L’ennesimo suicidio di uno studente a Salerno deve portarci a ripensare l’Università

Le sole parole di cordoglio non bastano più così come le inutili commemorazioni se poi si tornerà alla vita universitaria di tutti i giorni facendo finta - per l'ennesima volta - che nulla sia successo.

Sgo­men­to e dolo­re per l’ennesimo sui­ci­dio all’U­ni­ver­si­tà degli stu­di di Salerno. 

Nun­zio, stu­den­te di ven­ti­set­te anni iscrit­to al cor­so di Eco­no­mia e Mana­ge­ment, si è lan­cia­to dal quar­to pia­no del Par­cheg­gio del Mul­ti­pia­no, pro­prio lì dove già sei anni fa una stu­den­tes­sa cilen­ta­na deci­se di por­re fine alla sua vita allo stes­so modo.

Due anni pri­ma anco­ra, stes­so tra­gi­co desti­no per un altro stu­den­te but­ta­to­si nel vuo­to dal­la Biblio­te­ca Scientifica.

Una cosa assur­da­men­te inquie­tan­te che acca­de in un con­te­sto che dovreb­be rap­pre­sen­ta­re l’esatto con­tra­rio: un luo­go sicu­ro, inclu­si­vo, fat­to di ami­ci­zia, amo­re e rispet­to reci­pro­co. L’università, inve­ce, si sta tra­sfor­man­do in una real­tà fat­ta di soli­tu­di­ne e di ansia, dove la com­pe­ti­zio­ne è l’unica cosa che con­ta e la rea­liz­za­zio­ne per­so­na­le si fon­da esclu­si­va­men­te sul rag­giun­gi­men­to degli obiet­ti­vi che la socie­tà impo­ne a tut­te e a tut­ti noi. Il man­ca­to tra­guar­do è clas­si­fi­ca­to come un insuc­ces­so, un fallimento.

I ser­vi­zi di soste­gno psi­co­lo­gi­co, peral­tro insuf­fi­cien­ti, non pos­so­no basta­re. Va ripen­sa­to inte­gral­men­te que­sto model­lo di stu­dio così oppres­si­vo che si cela die­tro il con­cet­to di meri­to. Un siste­ma ipo­cri­ta che spac­cia per ugua­glian­za quel­la che inve­ce è una spie­ta­ta competizione.

Già, il MERITO. Que­sta paro­li­na magi­ca che ormai vie­ne ripe­tu­ta come un man­tra, nei gior­na­li, in TV, nel­le scuo­le, negli ate­nei e di cui il nostro attua­le Gover­no ne fa un van­to tan­to da ribat­tez­za­re, due anni fa, quel­lo che era il Mini­ste­ro del­l’I­stru­zio­ne in Mini­ste­ro del­l’I­stru­zio­ne e del Merito.

Tutt3 noi student3 sia­mo chiamat3, in nome del Meri­to, ad una cor­sa fre­ne­ti­ca per rag­giun­ge­re l’a­go­gna­to tra­guar­do del­la Laurea.
Venia­mo caricat3 di aspet­ta­ti­ve, allevat3 dal­la nostra uni­ver­si­tà pro­prio come fos­si­mo dei “caval­li da cor­sa”; che devo­no arri­va­re alla meta nel minor tem­po pos­si­bi­le, per per­met­te­re così all’A­te­neo di sca­la­re clas­si­fi­che atte­stan­do­si fra i più performanti. 
Fra i pri­mi per il maca­bro record di student3 che deci­do­no di far­la fini­ta, semmai.

Le sole paro­le di cor­do­glio non basta­no più così come le inu­ti­li com­me­mo­ra­zio­ni se poi si tor­ne­rà alla vita uni­ver­si­ta­ria di tut­ti i gior­ni facen­do fin­ta — per l’en­ne­si­ma vol­ta — che nul­la sia successo.

L’aumento del disa­gio, soprat­tut­to in età gio­va­ni­le, va affron­ta­to con­cre­ta­men­te. Di sicu­ro le misu­re a tute­la del­la salu­te men­ta­le sono uno stru­men­to neces­sa­rio per fron­teg­gia­re que­sta emer­gen­za. Come denun­cia­to da diver­se testi­mo­nian­ze, quel­le esi­sten­ti in Ate­neo sono ina­de­gua­te. Non sono più ammes­si ritar­di, occor­ro­no rispo­ste imme­dia­te. Ma que­sta, riba­dia­mo, non può esse­re la sola azio­ne mes­sa in campo.

Va ripen­sa­ta l’attuale idea di uni­ver­si­tà frut­to del­le rifor­me avve­nu­te negli ulti­mi decen­ni che ne han­no modi­fi­ca­to le fondamenta. 
L’università non può più esse­re gesti­ta come un’azienda in cui con­ta­no sol­tan­to il pri­ma­to e il suc­ces­so. L’obiettivo deve tor­na­re ad esse­re la formazione.

Pos­si­bi­le si strin­ge attor­no agli affet­ti del ragaz­zo e all’intera comu­ni­tà stu­den­te­sca in que­sto momen­to di sconforto.

Simo­ne Mautone

Comi­ta­to Pos­si­bi­le AMINA Pon­te­ca­gna­no Faiano

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