Lo strano caso di ProVita alla Festa dell’Unità

In questi giorni il sito d'informazione LGBTI Gaypost ha reso nota la partecipazione di Toni Brandi a un dibattito sulle "Disposizioni Anticipate di Trattamento e fine vita" organizzato al Festival dell’Unità di Roma

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In que­sti gior­ni, rilan­cian­do una dura pre­sa di posi­zio­ne di Aure­lio Man­cu­so, il sito d’in­for­ma­zio­ne LGBTI Gay­po­st ha reso nota la par­te­ci­pa­zio­ne di Toni Bran­di a un dibat­ti­to sul­le DAT (Dispo­si­zio­ni Anti­ci­pa­te di Trat­ta­men­to e fine vita) orga­niz­za­to al Festi­val dell’Unità di Roma il pri­mo otto­bre. Bran­di è l’attuale pre­si­den­te del­l’as­so­cia­zio­ne Pro­Vi­ta, una onlus che si bat­te per la dife­sa del­la “fami­glia tra­di­zio­na­le” e nota per i mol­ti lega­mi che la col­le­ga­no al par­ti­to neo­fa­sci­sta For­za Nuo­va.

In un pri­mo momen­to, il neo­se­gre­ta­rio roma­no del PD Andrea Casu ha giu­sti­fi­ca­to la pre­sen­za di Pro­Vi­ta dichia­ran­do che quel­la da lui orga­niz­za­ta è sta­ta “la Festa più aper­ta di tut­te. Tut­ti han­no potu­to par­la­re”. Una giu­sti­fi­ca­zio­ne che ci lascia asso­lu­ta­men­te sbi­got­ti­ti. Una dichia­ra­zio­ne che lo ste­so Casu, poco dopo, ha rifor­mu­la­to, par­lan­do di epi­so­dio incre­scio­so: di fat­to una retromarcia.

Lo stes­so orga­niz­za­to­re del­l’e­ven­to, Cri­stia­no Davo­li, ha sen­ti­to il biso­gno di sot­to­li­nea­re che quel even­to non va asso­lu­ta­men­te con­si­de­ra­to come “uno sdo­ga­na­men­to” di Pro­Vi­ta da par­te del Par­ti­to Demo­cra­ti­co, pur rico­no­scen­do nel­la onlus un avver­sa­rio poli­ti­co. Il pro­ble­ma, però, si è spo­sta­to su un altro pia­no quan­do si è sco­per­to che lo stes­so Davo­li, can­di­da­to nel 2016 nel­le liste del PD per le comu­na­li a Roma, è sta­to nomi­na­to respon­sa­bi­le del­l’uf­fi­cio stam­pa del­la stes­sa Pro­Vi­ta, alme­no fino al 2 otto­bre. L’avversario poli­ti­co da ascol­ta­re in un inter­ven­to sul fine vita era, dun­que, la stes­sa asso­cia­zio­ne per la qua­le Davo­li lavo­ra­va in qua­li­tà di uffi­cio stam­pa, biz­zar­re coincidenze.

In que­sti anni, pro­prio in con­co­mi­tan­za con la discus­sio­ne pub­bli­ca sul con­tra­sto all’omotransfobia e sul­le unio­ni civi­li, sono sor­te diver­se real­tà ricon­du­ci­bi­li al radi­ca­li­smo cat­to­li­co e all’e­stre­ma destra ita­lia­na che han­no fat­to del­la “bat­ta­glia per la fami­glia natu­ra­le” il ful­cro di una cro­cia­ta “neo­fon­da­men­ta­li­sta”. Sotto la pre­sun­ta dife­sa dal­la così det­ta “ideo­lo­gia gen­der”, que­ste real­tà por­ta­no avan­ti un’a­gen­da aper­ta­men­te rea­zio­na­ria, con­tra­stan­do le poli­ti­che di gene­re e a tute­la del­le per­so­ne LGBTI, le lot­te all’omotransfobia e al bul­li­smo, dun­que l’educazione alle differenze.

