[vc_row][vc_column][vc_column_text]Marco Minniti torna, dalle pagine di Repubblica, a parlare di immigrazione e sicurezza. La novità? Non ci sono novità. La ricetta dell’ex ministro dell’Interno è, infatti, sempre la stessa, se non per il fatto che — a quanto ci risulta per la prima volta — Minniti sostiene che «i centri di accoglienza ufficiali vanno svuotati». Benvenuto, a soli due anni dall’accordo che prevedeva (e prevede tuttora) di affidarne la gestione esclusiva al governo libico. E non ci stancheremo mai di dire che non sono centri di accoglienza, ma centri di detenzione e tortura. I decreti sicurezza vanno cambiati, certo, ma non troppo. E’ necessario — a detta di Minniti — ripristinare la protezione umanitaria e l’accoglienza diffusa, mentre sulle sanzioni alle Ong non viene spesa mezza parola. D’altra parte il codice di condotta delle Ong è opera dell’ex ministro dell’interno. Sempre Minniti plaude all’operato di Lamorgese e giudica positivo il rinnovo del Memorandum con la Libia, al quale aggiungerebbe una interlocuzione diretta con i “sindaci” (tra molte virgolette) libici e una missione militare nel Mediterraneo, nel tentativo di stabilizzare il paese e di controllare flussi illeciti di merci (armi) e di persone (terroristi). La stessa identica ricetta che ha spalancato le porte a una delle peggiori destre d’Europa. La contraddizione tra l’inquadrare la Libia come un paese allo sbando, incapace di garantire minime regole di convivenza, e il plauso al rinnovo del Memorandum con la Libia non è, invece, rilevata dall’ex ministro. La preoccupazione di Minniti è piuttosto che l’Europa e la comunità internazionale «possono essere strette dentro una tenaglia fatta da due formidabili strumenti di pressione: il blocco dei pozzi petroliferi e i flussi migratori. Siamo a un passo dall’allarme rosso». Capito? A un passo dall’allarme rosso. Continuiamo a essere convinti che modifiche all’acqua di rose dei decreti siano inaccettabili. Così come è inaccettabile il rinnovo del Memorandum con la Libia. E vi invitiamo a firmare e a partecipare alla nostra mobilitazione.
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