[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1494317733597{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]
Se nel malconcio sistema penale italiano c’è un istituto che non aveva bisogno di modifiche, rispetto alla sua formulazione originaria, è quello che regola la legittima difesa.
Ed infatti, un legislatore consapevole dei fondamenti della scienza penale, seppure fascista, aveva disciplinato la materia come si faceva un tempo, con poche parole, un solo comma di un solo articolo: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
Dettando pochi e semplici principi costituiti dallo stato di necessità, l’attualità di un pericolo e la proporzione tra quest’ultimo e l’azione difensiva, il legislatore aveva dato al giudice tutti gli strumenti per decidere il caso concreto.
L’ansia di privare il giudice di ogni discrezionalità aveva spinto il Parlamento, con relatore di Forza Italia, per capire chi di solito si occupa di queste cose, ad approvare nel 2006 la modifica della norma con l’introduzione, al comma secondo, della controversa “legittima difesa domiciliare”, con la quale ‑come oggi- si faceva largo il concetto per cui la difesa è sempre legittima dentro alle mura di casa. La giurisprudenza, degradando la difesa domiciliare a sottospecie della legittima difesa regolata dal comma primo, ha definitivamente stabilito che anche tra le mura di casa non viene meno il requisito della (necessaria, per evitare la punizione) proporzionalità tra l’offesa e la difesa.
Oggi il legislatore, che pure è di colore diverso da quello del 2006, ha deciso di intervenire nuovamente, perseguendo sostanzialmente il medesimo intento di quello forzista.
Ha introdotto all’art. 59 c.p. la previsione per cui si considera legittima difesa “la reazione a un’aggressione commessa nel domicilio in tempo di notte ovvero la reazione a seguito dell’introduzione nei luoghi ivi indicativo violenza alle persone o alle cose ovvero con minaccia o con inganno”.
Dopo pochi giorni dall’approvazione del testo alla Camera pare già superfluo ogni ulteriore commento sul riferimento al tempo di notte. Si tratterebbe di sparare sulla croce rossa. Basti dire in questa sede che principio fondamentale del diritto penale è quello della determinatezza del precetto incriminatore, con il quale lo scendere delle tenebre mal si concilia, essendo appunto momento necessariamente indeterminato.
Quello che invece merita di essere evidenziato è che, con la locuzione “fermo quanto previsto dal comma primo” il legislatore, temo senza rendersene conto, sterilizza l’intervento. Ed infatti il richiamo al comma precedente comporta che, anche buio, la difesa non è sempre legittima, ma solo quando rispetti i canoni sopra richiamati della proporzionalità, della concretezza del pericolo e dell’offesa ingiusta a un diritto.
Nessuna conseguenza concreta, dunque. Con la sconfortante consapevolezza che i cittadini dovranno ringraziare l’inadeguatezza di un legislatore che non è neppure in grado di perseguire gli obiettivi che si propone.
Ma non finisce qui: la camera ha anche votato una ulteriore modifica, introducendo un nuovo ultimo comma all’art. 59 c.p., così formulato: “Nei casi di cui all’art. 52, secondo comma, la colpa dell’agente è sempre esclusa quando l’errore è conseguenza del grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione”.
Anche in questo caso la scelta del legislatore risulta incomprensibile. L’art. 59 regola “Le circostanze non conosciute o erroneamente supposte”. E dunque, l’introduzione della modifica nell’ambito dell’articolo 59 comporta la sua applicabilità solo in relazione ai casi in cui il pericolo (che giustificherebbe la reazione) non sia reale, ma solo erroneamente ritenuto tale (scriminante putativa). E’ molto difficile, evidentemente, che un pericolo solo supposto e non concretizzatosi possa provocare il grave turbamento psichico che giustificherebbe la reazione. Al contrario, l’espresso riferimento all’art. 59 impedisce che la modifica legislativa possa applicarsi ai casi in cui il pericolo si verifichi realmente e, dunque, impedisce che possa operare in relazione alle ipotesi di eccesso colposo di legittima difesa, che forse avrebbe meglio risposto ai desiderata del legislatore.
Ciò si dice al netto del fatto che pure per questo secondo intervento risulta leso il principio di determinatezza, con ovvie conseguenze in ordine alla legittimità costituzionale della norma. Sarà infatti particolarmente arduo stabilire quando sia intervenuto un turbamento psichico e quando questo abbia i canoni della gravità.
Infine, il legislatore ha disposto che, nel caso in cui la legittima difesa venga ritenuta sussistente, le spese legali di chi sia stato incriminato, saranno a carico dello Stato. La disposizione rappresenta un unicum, perché in nessun altro caso, se non in ragione delle condizioni di reddito e, comunque, a prescindere dalla natura del reato contestato, lo Stato accetta di accollarsi le spese. Le previsioni di spesa per questo bislacco intervento ben potevano essere utilizzate affinché gli organi preposti alla sicurezza dei cittadini possano garantirla in condizioni meno disagiate rispetto a quelle in cui versano.
In conclusione, ancor prima che commentare la deriva populista del legislatore, che si occupa della materia penale nel costante tentativo di blandire le pulsioni più retrograde, finendo chiaramente per alimentarle, conviene sottolinearne la assoluta inadeguatezza e l’incapacità nel maneggiare il delicatissimo strumento penale e punitivo, con i risultati sopra visti, che più che preoccupare per gli effetti sul sistema espongono il Parlamento al pubblico ludibrio.
Aveva ragione Flaiano: la situazione politica in Italia è grave ma non è seria.
Andrea Gaddari
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]