Magistrati precari: la sgrammaticata riforma votata dal Senato

Il 10 marzo scorso, anche se in pochi lo sanno, il Senato ha discusso e votato una legge importantissima. Importante per gli utenti della giustizia, anzitutto. Importante per Giulio, un giudice precario da 18 anni, che un brutto giorno ha scoperto di avere il cancro e ha toccato con mano che cosa significhi non avere l’assistenza per malattia.

Il 10 mar­zo scor­so, anche se in pochi lo san­no, il Sena­to ha discus­so e vota­to una leg­ge impor­tan­tis­si­ma. Impor­tan­te per gli uten­ti del­la giu­sti­zia, anzi­tut­to. Impor­tan­te per Giu­lio, un giu­di­ce pre­ca­rio da 18 anni, che un brut­to gior­no ha sco­per­to di ave­re il can­cro e ha toc­ca­to con mano che cosa signi­fi­chi non ave­re l’assistenza per malat­tia. Dopo il pri­mo inter­ven­to è ritor­na­to in aula a fare il suo lavo­ro di giu­di­ce pri­ma del ter­mi­ne di con­va­le­scen­za rac­co­man­da­to dai medi­ci. È dovu­to tor­na­re non solo per­ché era duris­si­ma assen­tar­si a lun­go dal lavo­ro sen­za un cen­te­si­mo di inden­ni­tà, ma anche per evi­ta­re di per­de­re il suo ruo­lo nel­la sezio­ne del tri­bu­na­le a cui era asse­gna­to. Rien­tran­do più tar­di lo avreb­be­ro mes­so in panchina.

Il dise­gno di leg­ge del Gover­no in vota­zio­ne alle came­re riguar­da, infat­ti, la rifor­ma del­la magi­stra­tu­ra ono­ra­ria (un equi­vo­co fin dal tito­lo). Alla vigi­lia del voto al Sena­to i magi­stra­ti pre­ca­ri come Giu­lio si sono orga­niz­za­ti scri­ven­do per­so­nal­men­te una lun­ga let­te­ra a tut­ti i sena­to­ri per segna­la­re le “sgram­ma­ti­ca­tu­re giu­ri­di­che” del dise­gno di leg­ge evi­den­zia­te dal Movi­men­to Sei Luglio. Una let­te­ra un po’ lun­ga, for­se, die­ci pagi­ne, ma tan­te ce ne vole­va­no per descri­ve­re i nume­ro­si vizi tec­ni­ci del­la leg­ge (arti­co­lo per arti­co­lo), che, se appro­va­ta così com’è alla Came­ra dei Depu­ta­ti, espor­rà l’Italia a san­zio­ni da par­te dell’Europa, non solo per­ché vio­la le diret­ti­ve in mate­ria di dirit­to del lavo­ro, ma anche le nor­me che con­sa­cra­no il prin­ci­pio di indi­pen­den­za, impar­zia­li­tà e ter­zie­tà dei giu­di­ci (san­ci­to dal­la Con­ven­zio­ne per la sal­va­guar­dia dei dirit­ti dell’Uomo e dal­la nostra Costi­tu­zio­ne). I mit­ten­ti del­le let­te­re han­no scrit­to che loro leg­go­no e rileg­go­no gli atti pri­ma di assu­me­re un prov­ve­di­men­to nei con­fron­ti di una sin­go­la per­so­na, per pren­de­re la deci­sio­ne giu­sta. Quin­di han­no chie­sto ai sena­to­ri di leg­ge­re quel­le die­ci pagi­ne pri­ma di appro­va­re un prov­ve­di­men­to che riguar­da non solo cin­que­mi­la magi­stra­ti pre­ca­ri, ma anche milio­ni di cit­ta­di­ni i cui dirit­ti sono affi­da­ti a que­sti magi­stra­ti, che da diver­si lustri, a tem­po pie­no (ma anche straor­di­na­rio), ammi­ni­stra­no la giu­sti­zia. Un nume­ro per dare l’idea: l’80 per cen­to del­le udien­ze pena­li davan­ti al Tri­bu­na­le può esse­re cele­bra­to gra­zie ai pub­bli­ci mini­ste­ri ono­ra­ri (vice pro­cu­ra­to­ri ono­ra­ri per gli addet­ti ai lavori).

