Se il M5S tifa per la rivoluzione all’incontrario di Trump

All’indomani del­la (tri­ste) inau­gu­ra­tion del qua­ran­ta­cin­que­si­mo pre­si­den­te degli Sta­ti Uni­ti, Donald Trump, c’è sopra ogni altro un aspet­to su cui mi sem­bra inte­res­san­te sof­fer­ma­mi: le rea­zio­ni poli­ti­che in casa M5S.

Sono mesi che diver­si espo­nen­ti M5S dichia­ra­no la loro sim­pa­tia ver­so il magna­te sta­tu­ni­ten­se, sor­pren­de per­ciò solo fino a un cer­to pun­to il tweet di ieri pome­rig­gio di Lui­gi Di Maio, in cui il vice­pre­si­den­te del­la Came­ra fa i suoi miglio­ri augu­ri al neo-Pre­si­den­te, dicen­do­si spe­ran­zo­so di una futu­ra frut­tuo­sa col­la­bo­ra­zio­ne con il pros­si­mo gover­no Ita­lia­no a 5 Stel­le (e maga­ri con Di Maio premier).

Ma se un mes­sag­gio di que­sto tipo potreb­be qua­si rien­tra­re in una logi­ca di buo­ni rap­por­ti con allea­ti sto­ri­ci come quel­li d’oltre ocea­no, i com­men­ti di altri espo­nen­ti gril­li­ni, come ad esem­pio Dani­lo Toni­nel­li, che addi­rit­tu­ra dice “il sogno del M5S”, com­men­tan­do il discor­so di inau­gu­ra­zio­ne di Trump, sem­bra­no trop­po per­si­no per loro.

Ecces­so che arri­va al deli­rio, con il post di oggi sul blog di Bep­pe Gril­lo.

Sul sito del lea­der del MoVi­men­to si par­la di un “Trump tra Ken­ne­dy e Rea­gan”, vero custo­de del­le radi­ci del­la demo­cra­zia Ame­ri­ca­na, addi­rit­tu­ra emu­lo di Lin­coln.

Ragaz­zi, anche meno.

La deri­va a destra dei 5 Stel­le è ormai un dato di fat­to, così come la con­fu­sio­ne e l’approccio quan­to­me­no fan­ta­sio­so con cui il MoVi­men­to si dedi­ca alla let­tu­ra del­la Sto­ria, nel ten­ta­ti­vo di dare una cor­ni­ce idea­le alla loro dichia­ra­ta assen­za di ideo­lo­gia, ma qua sia­mo al ridi­co­lo.

Un miliar­da­rio new­yor­ke­se di ter­za gene­ra­zio­ne sareb­be il vero custo­de del­lo spi­ri­to di fron­tie­ra sta­tu­ni­ten­se? Un dema­go­go raz­zi­sta con ami­ci­zie e sim­pa­tie nel Ku Klux Klan sareb­be un novel­lo Lin­coln?

Tra Ken­ne­dy e Rea­gan, poi, Trump si col­lo­ca in una posi­zio­ne che non sem­bra nem­me­no sugli stes­si assi car­te­sia­ni. Di cer­to il suo rap­por­to con gli arma­men­ti ato­mi­ci non ci ricor­da mol­to il pri­mo, e le sue affi­ni­tà elet­ti­ve con Putin lo ren­de­reb­be­ro dif­fi­cil­men­te sim­pa­ti­co al secon­do. Se c’è una cosa in cui Trump può ricor­da­re Rea­gan, è nel suo approc­cio all’economia, che die­tro la cor­ti­na fumo­ge­na del­le pro­mes­se di lavo­ro e pro­spe­ri­tà alle clas­si medie e ope­ra­ie, nascon­de il per­pe­tuar­si dei tagli con­si­sten­ti solo per le fasce più alte di red­di­to.

Con­ta la giun­ta, direb­be qual­cu­no da un altro fron­te. Il tra­sfe­ri­men­to di pote­re da Washing­ton al popo­lo sareb­be allo­ra incar­na­to da un gover­no pie­no zep­po di tycoon e lob­bi­sti di ogni genere?

“Per trop­po tem­po, nel­la nostra nazio­ne, un ristret­to grup­po di capi­ta­li­sti ha godu­to dei bene­fi­ci del gover­no men­tre il popo­lo ne ha paga­to il costo. Washing­ton pro­spe­ra­va, ma il popo­lo non gode­va del suo benessere”

Que­ste paro­le di Trump, che han­no incen­dia­to i cuo­ri del M5S, si rife­ri­sco­no for­se al suo Segre­ta­rio di Sta­to Rex Til­ler­son, ex CEO del­la Exxon? Si rife­ri­sco­no for­se al suo Segre­ta­rio al Teso­ro Ste­ven Mnu­chin, ex part­ner di Gold­man Sachs? Si rife­ri­sco­no al suo Segre­ta­rio agli Inter­ni Ryan Zin­ke, ex mem­bro del Cda di QS Ener­gy?

La lista potreb­be anda­re avan­ti, ma fer­mia­mo­ci qua.

Se dav­ve­ro il desti­no di un futu­ro gover­no 5 Stel­le è quel­lo di pren­de­re esem­pio dal Pre­si­den­te Trump, se dav­ve­ro inten­do­no rida­re pote­re al popo­lo met­ten­do alla gui­da del Pae­se un grup­po di espo­nen­ti dell’establishment più bie­co e rea­zio­na­rio che si sia mai visto, sia­mo feli­ci di riba­di­re anco­ra una vol­ta la nostra tota­le estra­nei­tà a que­sto pro­get­to.

Sareb­be nell’interesse di quel popo­lo a cui tut­ti dico­no di voler rida­re il pote­re, però, fare un po’ di chia­rez­za e dichia­ra­re con mag­gio­re sin­ce­ri­tà le pro­prie inten­zio­ni. Quel­lo sì, per cita­re le paro­le di Man­lio Di Ste­fa­no, sareb­be un cor­to­cir­cui­to in gra­do di far impaz­zi­re il siste­ma di pote­re, da entram­bi i lati dell’oceano.

 

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La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.