[vc_row][vc_column][vc_column_text]In questi giorni riemerge all’onor della cronaca l’ormai famigerato disegno di legge Pillon che, a parte la lettera scarlatta cucita sugli indumenti delle adultere e il rogo, per il resto ha riesumato il peggio del “pensiero oscurantista applicato”, transitandolo attraverso una proposta di decreto legge che tratta di “affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”, ma che ha ben altre dirette e indirette conseguenze.
Potete informarvi rapidamente su chi sia Simone Pillon e quale sia la sua proposta aprendo i link e potete comprenderne appieno la reale portata e le reali conseguenze sia andando a rileggere questo articolo del Post («Il ddl pillon spiegato bene») benché l’iter sia ormai avanzato rispetto alla data in cui l’articolo è stato scritto, oppure acquistando e leggendovi I nostri corpi come anticorpi , il libro che Beatrice Brignone e Francesca Druetti (rispettivamente, segretaria e componente del comitato organizzativo di Possibile), hanno scritto sul tema: anzi sul “problema” rappresentato da Pillon, dal suo pensiero e soprattutto, dal suo retropensiero, e dal suo decreto.
In breve:
Il disegno di legge Pillon nasce da uomini che vedono le donne come nemiche, usurpatrici di spazi e di poteri che devono rimanere appannaggio maschile. Uomini che non accettano di essere messi in discussione, né tantomeno che gli si dica di no. Uomini che odiano le donne. Una retorica tanto falsa quanto studiata che tenta di ridare slancio al negazionismo nato negli anni Novanta, a pochi anni di distanza dalle prime e parziali conquiste delle donne. Il piano contro le donne che questi uomini stanno mettendo in atto viene da lontano, è ben radicato e sostenuto. Dobbiamo averne consapevolezza, per essere pronti a contrastarlo, tutte e tutti insieme.
Immediata è l’assonanza con altri negazionismi, e con altre necessità di assumere consapevolezza per intraprendere una radicale e assoluta azione di contrasto immediata: quelli relativi all’emergenza climatica.
Dal Politicamp 2019 di Possibile svoltosi per questo 10° anno a Senigallia, dove la parola d’ordine è stata For Future perché è li che bisogna guardare, ed è con quello sguardo lì — quello di Greta Thunberg e di tanti giovani e “diversamente giovani” come me — che bisogna indagare il presente, ascoltando il passato, è emerso chiaramente che si risponde a questa emergenza solo mettendo finalmente insieme conoscenze, competenze, analisi, problemi e soluzioni, politica e società civile, perché, oggi, solo dando risposte che risolvano più questioni insieme è possibile guardare ad un possibile futuro: e le risposte non può mai darle uno solo, ma tutta una comunità!
E’ con questa chiave quindi che voglio riprendere e riproporre, riascoltandolo insieme, quello che “ci disse” l’Europa con la proposta di risoluzione 2017/2086(INI) sulle donne, le pari opportunità e la giustizia climatica: che come tante cose buone e positive dell’Europa da noi, in Italia, pare lettera morta.
L’invito, ovviamente, è di leggerla con attenzione, ma gli elementi focali sono sostanzialmente riassunti nel Parere della Commissione per gli Affari Esteri:
A. gli effetti negativi dei cambiamenti climatici possono portare alla migrazione; alla protezione delle persone sfollate per ragioni ambientali non è stata prestata sufficiente attenzione; l’impatto del cambiamento climatico si ripercuoterà in modo più grave sui paesi meno sviluppati, sulle comunità più vulnerabili e sulle regioni insulari sensibili che sono più dipendenti dalle risorse naturali per il loro sostentamento o che dispongono di una minore capacità e di strumenti insufficienti per adattarsi al cambiamento climatico, sebbene i principali responsabili storici del cambiamento climatico siano i paesi più ricchi del mondo;
B. le donne sono più vulnerabili al cambiamento climatico e rappresentano il 70 % degli 1,2 miliardi di persone che guadagnano meno di un dollaro al giorno; il cambiamento climatico accentua le disuguaglianze di genere in relazione, tra l’altro, al traffico di esseri umani; l’accesso e il controllo limitati in termini di risorse produttive e maggiori restrizioni ai diritti danno loro minori opportunità di determinare decisioni e influenzare la politica, come riconosciuto ufficialmente dopo la 13a Conferenza delle parti sul cambiamento climatico (COP13) tenutasi a Bali nel 2007;
C. esiste un legame diretto tra i cambiamenti climatici e il loro impatto sul degrado ambientale, la sicurezza alimentare e idrica, l’accesso alle risorse naturali, la salute umana e la migrazione e questi fenomeni minacciano direttamente o indirettamente il pieno godimento dei diritti umani, compresi i diritti alla vita, all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, al cibo, alla salute e agli alloggi; il cambiamento climatico può portare a disastri economici e a instabilità politica e sociale che possono determinare gli sfollamenti e la fuga indotti da conflitti e dal clima; i progetti estrattivi in aree naturali di particolare interesse mettono in pericolo le comunità locali e gli altri gruppi vulnerabili, comprese le donne, e acuiscono i cambiamenti climatici;
