«E il giorno dopo non succede mai un cazzo». Qualche tempo fa, quando ancora ci si indignava guardando la tv, il motto della domenica sera sui social network era esattamente questo: «E il giorno dopo non succede mai un cazzo». Puntata di Report, ennesimo scandalo, ma il giorno dopo, puntualmente, non cambiava (e non cambia) mai niente. Le persone di potere, i “responsabili”, restano ancora tutti lì, si trasformano, cambiano ruolo istituzionale, cambiano partito. Un caso di studio, se vogliamo, è quello di Roberto Formigoni, sepolto sotto le macerie della sua stessa amministrazione lombarda ma eletto senatore, presidente della commissione Agricoltura e transitato dal defunto PdL a NCD di Alfano, con conseguente sostegno ai vari governi a guida PD di Letta, Renzi e Gentiloni. Nel frattempo la regione Lombardia rimaneva nelle mani della stessa compagine, passando per Roberto Maroni e quindi Attilio Fontana.
«E il giorno dopo non succede mai un cazzo» nemmeno quando le vicende si svolgono all’interno di quello che fu il centrosinistra. Ieri sera, per l’ennesima volta, Francesca Mannocchi ha raccontato a Propaganda quel che avviene in Libia — tra fosse comuni, centri di detenzione e tortura, numeri che non tornano e quindi persone verosimilmente catturate dalla Guardia costiera libica e finite chissà dove.
Oggi — anzi: l’altroieri — non succederà un cazzo. Il governo continuerà a sostenere che la Guardia costiera libica “salva” persone in mare, continuerà a utilizzare strumentalmente l’argomento dei corridoi umanitari, continuerà con politiche di collaborazione (commerciale, soprattutto, si legga: vendita di armi) con dittatori “utili” e necessari — vuoi per bloccare le persone migranti, vuoi per interessi strategici ed energetici.
E’ una questione che riguarda solo il governo Draghi? Ma certo che no. E’ una questione che riguarda tutti i governi che hanno sottoscritto e rinnovato accordi con la Libia. Detto senza mezzi termini: il Partito democratico ci è dentro fino al collo. Quegli accordi li ha rinnovati, rinnovati ancora e difesi con forza, tanto da essere entrato in un loop da cui uscire è praticamente impossibile. E mentre qualcuno si impegnava a intercettare i giornalisti che denunciavano tutto ciò, i centri di detenzione in Libia sono rimasti lì dov’erano, zeppi di uomini, donne e bambini colpevoli di essere al mondo, e per questa colpa privati della libertà — quando va bene -, torturati, stuprati, uccisi — quando va male.