Alla fine (per il solo fatto che sia nigeriana) anche la mafia torna prepotentemente alla ribalta nel dibattito politico di questa campagna elettorale: a quelli che si rivendono come difensori della povera Pamela da qualche ora è venuta la brillante idea di puntare alla “paura organizzata” blaterando con superficialità e ignoranza di una presunta mafia nigeriana (ovviamente dipinta tutta scimmiesca e impegnata nei suoi riti vodoo) pur di tenere sempre alta la paura che accende la guerra tra disperati.
E allora parliamo, di mafia. Parliamo di tutte le mafie (nigeriana inclusa, così togliamo l’alibi alla destra di non occuparci di anche di loro) partendo da un concetto semplice semplice: anche nel campo della criminalità organizzata gli stranieri (ovvero le mafie straniere) fanno i lavori che gli italiani (ovvero Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita) non vogliono più fare. La classe dirigente criminale, anche a livello internazionale, è tutta nostrana e da qualche anno è in missione all’estero per spolpare altri Paesi dopo avere mangiato il nostro. L’emergenza criminale, per intendersi, è la ‘ndrangheta italiana che sta colonizzando la Germania. Chiedete agli amici tedeschi, se vi capita. Quindi per non cadere nel patetico errore di essere forti con i deboli e deboli con i forti cominciamo ad occuparci di loro. Di tutti.
Ma occupiamocene seriamente: discutere di mafie collegandole alla cronaca nera (peggio ancora occuparsene se è nero l’assassino) è un’offesa alla storia di questo Paese che nella lotta alla mafia ha perso i suoi uomini migliori. E se davvero vogliamo occuparci della “certezza della pena” (che torna sempre di moda in campagna elettorale) allora non c’è niente di meglio che punire i corrotti e i corruttori (che sono l’anello di congiunzione tra mafie e politica) e indignarsi con forza ogni volta che scorgiamo qualcuno di loro sornione, impunito o addirittura classe dirigente.
Fare le cose sul serio. Seriamente.
Giulio Cavalli
Giuseppe Civati