D. le conseguenze negative del cambiamento climatico pregiudicano le prospettive di sviluppo di un paese e costituiscono un fattore aggravante delle disparità di genere già esistenti (attraverso numerosi determinanti socioeconomici, istituzionali, culturali e politici); il cambiamento climatico può essere considerato come un catalizzatore dei problemi ambientali e umanitari, in quanto i suoi effetti avversi sono direttamente correlati al degrado ambientale;
E. l’uguaglianza tra donne e uomini è un principio fondamentale dell’Unione europea e dei suoi Stati membri e la sua promozione uno dei principali obiettivi dell’Unione; l’azione sul clima è una priorità fondamentale e i decisori politici non possono permettersi di ignorare il contributo intellettuale e attivo delle donne; la politica climatica ha un impatto diretto sull’uguaglianza di genere e sull’emancipazione delle donne e le donne sono fondamentali per le soluzioni intese a mitigare le sfide climatiche e ad adattarvisi;
F. secondo l’Organizzazione internazionale delle Nazioni Unite per la migrazione, entro il 2050 gli sfollati a causa del cambiamento climatico potrebbero essere 200 milioni; secondo il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), l’Africa e la sua popolazione sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dell’esposizione al cambiamento climatico;
G. la convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati non contempla la categoria dei “rifugiati climatici”.
A queste premesse seguono 9 punti, di cui 7 punti cardine che la Commissione affari esteri sottopone all’attenzione della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, promotrice della risoluzione:
1. il cambiamento climatico aggrava le disparità esistenti e le donne e le ragazze sono tra le più colpite dal cambiamento climatico; che le persone che vivono in ambito rurale nei paesi in via di sviluppo, segnatamente le donne, sono particolarmente vulnerabili, in quanto spesso dipendono dalle risorse naturali, svolgono gran parte del lavoro agricolo, in particolare nella produzione alimentare e nella ricerca di acqua e combustibile per la famiglia, e sono molto spesso coloro che si fanno carico della maggior parte del lavoro non retribuito nelle famiglie e nelle comunità; sottolinea che l’agricoltura è direttamente collegata alle condizioni ambientali; sottolinea che le donne, trovandosi in prima linea, sono le prime ad essere confrontate con l’ingiustizia e la povertà;
2. l’innovazione nell’agricoltura può contribuire alla coltivazione di prodotti agricoli più resilienti ai cambiamenti climatici, il che permetterebbe rendimenti migliori e più prevedibili e fornirebbe livelli di reddito più elevati per gli agricoltori, le famiglie e le comunità locali;
3. il cambiamento climatico esige una risposta sensibile alla dimensione di genere e basata sui diritti umani; chiede l’effettiva partecipazione delle donne al processo decisionale a tutti i livelli, compresi i negoziati internazionali sul clima, al fine di sviluppare risposte di genere per affrontare le ineguaglianze di base; insiste sull’importanza fondamentale della formazione delle ragazze e delle donne in varie discipline, nell’ottica di creare opportunità economiche, e sulla necessità di finanziare la partecipazione delle donne ai processi decisionali su scala internazionale;
4. l’emancipazione di tutte le donne e ragazze costituisce un obiettivo esplicito da raggiungere in tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile; insiste, a questo proposito, sul fatto che la Commissione e gli Stati membri sostengano attivamente un ruolo più forte delle donne in tali negoziati; invita la comunità internazionale a prendere in considerazione la prospettiva di genere e le priorità specifiche femminili nel finanziare iniziative e nel sostenere nuove tecnologie per affrontare il cambiamento climatico; appoggia pienamente, a tale riguardo, i programmi a favore dell’imprenditorialità che sono stati avviati e che sono finalizzati alla piena partecipazione delle donne;
5. la necessità che le donne siano coinvolte nell’attuazione e nell’esecuzione della politica ambientale a livello nazionale e locale, tenendo conto del fatto che le conoscenze e le esperienze delle donne locali possono essere utilizzate per garantire l’efficacia delle politiche;
6. prende atto con preoccupazione dello sfollamento delle popolazioni legato al clima, contesto in cui le donne con figli e le ragazze giovani costituiscono i gruppi più vulnerabili e sono esposte a violazioni dei loro diritti fondamentali; chiede che lo sfollamento indotto dal clima venga preso seriamente, è aperto ad una discussione sull’istituzione di una disposizione sulla “migrazione climatica”; chiede di istituire un gruppo di esperti per valutare tale questione a livello internazionale e chiede che la questione della migrazione climatica sia iscritta all’ordine del giorno internazionale; chiede una cooperazione internazionale rafforzata al fine di garantire la resilienza climatica;
7. invita la Commissione a garantire un approccio di genere che assicuri che i diritti delle donne, la promozione delle pari opportunità e la giustizia climatica siano integrati attraverso i programmi strategici nazionali e regionali, il piano d’azione sui diritti umani e la democrazia e i suoi dialoghi sui diritti umani con i paesi terzi e chiede che si tenga conto del genere come obiettivo generale e trasversale in tutte le politiche relative al cambiamento climatico.
