[vc_row][vc_column][vc_column_text]Ieri, alle 12.22, è stato pubblicato sul sito dell’associazione Provita (a cui il Corriere della Sera aveva dedicato un articolo due anni fa per lo “storico rapporto di amicizia” tra il suo presidente, Roberto Brandi, e Roberto Fiore di Forza Nuova) un trionfante comunicato, firmato anche dal presidente dell’associazione di Generazione Famiglia Jacopo Coghe, che annunciava la “vittoria” dell’associazione contro l’introduzione del gender nelle scuole.
Così il comunicato:
“Diceva Ghandi: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci”. Con la circolare del Ministero dell’Istruzione in cui viene riconosciuto il diritto di priorità educativa dei genitori è stato premiato lo sforzo e l’impegno con i quali l’associazionismo del Family Day, superando offese e insulti ha portato avanti la battaglia per il diritto dei genitori al consenso informato nelle scuole»: è quanto hanno dichiarato Pro Vita e Generazione Famiglia, tra le associazioni promotrici del Family Day, dopo aver preso visione della circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca sul piano triennale dell’offerta formativa alle famiglie. Per Toni Brandi, presidente di Pro Vita, «un grazie speciale va rivolto al Ministro dell’Istruzione Bussetti, perché ha sottolineato con questa circolare, quindi nero su bianco, la necessità che l’informazione alle famiglie sia, d’ora in poi, esaustiva e tempestiva rispetto all’offerta formativa, rispettando quindi l’articolo 26/3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che enuncia che i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli».
Il comunicato, diffuso da La Tecnica della Scuola, DMC Magazine e stamattina dall’edizione cartacea de Il Giornale (tra gli altri) si riferisce a una circolare, firmata dalla Direttrice Generale del DGOSV Maria Assunta Palermo e dalla Direttrice Generale del GDSIP Giovanna Boda, che afferma:
“La partecipazione a tutte le attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio, ivi inclusi gli ampliamenti dell’offerta formativa di cui all’articolo 9 del d.p.r. n. 275 del 1999, è, per sua natura, facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni, o degli stessi se maggiorenni. in caso di non accettazione, gli studenti possono astenersi dalla frequenza.”
Una grandiosa vittoria dei no gender, quindi? No. Semplicemente perché, per le attività extracurriculari, il consenso dei genitori e degli studenti è sempre stato necessario.
Nel 1999 fu emanato il Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art.21 della legge 15 marzo 1999, n.59, che prevede che “i curricoli possono essere arricchiti con discipline e attività facoltative, che per la realizzazione di percorsi formativi integrati le istituzioni scolastiche programmano sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali”. L’articolo 21 nella legge 59/1999, inoltre, chiarisce che “l’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere.”
Non è una novità nemmeno l’emanazione di una circolare che ribadisca la necessità del consenso informato delle famiglie o degli studenti maggiorenni per le attività extracurriculari. Lo dimostra quella firmata il 6 luglio 2015 dalla Direttrice del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Giovanna Boda, quando la Ministra dell’Istruzione era Stefania Giannini:
“Le famiglie hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere prima dell’iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del Piano dell’Offerta Formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie. Si ricorda alle scuole, quindi, di assumere le iniziative utili per assicurare da parte delle famiglie una conoscenza effettiva e dettagliata del POF. Va inoltre specificato che i progetti relativi a qualsiasi tematica possono essere realizzati, in orario curricolare, sia nell’ambito del curricolo obbligatorio sia nell’ambito della quota parte facoltativa, ma pur sempre previsti dal Piano dell’Offerta Formativa.
La partecipazione a tutte le attività extracurricolari, anch’esse inserite nel P.O.F., è per sua natura facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi se maggiorenni che, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza.”
Sembra quindi che l’entusiasmo dei Provita sia ingiustificato, e sia dettato solo dalla volontà di far bella figura con i loro associati ed entrare nel dibattito pubblico diffondendo notizie che non esistono. Del resto, non si può dire che Provita non sia abituata a parlare di cose che non esistono: basta pensare alla fantomatica “teoria gender”, cui Massimo Prearo aveva dedicato un capitolo in Dizionario Antifa.
A destare preoccupazione, piuttosto, è la parte della circolare che si riferisce alla definizione della definizione dei curriculi e delle attività obbligatorie, che rischia — come affermano oggi i sindacati della Scuola — “di essere lesiva dell’autonomia professionale dei docenti e dell’autonomia scolastica, entrambe costituzionalmente garantite.”
Infine, probabilmente, il comunicato nasce dalla volontà di ribadire il sostegno all’attuale governo, di sicuro ideologicamente vicino al mondo delle associazioni “no gender” ma che per adesso sull’educazione alle differenze nelle attività extracurriculari si sta muovendo in assoluta continuità con quelli precedenti: non prendere alcuna iniziativa significativa.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]