L’Europa a 2 velocità è l’opposto di quello che serve

L’idea dell’Europa delle due velocità improvvisamente tirata fuori dal governo e in particolar dal ministro Gentiloni è il tentativo di agganciare una narrazione abdicando al ruolo fondamentale e storico di questo paese di costruire strategie per l’Europa. Peccato che questa narrazione sia tossica per noi.

L’idea dell’Euro­pa a due velo­ci­tà improv­vi­sa­men­te tira­ta fuo­ri dal gover­no e in par­ti­co­lar dal mini­stro Gen­ti­lo­ni è il ten­ta­ti­vo di aggan­cia­re una nar­ra­zio­ne abdi­can­do al ruo­lo fon­da­men­ta­le e sto­ri­co di que­sto pae­se di costrui­re stra­te­gie per l’Europa. Pec­ca­to che que­sta nar­ra­zio­ne sia tos­si­ca per noi.

L’Europa a due velo­ci­tà in que­sto momen­to non esi­ste, esi­ste un’Europa a MOLTE velo­ci­tà, infat­ti non tut­ti i pae­si par­te­ci­pa­no alla tota­li­tà del­le ini­zia­ti­ve euro­pee: esi­sto­no la zona euro ma anche una zona Schen­gen, fat­te da diver­si pae­si ed altre ini­zia­ti­ve a cui par­te­ci­pa­no anco­ra altri paesi.

L’Europa quin­di viag­gia già su mol­ti cer­chi con­cen­tri­ci e la stra­te­gia di inte­gra­zio­ne ha sem­pre cer­ca­to di pro­ce­de­re con bina­ri mol­to chia­ri: si pos­so­no fare dei sal­ti in avan­ti (per que­sto è sta­ta crea­ta anche una moda­li­tà codi­fi­ca­ta, ovve­ro le Coo­pe­ra­zio­ni raf­for­za­te) men­tre si cer­ca di inte­gra­re nel­le poli­ti­che comu­ni i pae­si che anco­ra non ne fan­no par­te.

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Cer­to ad un pri­mo sguar­do le due velo­ci­tà potreb­be­ro sem­bra­re una buo­na idea: si met­to­no insie­me i 6 pae­si fon­da­to­ri su poli­ti­che raf­for­za­te e gli altri poi segui­ran­no. Il pro­ble­ma è che si trat­ta di un pas­so indie­tro: ora le poli­ti­che raf­for­za­te riguar­da­no 19 sta­ti euro­pei per l’euro, 26 per Schen­gen (com­pre­si 4 pae­si non appar­te­nen­ti all’UE), pren­do­no par­te 25 sta­ti all’area di “liber­tà, sicu­rez­za e giu­sti­zia”, men­tre la Car­ta dei dirit­ti fon­da­men­ta­li è vali­da in 26 paesi.

Que­sto per dire che tor­na­re al “noc­cio­lo” duro dei 6 pae­si fon­da­to­ri è un sal­to indie­tro e non uno in avan­ti: è il sal­to che la Ger­ma­nia e i pae­si del nord già acca­rez­za­va­no quan­do han­no pro­po­sto di far usci­re “tem­po­ra­nea­men­te” la Gre­cia dall’euro ma in real­tà le ela­bo­ra­zio­ni su un “euro del nord” in cui lascia­re solo pae­si vir­tuo­si ed un “euro del sud” in cui lascia­re i PIGS non sono mai man­ca­te. E allo­ra anda­re a pro­por­re una solu­zio­ne del gene­re sull’onda del­la cri­si dei rifu­gia­ti è peri­co­lo­so: l’idea a cui ci stia­mo con­se­gnan­do è quel­la tede­sca, quel­la del nucleo di “pae­si vir­tuo­si”, sot­to la cui eti­chet­ta il nostro pae­se potreb­be non esse­re rico­no­sciu­to e non esse­re invi­ta­to a partecipare.

Nel caso che scuo­te il con­ti­nen­te e rischia di far sal­ta­re l’UE il pro­ble­ma è il qua­dro com­ples­si­vo: gli sta­ti del nord accol­go­no ma poi chiu­do­no uni­la­te­ral­men­te le fron­tie­re, gli sta­ti del sud devo­no fare la pri­ma acco­glien­za e poi? Dato che voglia­mo tene­re in vita Schen­gen dovreb­be esser­ci una rifor­ma di Dubli­no che por­ti a quo­te auto­ma­ti­che di distri­bu­zio­ne e all’o­ne­re del­le pra­ti­che d’a­si­lo al pae­se di secon­da accoglienza.
Il pia­no del­la Com­mis­sio­ne (l’u­ni­ca che fa poli­ti­ca euro­pea sul tema) pre­ve­de poi che fun­zio­ni­no gli hotspot e si raf­for­zi­no le fron­tie­re ester­ne pos­si­bil­men­te con una guar­dia di fron­tie­ra e rim­pa­tri comu­ni. Insom­ma, tut­to si tie­ne: o si met­te insie­me il mosai­co o non si può pre­ten­de­re che fun­zio­ni il clas­si­co “arma­te­vi e par­ti­te” (da qual­sia­si par­te la si guardi)…

Il nostro pae­se avreb­be tut­to l’interesse ad esse­re inclu­si­vo piut­to­sto che cer­ca­re di esclu­de­re. Abbia­mo il pro­ble­ma di alcu­ni gover­ni del nord-est (Dani­mar­ca, Polo­nia, Unghe­ria, Slo­vac­chia) che si met­to­no costan­te­men­te di tra­ver­so rispet­to ad ogni ipo­te­si di accor­do sul tema dei rifu­gia­ti, un grup­po di pae­si che sono alla fron­tie­ra del­la pri­ma acco­glien­za (Ita­lia, Gre­cia, mol­to meno la Spa­gna) e un grup­po di pae­si che accol­go­no defi­ni­ti­va­men­te (Ger­ma­nia, Sve­zia, Fran­cia, Ita­lia, Regno Uni­to, anche la Svizzera).