Que­sti grup­pi, infat­ti, die­tro l’ap­pa­ren­te aurea festo­sa e colo­ra­ta del Fami­ly Day, nascon­do­no una nar­ra­zio­ne tos­si­ca e para­noi­ca. Vi sareb­be, cioè, un com­plot­to del­le “lob­by LGBTI” che, attra­ver­so il con­cet­to di gene­re (tenu­to all’inglese, “gen­der”),  ten­te­reb­be­ro di mina­re la fami­glia. Spes­so, il com­plot­to del “gen­der” si affian­che­reb­be al sup­po­sto “pia­no Kaler­gi” attra­ver­so cui i “pote­ri for­ti” (l’Unione Euro­pea, l’ONU, Soros) vor­reb­be­ro sosti­tui­re la popo­la­zio­ne euro­pea con l’im­mi­gra­zio­ne di mas­sa, distrug­gen­do quel­la che riten­go­no esse­re la base del­la socie­tà ita­lia­na: la fami­glia. Per la cro­na­ca, il “pia­no Kaler­gi” è deri­va­to dal nome del poli­ti­co Richard Niko­laus Cou­de­n­ho­ve-Kaler­gi, il qua­le, all’inizio del Nove­cen­to, soste­ne­va piut­to­sto l’idea di una “Unio­ne Paneu­ro­pea” per evi­ta­re i con­flit­ti bel­li­ci.

[Per appro­fon­di­re leg­gi le sche­de #Anti­fa]

Que­ste mani­po­la­zio­ni di stu­di e di teo­rie (gen­der, queer, filo­so­fi­co-poli­ti­che) ven­go­no rilan­cia­te da una buo­na par­te del movi­men­to “no-gen­der” ita­lia­no e si inse­ri­sco­no anche all’interno di un cam­bio di stra­te­gia comu­ni­ca­ti­va del­l’e­stre­ma destra, tan­to euro­pea e sta­tu­ni­ten­se quan­to ita­lia­na. Lo sco­po di tali distor­sio­ni è, cioè, ren­de­re accet­ta­bi­le il (neo)fascismo agli occhi del­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca, dei poten­zia­li mili­tan­ti ed elet­to­ri, sfrut­tan­do pau­re e ren­den­do­si vit­ti­me. Nel­lo spe­ci­fi­co, se Casa­Pound ha scel­to di pre­sen­tar­si attra­ver­so un’e­ste­ti­ca che potrem­mo defi­ni­re hip­ster, ossia fin­ta­men­te fine e intel­li­gen­te, ma sostan­zial­men­te far­loc­ca, For­za Nuo­va ha pre­fe­ri­to rin­no­va­re e insi­ste­re sul pro­prio radi­ca­li­smo cat­to­li­co. È pro­prio in que­sto alveo che vedia­mo nasce­re la onlus ProVita.

Pro­Vi­ta è una onlus fon­da­ta a par­ti­re da una rivi­sta car­ta­cea Noti­zie Pro­Vi­ta, alla qua­le si affian­ca da subi­to un sito omo­ni­mo. Crea­ta nell’ottobre del 2012, la rivi­sta era edi­ta da una coo­pe­ra­ti­va gior­na­li­sti­ca lega­ta a For­za Nuo­va, la M.P., e distri­bui­ta da un’azienda posta­le, la Rapi­da Vis, in mano a due figlie del segre­ta­rio di For­za Nuo­va Rober­to Fio­re. A par­ti­re dal mag­gio del 2014, inve­ce, a pub­bli­ca­re la rivi­sta è diret­ta­men­te la neo-nata Pro­Vi­ta onlus, il cui pre­si­den­te è il già ampia­men­te cita­to Toni Bran­di e il cui por­ta­vo­ce è Ales­san­dro Fio­re, figlio di Rober­to. Oltre alle azien­de e ai rap­por­ti inter­per­so­na­li, i lega­mi tra la onlus e il par­ti­to neo­fa­sci­sta, poi, si rica­va­no da vari momen­ti di col­la­bo­ra­zio­ne tra le due real­tà: peti­zio­ni pro­mos­se con­giun­ta­men­te; even­ti orga­niz­za­ti insie­me (mar­ce con­tro l’aborto; mar­ce con­tro le unio­ni civi­li); un film rus­so (“Sodom”); un libro edi­to dal par­ti­to euro­peo di Rober­to Fio­re, Allian­ce for Pea­ce and Free­dom (“Attac­co alla famiglia”).

