La prefetta di Roma Paola Basilone descrive lo sgombero di rifugiati — regolarmente soggiornanti in Italia ma in situazione di disagio abitativo — con idranti e manganelli “un’operazione di cleaning”, di pulizia, finalizzata a “riportare l’ordine a piazza Indipendenza e ristabilire le regole”.
Mi permetto di rivolgerle una lettera aperta per farle comprendere che le regole da ristabilire non sono solo quelle di ordine pubblico, le uniche che l’alta funzionaria sembra conoscere.
Sarò didascalico, ma se persino le istituzioni iniziano a parlare il dialetto leghista, bisogna provare a ristabilire davvero un po’ di ordine (anche linguistico).
Sì, perché parlare di cleaning quando si ha a che fare con lo sgombero di persone (tra cui donne e bambini) significa dire — solo in modo un po’ più garbato ma assai ipocrita — che quelle persone sono come rifiuti da rimuovere con la famigerata ruspa.
E un alto funzionario statale, che deve essere fedele alla Costituzione e leale alla Repubblica, non può parlare come un salvini qualsiasi.
Ecc.ma Sig.ra Prefetta di Roma,
la sua difesa istituzionale dell’operazione di ordine pubblico realizzata in Piazza Indipendenza attinge ad un linguaggio inammissibile per una funzionaria statale: cleaning significa pulizia e lo sgombero di persone non è un’operazione di “pulizia”, semmai un’operazione di polizia, in questo caso compiuta violando alcune regole.
Se rimuovere persone da un luogo pubblico viene considerata un’operazione di cleaning, cioè di pulizia, appunto, le persone diventano “rifiuti”.
Siccome nella fattispecie si tratta di rifugiati, titolari di un regolare permesso di soggiorno in Italia, questo linguaggio non può essere usato.
Nemmeno da Lei, soprattutto da Lei che rappresenta lo Stato in quel territorio.
E quando Lei aggiunge che si tratta di “ristabilire le regole” mostra una cultura giuridica assai approssimativa e Le spiego perché. Queste persone hanno lo status di rifugiato e come tali per legge — quella che Lei ha il dovere di conoscere e di applicare nella sua interezza, non limitandosi al Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1931 e al recente decreto Minniti-Orlando — non possono essere presi da un alloggio occupato abusivamente, messi in strada e da qui rimossi con idranti e manganelli.
Le ricordo l’art. 2 del Testo Unico Immigrazione (legge Turco-Napolitano modificata dalla Bossi-Fini): “1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.
2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente.”
L’art. 19 del D.Lgs. 251/2007, in attuazione della Direttiva 2004/83/CE stabilisce, in ordine al contenuto della protezione internazionale, che
“1. Le disposizioni del presente decreto non pregiudicano i diritti stabiliti dalla Convenzione di Ginevra.
2. Nell’attuazione delle disposizioni del presente capo, si tiene conto, sulla base di una valutazione individuale, della specifica situazione delle persone vulnerabili, quali i minori, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, i minori non accompagnati, le vittime della tratta di esseri umani, le persone con disturbi psichici, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.
2‑bis. Nell’attuazione delle disposizioni del presente decreto è preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del minore.”
Ecco, il rastrellamento dei rifugiati accampati (loro malgrado) in Piazza Indipendenza a Roma, non ha rispettato i diritti dei minori (che sono stati terrorizzati dalla brutalità dell’intervento) ne’ quelli dei soggetti vulnerabili richiamati dalla norma. Sul campo sono rimasti 13 feriti, tutti tra i rifugiati, sintomatico del fatto che c’è stato chi ha sferrato a freddo un attacco e chi lo ha subito in tutta la sua violenza.
Si è tentato anche di dividere gli uomini dalle donne per diverse destinazioni, senza tenere conto che secondo l’art. 22 “E’ tutelata l’unità del nucleo familiare dei beneficiari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria.”
Quanto al fondamentale diritto di avere un tetto sulla testa, l’art. 27 stabilisce che “1. I titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria.” e l’art. 29 comma 3 ter dice chiaramente che “L’accesso ai benefici relativi all’alloggio previsti dall’articolo 40, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e’ consentito ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, in condizioni di parita’ con i cittadini italiani.”
Il D.Lgs. 142/2015 sulle misure di accoglienza stabilisce che “. Il sistema di accoglienza per richiedenti protezione internazionale si basa sulla leale collaborazione tra i livelli di governo interessati” (art. 8), che nei centri di prima accoglienza “sono assicurati il rispetto della sfera privata, comprese le differenze di genere, delle esigenze connesse all’età, la tutela della salute fisica e mentale dei richiedenti, l’unità dei nuclei familiari composti da coniugi e da parenti entro il primo grado, l’apprestamento delle misure necessarie per le persone portatrici di particolari esigenze ai sensi dell’articolo 17. Sono adottate misure idonee a prevenire ogni forma di violenza e a garantire la sicurezza e la protezione dei richiedenti.” (art. 10) e infine che “Il richiedente che ha formalizzato la domanda e che risulta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari, ha accesso, con i familiari, alle misure di accoglienza del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) predisposte dagli enti locali” (art. 14).
Vi è dunque un preciso obbligo di legge che incombe a diverso titolo su diversi livelli istituzionali, Prefettura e Comune in primis, di assicurare l’accoglienza ai rifugiati, come tali riconosciuti dalle competenti Commissioni territoriali e costoro non possono essere sgombrati e rastrellati come delinquenti o comunque soggetti pericolosi per la sicurezza e l’ordine pubblico.
Ripulire (uso questo termine in coerenza dialettica col Suo cleaning) una piazza (luogo pubblico) con idranti e manganelli, da persone inermi, indifese, innocue per la sicurezza e l’ordine pubblico e peraltro appartenenti ad una categoria cui la legge impone di garantire dignità e rispetto dei diritti fondamentali, significa compiere un atto illegittimo.
L’intervento andava fatto dai servizi sociali e dagli addetti SPRAR, non dalla Polizia, perché si trattava di superare una situazione di disagio abitativo di persone in difficoltà.
Gli arbitri compiuti non trovano copertura nemmeno nel decreto Minniti-Orlando, sempre che se ne accolga un’interpretazione costituzionalmente orientata: davanti al diritto di asilo, diritto fondamentale riconosciuto dall’art. 10 comma 3 della Costituzione, non ci sono decoro o sicurezza urbana che tengano.
Quanto al divieto di stazionamento di nuovo conio, ammesso che si possa applicare nella fattispecie, si prevede l’accertamento di una condotta individuale, sanzionata con una pena pecuniaria o un ordine di allontanamento: idranti e manganelli non trovano alcuna giustificazione.
Ho dunque ragionevole e ragionato motivo di dubitare che l’operazione compiuta non abbia i crismi della legalità.
E poiché sono fedele alla Costituzione, alla Repubblica e alle sue leggi e non ho la sicumera e la presunzione di fare da solo un’operazione di cleaning giuridico dei fatti, affiderò i miei dubbi ad un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, organo preposto a svolgere un serio e approfondito scrutinio di legalità su quanto accaduto.