Var­reb­be la pena cer­ca­re di con­vin­ce­re que­sti pae­si ad arri­va­re ad un qua­dro uni­co, cer­ca­re di com­por­re le diver­gen­ze con gli stru­men­ti che esi­sto­no nel­la poli­ti­ca euro­pea e cer­ca­re di arri­va­re a nuo­vi stru­men­ti fede­ra­li o comu­ni­ta­ri per gesti­re meglio i pro­ble­mi tut­ti insie­me. Anche per­ché il ritor­no del­le fron­tie­re rap­pre­sen­ta un dan­no eco­no­mi­co note­vo­le per il con­ti­nen­te: si par­la di un mini­mo di 28 miliardi/anno se si doves­se tor­na­re alla situa­zio­ne pre-Schengen.

La nar­ra­zio­ne del­le due velo­ci­tà fa il paio con l’altra, fal­li­men­ta­re e anch’essa tos­si­ca, del­la pro­va di for­za in ambi­to eco­no­mi­co e ban­ca­rio con la Com­mis­sio­ne, sti­le “pic­chia­re i pugni sul tavo­lo”. Signi­fi­ca non aver capi­to, anche in que­sto caso, che biso­gne­reb­be cer­ca­re allean­ze e costrui­re poli­ti­che eco­no­mi­che alter­na­ti­ve da con­trap­por­re alla Ger­ma­nia anzi­ché voler fare il muso duro con­tro le isti­tu­zio­ni comu­ni­ta­rie che comun­que han­no sem­pre cer­ca­to di com­por­re i pro­ble­mi con e tra gli sta­ti membri.

Insom­ma, alla fine biso­gna capi­re se il nostro pae­se vuo­le man­te­ne­re il suo ruo­lo di tra­di­zio­na­le costrut­to­re dell’integrazione euro­pea o vuo­le rita­gliar­si il ruo­lo di sman­tel­la­to­re, come qual­sia­si gover­no di destra che si rispetti.
Biso­gna capi­re se abbia­mo il corag­gio di spin­ge­re affin­ché l’Eu­ro­pa si defi­ni­sca con un con­fi­ne, un limes “per­ché, sen­za uno spa­zio comu­ne, sen­za un con­fi­ne con­di­vi­so: com’è pos­si­bi­le costrui­re un’i­den­ti­tà euro­pea? Sen­tir­si e dir­si euro­pei?” come scri­ve Ilvo Diamanti.

Qui c’è il pas­sag­gio deli­ca­to tra un’u­nio­ne di pae­si sui gene­ris e qual­co­sa di più strut­tu­ra­to: la costru­zio­ne pro­gres­si­va di una fede­ra­zio­ne a cui il nostro pae­se dovreb­be pun­ta­re fortemente.

Un’Europa a due velo­ci­tà insom­ma è il con­tra­rio di quel che ser­ve al con­ti­nen­te ma anche di quel­lo che ser­ve al nostro pae­se: il mini-euro e il mini-Schen­gen sareb­be­ro un sal­to all’indietro, un dan­no eco­no­mi­co, una feri­ta pro­fon­da al pro­get­to euro­peo che dif­fi­cil­men­te potreb­be rimar­gi­nar­si. Oltre al fat­to che l’Italia dif­fi­cil­men­te potreb­be ave­re posto di rilie­vo (nel cer­chio più for­te) in uno sce­na­rio simile.

Aggior­na­men­to del 05.02.2017

Pare che la Mer­kel abbia ade­ri­to all’i­dea del­l’Eu­ro­pa a due velo­ci­tà al Ver­ti­ce di Mal­ta in cui l’UE ha cer­ca­to di fare il pun­to sul­la poli­ti­ca per i pro­fu­ghi e l’im­mi­gra­zio­ne. “Riten­go che que­sto potreb­be esse­re inclu­so nel­la dichia­ra­zio­ne di Roma” in occa­sio­ne del­l’in­con­tro per i 60 anni dei Trat­ta­ti di Roma ha pro­po­sto. Que­sta pro­spet­ti­va comin­cia ad esse­re peri­co­lo­sa: si trat­ta del­la vec­chia idea del­la Ger­ma­nia di “fare da sola” con un grup­po di pae­si ami­ci, del “pia­no B” su cui ha recen­te­men­te mes­so in guar­dia anche Roma­no Prodi.

In sostan­za si trat­ta del­l’ab­ban­do­no del­l’i­dea del­l’in­te­gra­zio­ne euro­pea vista come un pro­ces­so per inclu­de­re tut­ti gli euro­pei in uno spa­zio di demo­cra­zia, benes­se­re e dirit­ti. “La solu­zio­ne più linea­re, per l’avanzamento e lo svi­lup­po demo­cra­ti­co dell’Europa, resta quel­la di rilan­cia­re l’unitarietà dell’Unione per garan­tir­ne l’accoun­ta­bi­li­ty demo­cra­ti­ca” poi­ché “un’Unione dif­fe­ren­zia­ta e a più velo­ci­tà è trop­po com­ples­sa per poter soste­ne­re un siste­ma demo­cra­ti­co” come sostie­ne Davi­de Den­ti. Accet­ta­re la visio­ne del­le due velo­ci­tà (come tan­ti nostri poli­ti­ci si sono affret­ta­ti a fare) signi­fi­ca abban­do­na­re l’o­biet­ti­vo del­la Fede­ra­zio­ne euro­pea e noi que­sto non pos­sia­mo cer­to permettercelo.

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