-pandemia ha dichiarato che oggi gli affitti non sono più adeguati e che in particolare i 17.000 euro da lui versati dovrebbero essere almeno 100.000?
La questione è stata anche timidamente affrontata nel Decreto Legge 104/2020 che ha alzato per il 2021 il canone minimo da 362,90 euro a 2.500 euro, senza che però fosse rivista completamente l’attuale suddivisione in sole due fasce di valenza turistica che da 15 anni definisce i canoni in maniera iniqua.
Un altro dato aiuta a comprendere meglio questo disequilibrio: la società di consulenza bolognese Nomisma ha stimato che il giro d’affari degli stabilimenti balneari ammonta almeno a 15 miliardi di euro – e figuriamoci se non c’è del sommerso anche qua — a fronte dei 115 milioni di euro di canoni imposti nel 2019 e di cui solamente 83 riscossi dallo Stato.
Sì, dallo Stato perché ai comuni non tocca assolutamente niente, mentre le regioni possono arbitrariamente applicarvi una sovrattassa che almeno in Toscana arriva al 25%.
E mentre viene accolto a braccia aperte l’arrivo di Armani a Forte dei Marmi dove l’imprenditore ha appena acquistato uno stabilimento balneare, una procedura di infrazione pende sull’Italia per la violazione della direttiva dell’Unione europea 2006/123/CE – detta anche direttiva Bolkestein — che prevede la messa a gara dei siti balneari in concessione alla fine della loro naturale scadenza. L’Italia, infatti, non solo ha prorogato fino al 2033 la durata delle concessioni durante il Governo Lega-M5s, ma ha pure riaffermato con forza questa posizione durante il Governo Conte II, rischiando così una pesante sanzione economica.
Ovviamente il tema delle gare non deve oscurare la questione centrale della giustizia e dello sfruttamento ambientale, ma costituisce comunque un altro elemento di instabilità di un modello di sviluppo miope e ingiusto.
La mancanza di lidi accessibili rappresenta una grave privazione di un bene pubblico che in linea di principio dovrebbe essere fruibile liberamente e compatibilmente con il rispetto ambientale da tuttə, senza che residenti e turistə siano costrettə a pagare cifre spesso neanche troppo modiche per godere di una delle risorse naturali più importanti e suggestive come il mare. Questa forzata limitazione si coniuga negativamente anche con l’emergenza sanitaria in corso, la quale ha messo a dura prova il mantenimento del distanziamento sociale in quei rari e stretti fazzoletti di spiaggia libera sparsi sulla costa nord della Toscana.
Dall’incessante edificazione e sfruttamento dei lidi degli ultimi decenni consegue inoltre un forte stress ambientale e una deformazione del paesaggio marittimo difficilmente reversibile; un panorama che ormai ha perso del tutto il suo profilo naturale a favore di quello antropico.
Ecco, “non trovare l’acqua al mare” in questo caso non è più solo un simpatico modo di dire.
Comitato LuMaCa — Lucca Massa Carrara