[vc_row][vc_column][vc_column_text]C’era davvero bisogno della solidarietà di esponenti del centrosinistra alla Guardia di Finanza per l’urto fra la Seawatch e la loro motovedetta? Lasciamo perdere quello di Roberta Pinotti, una “militare in carriera” membro sotto mentite spoglie della falange franceschiniana del Pd che da tutta una vita si prepara a fare — e ha poi effettivamente fatto, non benissimo a dire il vero — la ministra della Difesa, un po’ come Minniti da tutta la vita si preparava a fare il ministro degli Interni, un tipo di ambizione di cui dovremmo diffidare, a questo punto, visti i risultati. Ma la solidarietà di Zingaretti? Senza nemmeno far parola dei suoi parlamentari presenti a Lampedusa, peraltro, una curiosa scelta di priorità.
Non perché per partito preso non si possa solidarizzare con la Guardia di Finanza, per carità, ma in questa occasione? Va ricordato che quando un pubblico ufficiale esegue un ordine la responsabilità è sua, non di chi ha dato l’ordine. In questo caso, poco importa chi è stato a ordinare a una piccola motovedetta di mettersi fra la banchina e una nave molto più grande. Una nave da 600 tonnellate quando inizia la manovra di avvicinamento alla banchina non può frenare come fosse una Cinquecento, come alcuni hanno spiegato. Se un domani un tribunale dovesse stabilire che a chiedere questa folle interdizione è stato Salvini, e che quell’ordine era illegittimo — cosa che forse a questo punto si appurerà, visto che la capitana Carola è indagata — e di conseguenza la Guardia di Finanza aprisse un’indagine interna, a pagare saranno anche gli addetti in servizio quella sera, non solo il ministro. Perché si suppone che un pubblico ufficiale debba sapere se un ordine è legittimo o no, e nel caso si rifiuti di eseguirlo. Non potranno giustificarsi dicendo che hanno eseguito gli ordini, come dovremmo tutti sapere da almeno sei decadi.
Si poteva esprimere dispiacere, quindi, persino sconcerto: sconcerto per il demenziale ordine impartito, al termine di giorni e giorni di ordini altrettanti demenziali riguardanti una nave civile che aveva soccorso persone in mare e che stava agendo nel rispetto delle norme internazionali. Ma la solidarietà non c’entra niente.
A meno che non abbia ragioni politiche, specie nel caso del Pd che, pur nel nuovo corso, continua ad avere in pancia le scorie tossiche di quello vecchio: Pinotti in segreteria, e Minniti del quale — a parte Orfini e alcuni altri, va detto — i democratici non hanno ancora rinnegato il pessimo lavoro da ministro, un disastro che ha spalancato la porta alla destra peggiore che vediamo all’opera da un anno a questa parte. Minniti il quale ha poi ha detto che lui avrebbe risolto la questione in cinque minuti: certo, lasciando quelle persone alle autorità libiche che gestiscono i lager dall’altra parte del mare, alla faccia della soluzione.
Ma se così è, se l’idea è quella di dare un colpo al cerchio e una alla botte, non funziona. Non per via di un idealismo astratto, ma per questioni concretissime: che si fa se domani cade il governo e si va a elezioni politiche? Se si ricostruisce un campo alternativo all’attuale maggioranza, cosa si va a dire agli italiani sull’immigrazione, che il lavoro delle Ong è legittimo ma un po’ anche no, che le navi debbono poter attraccare ma un po’ vanno anche respinte, per non “urtare” — any sense — i militari in pattuglia sulle coste? Che Minniti in fondo non ha torto, e che quindi alla fine anche Salvini ha un po’ ragione? E perché mai gli italiani dovrebbero scegliere la copia traccheggiante invece dell’originale? Quindi no, non si può stare con la Seawatch “ma anche” con la Guardia di Finanza. Bisogna scegliere, anzi si sarebbe già dovuto, e da un pezzo.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]