Una sfida epocale, alla quale l’Italia di oggi come si presenta? Con il decreto Pillon in rampa di lancio e con la nomina a ministro agli affari europei, dell’ex Ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, ben noto per le sue posizioni molto conservatrici, soprattutto su temi come aborto, diritti delle donne, diritti LGBTI e richiedenti asilo. Come affidare i propri figli a Erode .
D’altronde cosa possiamo dire delle politiche di genere e delle strategie per le pari opportunità attuate nel nostro paese?
In un Europa che va comunque avanti a passi di lumaca nel 2017 rispetto al Gender equality index l’Italia si posiziona a 62.1 punti, sotto la media europea (66.2), poco sopra a Malta (60.1) e sotto l’Austria (63.3). Inutile dire che al top si piazzano Svezia (82.6), Danimarca (76.8) e Finlandia (73.1): i paesi più sviluppati e avanzati nella parità di genere, guarda caso, lo sono anche dal punto di vista delle strategie per affrontare l’emergenza climatica.
Non va meglio a livello globale. Nell’ultimo Global Gender Gap Report 2018 su 149 paesi indagati relativamente ai quattro principali parametri di genere analizzati (Partecipazione ed opportunità economiche; Istruzione Alfabetizzazione, Salute e aspettativa di vita in salute, Valorizzazione politica) l’Italia è appena al 70° posto.
Politiche e scelte fallimentari anche quelle di affidare, ormai quattro anni fa con la “riforma Delrio”, a Provincie e Città Metropolitane anche la funzione fondamentale del «controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale». Queste istituzioni fiaccate da tagli e crisi di risorse umane ed economiche spesso non hanno neppure previsto l’istituzione della funzione stessa e i Comitati Unici di Garanzia (CUG) che nel 2010 hanno sostituito e assorbito i Comitati pari opportunità e mobbing, sono spesso dei simulacri, delle “foglie di fico” atte a nascondere l’assoluta insipienza e ineluttabile incapacità e mancanza di volontà reale delle amministrazioni locali, di voler incidere e operare fattivamente nell’attuazione delle funzioni e compiti loro assegnati.
Neppure di fronte ad azioni estreme quali le dimissioni delle componenti sindacali, che formano la quota paritaria dei componenti dei CUG, come accaduto ad esempio nella Città Metropolitana di Genova, per cercare di scuotere le amministrazioni obbligate ad istituire questi comitati e a redigere e aggiornare i Piani triennali delle Azioni Positive, sono stati ottenuti risultati.
E da febbraio di quest’anno, senza che le Organizzazioni Sindacali siano state ancora chiamate a confrontarsi su nuove concrete azioni e impegni promessi “sulla carta” ma mai assolti, l’ente va per la sua strada senza un CUG istituito, senza un piano aggiornato, e senza che dirigenti e amministratori competenti vengano in alcun modo sanzionati per questo. La norma va cambiata.
Intanto femminicidi, violenza di genere, discriminazioni sul lavoro, difficoltà di accesso al lavoro, alla partecipazione, e alle cure, aumentano, i diritti diminuiscono, quelli dati per acquisiti vengono pesantemente attaccati, e retrocediamo: non più lumache, ma gamberi: si va all’indietro!
Per questo forze che, come Possibile, credono che la sfida climatica sia una sfida globale, epocale, che ne racchiude tante, grandi e complesse, chiamano a raccolta tutte le forze civili e sociali, i singoli, i partiti, i comitati, i movimenti, le associazioni per farsi corpo unico condividendo 7 punti cardine da declinare e sviluppare insieme, dal locale al globale e dal globale al locale. Ma occorre fare presto, che non c’è più tempo: le soluzioni ci sono, mettiamo insieme le volontà e le forze, “for future”.
Domani potremmo dover raccontare che “ce lo disse l’Europa”. La storia e come andrà a finire dobbiamo (e possiamo) deciderli e scriverli adesso.
Roberta Burroni
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Guarda i video del panel conclusivo del Politicamp:
Beatrice Brignone – Resistenti
Giuseppe Civati – Il passaggio della borraccia
Paolo Cosseddu – Firmamento[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]