In Italia, parlare di lobby è abbastanza complicato, da sempre. In primis perché il termine lobby viene di solito utilizzato in chiave negativa, basta citare la fantomatica e inesistente “lobby gay” evocata dalle destre o dalle frange più conservatrici della Chiesa come autrice dei progetti che minacciano di sovvertire la società attuale.
Un secondo aspetto riguarda il fatto che fino ad oggi l’attività di lobbying non è stata assolutamente regolamentata e quindi nell’opinione pubblica si è creata l’opinione che queste siano attività più o meno “nascoste” e “non trasparenti”.
Concretamente però l’attività di lobbying non è una cosa così negativa. Concretamente la possiamo definire come il tentativo o le attività che hanno il compito di influenzare la politica e le istituzioni in modo che vengano presi in considerazione gli interessi rappresentati.
Possono fare lobbying sia i grossi gruppi o le aziende, ma anche realtà più piccole come gruppi di cittadini, associazioni culturali.
Finalmente, e con un ritardo decennale rispetto alle altre grandi potenze europee, nel nostro paese si sta iniziando a discutere di una legge che regolamenti questa attività.
Il testo base presentato era sicuramente un buon punto di partenza, una base di lavoro che appunto regolamentando questo settore aumentava la trasparenza all’interno dei percorsi decisionali.
Ma come sempre accade nel nostro paese, si creano o si trovano scappatoie prima ancora che la legge veda la luce.
È stato depositato ed approvato in Commissione Affari Costituzionali un emendamento bypartisan sostenuto da Italia Viva, Pd, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia che di fatto esclude dall’applicazione della legge le organizzazioni come Confindustria, i Sindacati — comprese le diramazioni territoriali -, le grosse associazioni delle categorie imprenditoriali, lasciando altre realtà come ad esempio le associazioni ambientaliste, le organizzazioni non governative, i centri e i gruppi culturali e le associazioni sportive al rispetto della nuova legge. Con questo emendamento il testo è stato approvato alla Camera e passa ora al Senato.
La normativa prevede che qualsiasi soggetto giuridico — in rappresentanza di interessi economici, professionali, sociali — intenda portare il proprio punto di vista al decisore pubblico, debba preventivamente iscriversi a un apposito registro, aggiornandolo rispetto ai temi discussi, i decisori pubblici incontrati ad ogni incontro, così come le risorse a disposizione e quelle investite per svolgere l’attività di lobbying.
A quanto pare la questione trasparenza fa paura e terrorizza ancora se si parla di questioni italiane, perché invece in Europa tutte queste realtà sono iscritte regolarmente al Registro della trasparenza delle istituzioni europee, attraverso il quale possono chiedere incontri agli europarlamentari e agli alti dirigenti della Commissione.
Confindustria ad esempio ha speso circa 1 milione di euro in attività di lobbying ed avendo 77 incontri con europarlamentari, membri della Commissione per parlare di ambiente, concorrenza, tassazione, diritti dei consumatori e cultura. Fonte
Altri come la Cisl invece hanno speso 600.000 euro per 3 incontri su azione climatica, pesca, commercio e sicurezza alimentare. Fonte
Argomenti decisamente importanti e cruciali che però se “trattati” a livello italiano devono continuare nel buio assoluto e senza nessuna “tracciabilità”.
Tutto questo è decisamente preoccupante, soprattutto perché si creano dei canali assolutamente non trasparenti, obbligando invece altri portatori di interessi alle disposizioni di legge.
Siamo tutti portatori di interesse, ognuno di noi, singolarmente o tramite organizzazioni giuridiche è portatore di interesse. Perché dunque creare disparità di trattamento? Esistono forse degli interessi che sono predominanti rispetto ad altri, oppure esistono dei portatori di interessi che sono privilegiati rispetto ad altri?
Forse dovremmo, anche in questo settore fare uno sforzo culturale e magari smettere di chiamare questa attività lobbying.
Concretamente tutte queste realtà, cioè noi, possiamo e dobbiamo contribuire e aiutare il decisore a prendere provvedimenti giusti e corretti nel pieno rispetto delle normative internazionali, europee ed italiane.
Tutti, nessuno escluso. Dalla multinazionale all’associazione ambientalista dobbiamo avere le stesse possibilità e gli stessi medesimi strumenti. Siano “interessi generali” o anche “particolari”.
Oggi purtroppo le grosse realtà hanno già canali preferenziali di dialogo e di incontro rispetto ad altri soggetti.
L’aspetto fondamentale però su cui costruire queste azioni, è la trasparenza. Verrebbe da chiedersi perché la trasparenza fa così paura?
A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca. Abbiamo assistito in questi mesi ad una forte fibrillazione in settori delicati e fondamentali a fronte dell’enorme quantità di danaro che arriverà dall’Europa per il PNRR.
Vogliamo dirci che sarà fondamentale poter tracciare e regolamentare questi incontri tra i portatori di interessi pubblici e chi dovrà prendere delle decisioni? Ma soprattutto vogliamo tracciare questi percorsi e farli alla luce del sole?
C’è poi un aspetto che non è poi così marginale. L’apporto e la partecipazione della società civile alla vita politica e amministrativa del nostro paese ha bisogno di essere incentivato e non finire “vittima” di qualche operazione di “washing”!
Partecipazione e trasparenza sono due cardini fondamentali, ma l’impressione è che il Governo dei Migliori in piena continuità con i governi precedenti abbia deciso di non fare nessun investimento politico e culturale su questi due aspetti!