La Com­mis­sio­ne Euro­pea ha già avvia­to una pro­ce­du­ra di infra­zio­ne nei con­fron­ti dell’Italia, richia­man­do pro­prio la nota sen­ten­za “Masco­lo” del­la Cor­te di Giu­sti­zia Euro­pea, che riguar­da­va gli inse­gnan­ti pre­ca­ri. Per­fi­no il CSM, dan­do il suo pare­re sul dise­gno di leg­ge, ha rico­no­sciu­to «il con­flit­to con la disci­pli­na di matri­ce euro­pea». La que­stio­ne, infat­ti, è che i magi­stra­ti ono­ra­ri sono sta­ti intro­dot­ti per un biso­gno tem­po­ra­neo, con l’espressa inten­zio­ne, dichia­ra­ta dal legi­sla­to­re, di ritor­na­re sul pun­to dopo cin­que anni. Inve­ce dagli anni Novan­ta ammi­ni­stra­no la giu­sti­zia, pro­ro­ga­ti di anno in anno con la leg­ge di sta­bi­li­tà, retri­bui­ti con inden­ni­tà gior­na­lie­re liqui­da­te solo per alcu­ne atti­vi­tà e non per altre (cioè lavo­ra­no tut­ti i gior­ni ma tal­vol­ta gra­tis – per esem­pio i giu­di­ci ono­ra­ri pres­so i tri­bu­na­li sono retri­bui­ti per l’udienza, ma scri­vo­no gra­tis le sen­ten­ze), pri­vi di qual­sia­si tute­la socia­le. Incre­di­bi­le ma vero, le don­ne magi­stra­to ono­ra­rio devo­no assen­tar­si obbli­ga­to­ria­men­te dal lavo­ro come le lavo­ra­tri­ci dipen­den­ti, ma non per­ce­pi­sco­no un cen­te­si­mo di inden­ni­tà (negli anni Cin­quan­ta alle don­ne si dice­va: se vuoi lavo­ra­re non fare figli).

La Cepej, per redi­ge­re il rap­por­to pub­bli­ca­to nel 2014 sul­lo sta­to del­la giu­sti­zia in Euro­pa, nel 2012 ave­va for­mu­la­to dei que­si­ti ai vari Pae­si, chie­den­do quan­ti giu­di­ci fos­se­ro in ser­vi­zio nel­le varie cate­go­rie: 1) i magi­stra­ti “pro­fes­sio­nal”, a tem­po par­zia­le e a tem­po pie­no; 2) i magi­stra­ti “pro­fes­sio­nal” occa­sio­na­li; 3) i magi­stra­ti “non pro­fes­sio­nal”. La Cepej spie­ga­va che i magi­stra­ti “pro­fes­sio­nal” han­no una for­ma­zio­ne giu­ri­di­ca e sono paga­ti per svol­ge­re le fun­zio­ni di magi­stra­to, sal­vo far­lo a tem­po pie­no, par­zia­le e occa­sio­na­le (que­sti ulti­mi in caso di biso­gno tem­po­ra­neo, con una fre­quen­za, in Euro­pa, che va dai 15 ai 50 gior­ni all’anno). I magi­stra­ti non pro­fes­sio­nal sono quel­li che non han­no for­ma­zio­ne giu­ri­di­ca, e non sono paga­ti per fare i giu­di­ci, ma si met­to­no al ser­vi­zio del­la giu­sti­zia in misu­ra mol­to limi­ta­ta (per esem­pio in Nor­ve­gia, due gior­ni all’anno, comun­que al mas­si­mo, nel resto dell’Europa, ven­ti gior­ni all’anno, in con­ten­zio­si che pos­so­no esse­re risol­ti sen­za com­pe­ten­ze tec­ni­co-giu­ri­di­che – per fare un para­go­ne, il con­ten­zio­so con gli ope­ra­to­ri tele­fo­ni­ci in Ita­lia è gesti­to, in via con­ci­lia­ti­va, dal CORECOM). L’Italia ha rispo­sto clas­si­fi­can­do i magi­stra­ti ono­ra­ri come “non pro­fes­sio­nal”. Sape­te per­ché? Per­ché non sono “paga­ti” per fare i magi­stra­ti, in quan­to “sono solo inden­niz­za­ti” (un gio­co di paro­le!). Eppu­re sono “pro­fes­sio­ni­sti” (giu­ri­spe­ri­ti, insom­ma, e sono reclu­ta­ti con un con­cor­so per tito­li), e quel­lo che l’Italia chia­ma inden­niz­zo è lo sti­pen­dio che con­sen­te loro di man­te­ner­si (in quan­to tale è una retri­bu­zio­ne, sep­pu­re bas­sa e varia­bi­le — non basta chia­mar­la “inden­niz­zo” per dire che non sono lavo­ra­to­ri). L’Italia ha tra­dot­to “pro­fes­sio­nal” con “pro­fes­sio­na­li”, anzi­ché pro­fes­sio­ni­sti, per­ché in Ita­lia i magi­stra­ti ono­ra­ri dovreb­be­ro svol­ge­re per lo più un’altra pro­fes­sio­ne, e – occa­sio­nal­men­te — met­ter­si al ser­vi­zio per la giu­sti­zia (non dovreb­be­ro esse­re “pro­fes­sio­na­li”, ma di fat­to fare il magi­stra­to è la loro pro­fes­sio­ne). Il pun­to è che il biso­gno dei magi­stra­ti c.d. ono­ra­ri, da tem­po­ra­neo, è diven­ta­to strutturale.

Come se un medi­co, sic­co­me pre­ca­rio, non fos­se un pro­fes­sio­ni­sta. Come se un lavo­ra­to­re, dal momen­to che gli sono nega­ti i dirit­ti di lavo­ra­to­re, non fos­se tale (in real­tà è un lavo­ra­to­re pri­vo dei dirit­ti del lavo­ra­to­re, non è un non-lavoratore!).