Pro­Vi­ta, poi, si è distin­ta tra le varie real­tà “anti-gen­der” per le sue posi­zio­ni dure e intran­si­gen­ti. Duran­te il Fami­ly Day del gen­na­io 2016, per esem­pio, lo stes­so Bran­di ha urla­to invet­ti­ve con­tro dif­fe­ren­ti “lob­bies” che gover­ne­reb­be­ro il mon­do occi­den­ta­le per por­ta­re avan­ti una “agen­da LGBT” (spec­chio e appen­di­ce del­la c.d. teo­ria del com­plot­to giu­dai­co). Tali “lob­bies” sareb­be­ro le indu­strie del por­no, le case far­ma­ceu­ti­che e anche le indu­strie dei con­dom. Ven­de­re pre­ser­va­ti­vi, tan­to per capir­ci, costi­tui­reb­be una minac­cia alla nata­li­tà, favo­ri­reb­be la ses­sua­liz­za­zio­ne pre­co­ce dei bam­bi­ni e frut­te­reb­be “cen­ti­na­ia di miliar­di di dol­la­ri” (sic) di fat­tu­ra­to. Evi­den­te­men­te, il dirit­to alla salu­te ses­sua­le e l’autodeterminazione del­le per­so­ne non han­no, per Bran­di, alcun valore.

La super­fi­cia­li­tà degli orga­niz­za­to­ri e del Par­ti­to Demo­cra­ti­co roma­no è dun­que allar­man­te: per­ché invi­ta­re pro­prio Pro­Vi­ta, per­ché invi­ta­re Bran­di, un signo­re che a Radio24 ha anche affer­ma­to:  “[I] gay han­no ten­den­ze pedo­fi­le, rom­po­no i coglio­ni e pos­so­no esse­re cura­ti”?

La que­stio­ne va oltre all’e­vi­den­te erro­re poli­ti­co, come accen­na­va­mo. Ci chie­dia­mo, dun­que, per­ché si sia volu­to legit­ti­ma­re, dal pre­sti­gio­so pal­co del­la Festa del­l’U­ni­tà, chi par­la a van­ve­ra di una fan­to­ma­ti­ca “ideo­lo­gia del gen­der” e di “agen­da LGBTI” dei gover­ni mon­dia­li per annien­ta­re le fami­glie ita­lia­ne com­po­ste da geni­to­ri ete­ro­ses­sua­li. Per­ché è sta­ta data voce, in quel con­te­sto, a chi fa aper­ta pro­pa­gan­da a favo­re del­le teo­rie ripa­ra­ti­ve del­l’o­mo­ses­sua­li­tà? Per­ché sono sta­ti sot­to­va­lu­ta­ti o igno­ra­ti i lega­mi con par­ti­ti neo­fa­sci­sti?

For­se sia­mo poco inclu­si­vi, per cita­re Casu, ma cre­dia­mo anco­ra che l’an­ti­fa­sci­smo sia un valo­re e che l’o­mo­fo­bia non sia una sem­pli­ce opi­nio­ne: per noi cer­te posi­zio­ni non devo­no tro­va­re ascol­to. Nean­che, a mag­gior ragio­ne, in un dibat­ti­to a sen­so uni­co sul fine vita.

P.s.: Gra­zie ad una foto di Aure­lio Man­cu­so, venia­mo a sape­re che l’e­ven­to è sta­to un fia­sco. Una man­cia­ta di per­so­ne come pub­bli­co, non più di die­ci. Evi­den­te­men­te i mili­tan­ti PD han­no più intel­li­gen­za dei diri­gen­ti. Il pun­to, però, non è questo.

Yàdad De Guer­re, blog­ger, PLAYING THE GENDER CARD

Fede­ri­co Buttò

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