Lesbo: non è umano il genere umano

L’appello va a tutti voi, esseri umani che avete ancora il coraggio di essere umani: che queste ore, diventate giorni, non svaniscano dalla nostra memoria. Teniamo alta l’attenzione su Grecia e Turchia e chiediamo, anzi pretendiamo un segnale immediato dalle istituzioni.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Sul dizio­na­rio, la voce “uma­no” reci­ta: «che rive­la sen­ti­men­ti di com­pren­sio­ne e di equi­tà, che ha un atteg­gia­men­to aper­to, soli­da­le ver­so gli altri». Tut­ta­via, a segui­to di ciò che sta acca­den­do in que­sti gior­ni al con­fi­ne tra Gre­cia e Tur­chia vie­ne da chie­der­si qua­le lega­me ci sia tra l’a­per­tu­ra e la soli­da­rie­tà e l’es­se­re uma­no, appun­to. Mor­te, chiu­su­ra e sof­fe­ren­za sem­bra­no con­cet­ti e paro­le for­se più ade­gua­ti e veri­tie­ri per descri­ve­re l’umano.

Nel­le ulti­me ore l’Idlib, ter­re­no di con­flit­to tra Anka­ra e Dama­sco, è avvia­to ver­so un’escalation del con­flit­to, con Erdo­gan da una par­te, Putin dall’altra e in mez­zo i civi­li, loro, i “clan­de­sti­ni”, i “migran­ti ille­ga­li”, gli esse­ri uma­ni che scap­pa­noquel­li che la Tur­chia bloc­ca dal 2016.

Nel frat­tem­po, la Tur­chia ha aper­to i così tan­to temu­ti con­fi­ni per 72 ore. Temu­ti per­ché? Per­ché evi­den­te­men­te la loro aper­tu­ra por­ta all’esposizione del­la fac­cia nasco­sta dell’Europa, quel­la disu­ma­na.

E così, dopo poche ore, i poli­ziot­ti gre­ci respin­go­no tra cari­che e lacri­mo­ge­ni cir­ca 4 mila migran­ti, la Guar­dia Costie­ra gre­ca cer­ca di far nau­fra­ga­re le bar­che, addi­rit­tu­ra spa­ran­do con col­pi d’ar­ma da fuo­co con­tro indi­vi­dui iner­mi. E poi loro: le per­so­ne a Lesbo — uma­ni, avve­le­na­ti da popu­li­smi e sovra­ni­smi — che guar­da­no negli occhi i pro­pri simi­li invi­tan­do­li ad anda­re a mori­re. Bru­cia­no un cen­tro di acco­glien­za. Intan­to, l’immaginario di un’Eu­ro­pa uma­na, con­te­nu­to negli occhi di chi la sogna, divie­ne incu­bo e carneficina.

Tut­to alla luce del sole, davan­ti gli occhi di tut­ti. E l’Europa rispon­de: «Sta­bi­li­re­mo una discus­sio­ne più inten­sa con Anka­ra». Ricor­dan­do che abbia­mo un accor­do. Quell’accordo va strac­cia­to. (E noi ita­lia­ni lo dovrem­mo capi­re bene visto che da strac­cia­re abbia­mo i nostri, di accordi)

Intan­to, si con­ti­nua­no a usa­re gli esse­ri uma­ni come armi, per minac­cia­re, per colpire.

È al con­fi­ne tra Gre­cia e Tur­chia che muo­re la nostra idea di Euro­pa, il nostro pro­get­to di Euro­pa, la cor­te di Stra­sbur­go, la Cor­te inter­na­zio­na­le di Giu­sti­zia. Muo­io­no le isti­tu­zio­ni. Assie­me a colo­ro che non rite­nia­mo degni di entra­re in Euro­pa annien­tia­mo — con le peg­gio­ri pra­ti­che cri­mi­na­li — l’Europa stes­sa. E cam­bia ciò che è e ciò che non è uma­no. Per­ché quel­lo che sta suc­ce­den­do a Lesbo non è uma­no.

L’appello va a tut­ti voi, esse­ri uma­ni che ave­te anco­ra il corag­gio di esse­re uma­ni: che que­ste ore, diven­ta­te gior­ni, non sva­ni­sca­no dal­la nostra memo­ria. Tenia­mo alta l’attenzione su Gre­cia e Tur­chia e chie­dia­mo, anzi pre­ten­dia­mo un segna­le imme­dia­to dal­le istituzioni.

L’Europa non lasci più sola sé stessa.

Jes­si Kume[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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