Il bel­lo è che, comun­que, lascian­do da par­te i pub­bli­ci mini­ste­ri ono­ra­ri, nel 2012 l’Italia ha comu­ni­ca­to alla Cepej un nume­ro di gran lun­ga infe­rio­re rispet­to a quel­lo effet­ti­vo dei giu­di­ci clas­si­fi­ca­ti qui come ono­ra­ri[1]. Per rispon­de­re esat­ta­men­te ai que­si­ti l’Italia avreb­be dovu­to non solo indi­ca­re la quan­ti­tà cor­ri­spon­den­te al vero, ma avreb­be dovu­to indi­ca­re la qua­li­tà esat­ta, clas­si­fi­can­do i giu­di­ci ono­ra­ri ogget­to del­la rifor­ma come magi­stra­ti “pro­fes­sio­nal” in ori­gi­ne occa­sio­na­li, ma impie­ga­ti non occa­sio­nal­men­te. Così facen­do, però, avreb­be con­fes­sa­to l’abuso. La tra­du­zio­ne di “pro­fes­sio­nal” con “pro­fes­sio­na­le” è como­da anche per­ché la Rac­co­man­da­zio­ne n. 12/2010 del Comi­ta­to dei Mini­stri agli sta­ti mem­bri sui giu­di­ci pre­ve­de che le dispo­si­zio­ni sul­la retri­bu­zio­ne (che deve esse­re tale da garan­ti­re l’indipendenza) si appli­chi­no solo ai giu­di­ci “pro­fes­sio­nal” (per gli altri, infat­ti, che due o ven­ti vol­te all’anno ammi­ni­stra­no la giu­sti­zia, non è la retri­bu­zio­ne a garan­ti­re l’indipendenza, per­ché una fon­te di red­di­to e le tute­le socia­li ce le han­no già).

Insom­ma, tut­to un gran­de equivoco.

Tor­nan­do alle let­te­re invia­te dai magi­stra­ti pre­ca­ri ai sena­to­ri, qual­cu­no ha rispo­sto. Il Sena­to­re Mau­ri­zio Buc­ca­rel­la (M5S) per pri­mo, che da avvo­ca­to a cono­scen­za di come fun­zio­ni­no le aule di giu­sti­zia, ha pre­sen­ta­to due emen­da­men­ti per cor­reg­ge­re, nei limi­ti del­lo spa­zio aper­to dal­la fine­stra sub-emen­da­ti­va, qual­che sgram­ma­ti­ca­tu­ra giu­ri­di­ca. Ma anche sena­to­ri appar­te­nen­ti ad altri grup­pi, da destra a sini­stra (da For­za Ita­lia a SEL, per inten­der­si), han­no vota­to a favo­re degli emen­da­men­ti pre­sen­ta­ti dal M5S. Infat­ti non si trat­ta di una que­stio­ne di destra o sini­stra, si trat­ta di prin­ci­pi fon­da­men­ta­li costi­tu­zio­na­li. I voti con­tra­ri han­no segui­to la logi­ca di gover­no (ma sap­pia­mo che “logi­ca” non cor­ri­spon­de a “razio­na­li­tà”), sal­vo dichia­ra­zio­ni di voto fina­li “con riser­va” anche da par­te di grup­pi di Gover­no che han­no sfi­da­to il PD alla Came­ra e vota­to uno dei due emen­da­men­ti pre­sen­ta­ti dal M5S. Risul­ta­to: il testo del dise­gno di leg­ge appro­va­to al Sena­to è “giu­ri­di­ca­men­te scor­ret­to” (id est “irra­zio­na­le”, “ingiu­sto” e “ini­quo” in un Pae­se dove razio­na­li­tà, equi­tà e giu­sti­zia sono valo­ri giu­ri­di­ci san­ci­ti dall’articolo 3 del­la Costituzione).

Al bar Sport si sen­te spes­so dire che, per come van­no le cose ades­so, si potreb­be­ro abo­li­re entram­be le came­re. Spe­ria­mo che alla Came­ra dei depu­ta­ti, dove ci sarà anche Pos­si­bi­le (che ospi­ta i magi­stra­ti pre­ca­ri già da tem­po), i depu­ta­ti del PD dimo­stri­no che sono solo chiac­chie­re da bar.

[1] I que­si­ti era­no del 2012. L’Italia comu­ni­ca­va alla Cepej di ave­re in ser­vi­zio 3275 giu­di­ci “non pro­fes­sio­nal”, indi­can­do un nume­ro infe­rio­re non solo ai giu­di­ci c.d. ono­ra­ri — rec­tius pre­ca­ri — ogget­to del­la rifor­ma (allo­ra era­no 4690), ma tra­scu­ran­do anche tut­te le altre figu­re di giu­di­ci effet­ti­va­men­te ono­ra­ri in ser­vi­zio pres­so altri uffi­ci (tri­bu­na­li di sor­ve­glian­za, tri­bu­na­li dei mino­ren­ni, com­mis­sio­ni tributarie…).

 

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