Sono l’unità di misura perfetta per misurare la bellezza del mondo e il suo contrario: i diritti dei bambini.
Di Anna Frank, la bambina ebrea che con il suo diario ha raccontato la violenza nazista che entrava nella sua casa per deportarla e toglierle tutto, vita compresa, a 15 anni nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, frange di ultras laziali di estrema destra hanno detto: “Cerca cerca cerca nella mansarda, cerca cerca cerca quella bugiarda, trova trova la Smemoranda di Anna Frank”.
L’Unicef ci ricorda che nei campi profughi siriani al confine con la Giordania l’80 per cento dei rifugiati (circa 45mila persone) sono donne e bambini: e 15 di loro, in queste ultime ore, dopo essere riusciti a fuggire da una pioggia di bombe, sono morti di freddo.
Ricordate Alan? Il bimbo curdo-siriano con la maglietta rossa e i pantaloni corti riverso su una spiaggia turca, naufrago innocente di una migrazione forzata con la sua famiglia. Aveva solo 3 anni.
Aveva 7 anni la bambina che dal Guatemala era riuscita a superare il confine degli Stati Uniti: stremata, affamata, disidrata è morta all’ospedale di El Paso.
La Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo ci ricorda che anche giocare è un diritto fondamentale di ogni bambino del mondo: è il diritto al gioco, sancito dall’art. 31.
E invece gli uomini potenti, i governanti, i moderni Erode, giocano proprio con i diritti dei bambini.
Un mondo rovesciato, con i diritti a testa in giù: casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra.
Ma non è un gioco.
Per avere ancora un senso, la politica deve ripartire da qui: dai diritti dei bambini, per disegnare un mondo davvero a misura di tutti.