La mettono così. Se Syriza vincesse le elezioni in Grecia ‚metterebbe a repentaglio la tenuta dell’euro. Non è dunque nell’interesse dei paesi “virtuosi” (tra i quali, d’emblée, entrerebbe anche l’Italia) che Syriza vinca in Grecia.
In realtà, premessa l’intenzione di restare nell’euro, dalle parti di Syriza si oppone alle austerità europee un ragionamento molto semplice: è contro ogni logica che sia interesse del creditore impoverire ulteriormente il debitore insolvente.
Succede tutti i giorni: il fallimento del debitore è considerata una iattura da tutti, legislatore compreso, e ogni strumento viene messo in campo per evitarlo, primo fra tutti la ricontrattazione del debito. E’ considerato infatti interesse preminente che il debitore possa tornare al più presto membro attivo della comunità economica e ristabilire corrette relazioni anche con i suoi ex creditori.
La vicenda greca fa paura forse per questo: potrebbe mettere in luce che le motivazioni delle politiche di bilancio intraeuropee non vanno cercate nell’ambito delle logiche economiche. Parafrasando Keynes, potremmo dire che il capitalismo è un tavolino con molte gambe, e togliendone una certamente non si regge meglio.
Ma allora quali sono le logiche che tengono l’Europa intera con il fiato sospeso sulle soglie di una deflazione che appare sempre più difficile da contrastare? Perfino la (già tardiva) manovra della BCE è stata infine attuata con il freno tirato: certo, al di là di una preventiva ed effimera euforia dei mercati, difficilmente possiamo aspettarci risultati rapidi e significativi.
Anche per rispondere a questa domanda non bisogna andare lontano: finché il debito resta pendente, il debitore resta soggetto al creditore. E un popolo impoverito è certo più fragile e meno reattivo di un popolo benestante. Tuttavia, la storia insegna che c’è un limite, difficile da individuare, in cui la fragilità scivola nell’assenza di prospettive, qua e là tocca la disperazione, intacca la tenuta sociale. Tutti i paesi europei, in momenti anche diversi, hanno sperimentato quella soglia in epoca contemporanea, tranne l’Inghilterra (propriamente detta) e la Francia. Possibile che la memoria storica sia così corta?
Ecco, dalla vittoria di Syriza ci aspettiamo anche questo: un richiamo al ritorno della memoria.
Quanto ai soloni italiani, che guardano con apprensione alla Grecia, il loro problema è probabilmente un altro. La vittoria di Syriza smentirebbe quello che vanno pontificando da anni: e cioè che un sinistra sociale e autenticamente democratica “non può vincere”.