La cronaca giudiziaria del 2017 inizia con un articolo di Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera che dà una notizia così: «Uno dei più importanti e complessi processi di corruzione internazionale, sul pagamento di 197 milioni in Algeria da parte di Saipem-Eni nel 2006–2010 su una commessa da 8 miliardi, per poter essere celebrato a Milano si aggrapperà a un giudice onorario». Due punti e a capo per spiegare chi sia il Mr. Wolf della giustizia.
«Uno dei 2.100 [giudici] non di carriera che (facendo altri lavori, specie avvocati) sono ingaggiati a scadenza, pagati a cottimo sul numero di udienze, privi di pensione-malattia-maternità-ferie-tfr alla stregua di precari del diritto».
In realtà in molti sono impegnati così tanto nel fare i giudici precari (e a leggere di quali processi si occupino si capisce perché), che di tempo per “fare altri lavori” ne rimane poco. Quando anche facciano i giudici precari a tempo pieno, sovente sono comunque doppiolavoristi per necessità, perché a fare i giudici precari non sempre si arriva a fine mese.
Il ministro Andrea Orlando ha augurato anche a loro buon Natale: “Auguro a tutti voi che il vostro impegno possa trovare il giusto riconoscimento”.
Ai giudici precari sembra di ascoltare l’Oracolo di Delfi, perché, ad andare a leggere la recente riforma scritta dal Governo e ratificata dal Parlamento (e la relazione governativa di accompagnamento), si scopre che per il ministro “giusto riconoscimento” significa una retribuzione massima di 1000 euro al mese, al netto delle tasse, oltre a 500 euro mensili da liquidarsi a fine anno. Niente indennità di maternità e niente ferie. Previdenza e assistenza per malattia? La legge 57/2016 delega il Governo a individuare un regime previdenziale e assistenziale «senza oneri per la finanza pubblica», prevedendo «l’acquisizione delle risorse necessarie mediante misure incidenti» sulla retribuzione (cioè sui 1500 euro mensili liquidati per due terzi ogni mese, per un terzo a fine anno). Il Movimento Sei Luglio ha risposto al ministro Orlando invitandolo a contribuire alla realizzazione dei suoi auspici in due modi: sospendere la firma dei decreti attuativi della legge delega consentendo al Parlamento di modificare la legge (in linea con i rilievi nel frattempo formulati dalla Commissione Europea e dal Comitato Europeo dei diritti sociali), e rinunciare a resistere nelle cause di lavoro dei giudici precari che lo stanno citando in giudizio.
La riforma, per altro, prevede anche che il ministero della Giustizia stabilisca il budget di ogni ufficio giudiziario da destinare alla retribuzione dei giudici onorari. Vengono in mente i voucher e uno si chiede che fine farebbe, domani, il processo di corruzione internazionale per 197 milioni in Algeria raccontato da Luigi Ferrarella, se, nel corso di un’istruttoria che si annuncia complessa, il presidente del Tribunale esaurisse le risorse per retribuire il giudice precario a cui si aggrappa oggi la Giustizia. D’altronde come dimenticare il monito del ministro, che, nel settembre 2014, ricevendo i rappresentanti dei giudici precari per illustrare la riforma, spiegava di dare loro il tempo per guardarsi intorno (e trovare un altro lavoro). Possibilmente, diciamo noi, senza distrarsi in aula.
E pensare che, rispondendo ai quesiti formulati dalla Cepej per stilare il rapporto sullo stato della giustizia 2016, a proposito dei processi in cui sono impegnati i giudici onorari, il governo italiano rispondeva: “di piccole infrazioni”…