Siamo a poche ore dall’inizio del Politicamp2017 in cui discuteremo il Manifesto di Possibile, un lavoro in progress al quale arriviamo attraverso molte tappe.
Un programma frutto di anni di lavoro, con documenti e proposte specifiche (spesso divenute proposte di legge), sulle questioni istituzionali e costituzionali come su quelle di governo (avendo sempre avuto cura – è bene specificarlo – di distinguere le prime dalle seconde).
La base del programma che Possibile sta completando si trova in un documento presentato a Bologna nel dicembre 2014: il Patto repubblicano.
Il punto di partenza del Patto è il recupero della partecipazione, perché la politica torni ad essere ciò che riguarda tutti i consociati e non un gioco di potere, fatto di tattiche e trasformismi tra pochi esponenti di partito che si scelgono tra di loro. L’idea di fondo è quella per cui, in democrazia, ci sono sempre alternative (proprio al contrario di quanto ci siamo sentiti ripetere negli ultimi anni) e queste dobbiamo tracciarle insieme, con il concorso di tutti come afferma l’art. 49 della Costituzione. Il Patto, aperto a tutti e in effetti sottoscritto da persone anche appartenenti a forze politiche diverse (potendo costituire già la base per un progetto di sinistra aperto, plurale e progressista, come quello di cui si sta discutendo da qualche settimana), indica dieci punti fondamentali, con particolare attenzione alla democrazia (da una legge elettorale capace di assicurare rappresentanza e libertà di scelta, agevolando anche la stabilità dell’azione di governo, a una legge sui partiti per la partecipazione interna e la trasparenza, fino a una riforma costituzionale leggera e condivisa a partire dalla valorizzazione degli istituti di democrazia diretta), all’uguaglianza (attraverso la progressività fiscale, il reddito minimo, il contratto a tutele crescenti, l’eliminazione dei conflitti d’interessi e la valorizzazione della concorrenza e del concorso, ma anche con una legge di parità e un matrimonio ugualitario che porti a famiglie tutte uguali), al benessere (che passa attraverso i punti precedenti ma si sviluppa con una particolare attenzione alla formazione, istruzione, università e ricerca, ma anche attraverso una vera e propria conversione ecologica dell’economia). È insomma un Patto per il progresso a tutto tondo. Un progresso che non perde di vista il suo obiettivo: il benessere generale, per noi stessi e per i nostri posteri, per riprendere il preambolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America. Perché – come si legge nella risoluzione ONU del 2012 con cui è stata istituita la Giornata della felicità – «il “progresso” non dovrebbe portare solo crescita economica a tutti i costi, ma anche benessere e felicità».
Così, abbiamo cercato di portare avanti le proposte alternative contemplate dal Patto. Vedendo che in Parlamento c’era sempre meno spazio, lo abbiamo fatto mettendo in campo otto referendum, per la democrazia (due quesiti sulla legge elettorale), l’ambiente (due quesiti per superare le trivellazioni e uno per riformare la legge obiettivo), il lavoro (due quesiti per restituire la tutela reale anche ai nuovi assunti ed evitare i demansionamenti), la scuola (perché tornasse più buona, senza un preside-manager). Si è trattato di una campagna molto impegnativa, condotta da Possibile, appena nata (il 21 giungo 2015), a mani nude, nell’indifferenza di istituzioni, media e delle altre forze politiche e con qualche ostilità. Ma – come tutti coloro che vi hanno partecipato possono testimoniare – è stata una campagna bellissima, in cui quella partecipazione che tanto spesso alcuni invocano si toccava con mano.
Quindi siamo andati avanti, attraverso l’impegno politico sul territorio, accompagnando proposte e battaglie che avessero il segno dei principi del Patto repubblicano. Abbiamo continuato a elaborare proposte, sempre nel merito dei temi, studiando (cosa che in politica si fa ormai davvero poco), verificando le conseguenze applicative, facendo i conti. Non abbiamo mai voluto cedere a nessuna propaganda. Non abbiamo mai proposto o votato niente che non ci convincesse, neppure sotto il triste segno dell’ormai famigerato “passo avanti”. Non possiamo fare piccoli passi avanti che servono poi solo a fare grosse pause, ma dobbiamo mirare agli obiettivi con coraggio.
In questo modo ci siamo approcciati anche alla riforma costituzionale, avviata al sobrio grido di “Via il Senato!”, senza neppure un testo scritto (perché questa è stata la consueta modalità di affrontare le “riforme” come ormai risulta impietosamente evidente) e risoltasi in un articolato molto contorto. Essa è stata sostenuta con argomenti davvero penosi, ma talvolta anche contrastata con argomenti discutibili. Con Possibile abbiamo sempre scelto un’altra strada: quella del merito della proposta, su cui abbiamo fatto una lunga e bellissima campagna di informazione e di educazione costituzionale. Tante, tantissime tappe (solo le mie si avvicinano alle cento) in tutto il Paese, per spiegare, senza pregiudizi, tutto quello che non andava, presentando alternative precise, come quella contenuta nel documento elaborato da chi scrive con Pasquino, Viroli e Zaccaria e che Possibile ha subito fatto proprio, avendo trovato la condivisione anche di Massimo D’Alema e del suo Comitato per il No. Abbiamo avuto ragione perché, nonostante una propaganda certamente sbilanciata per il Sì, il No è stato convintamente pronunciato da quasi venti milioni di elettori, pari a quasi il 60% dei votanti.
Siamo molto orgogliosi del contributo dato a questa campagna, con tutti i Comitati per il No, tutte le associazioni impegnate, a partire da Anpi, e tutte le forze politiche.
La Costituzione è rimasta di tutti; ha mantenuto la sua capacità unificante del Paese e la sua funzione di limitazione del potere.
Nel perimetro della Costituzione, però, dobbiamo recuperare lo spazio per l’alternativa tra idee e proposte diverse, su cui si fonda e di cui si alimenta la democrazia. Questo determina il confronto tra destra e sinistra in base ai programmi e non ad antiche appartenenza o discendenze. È un confronto tra chi mira a conservare gli equilibri sociali esistenti e chi vuole aprirli. Stando sulle proposte, la sinistra certamente può ritrovarsi facilmente unita ed è anche per questo che in questo periodo, in cui la discussione da questa parte è fitta ma talvolta un po’ oziosa (e forse viziata da troppe questioni personali) abbiamo pensato di ripartire da un programma. Lo abbiamo ripreso alla Costituente delle idee e abbiamo cominciato a concretizzarlo punto per punto in un Manifesto, contenente proposte precise nei contenuti, nelle modalità di attuazione, nella sostenibilità finanziaria. Di questo ci occupiamo al Politicamp di quest’anno, che è un momento fondamentale per discutere le proposte, migliorarle, svilupparle e aggiungerne di nuove. Sarà – come è già stato – un lavoro incessante. Un lavoro che noi consideriamo essere la politica: quella attività con cui, senza retorica, ci si dedica agli altri, pensando non solo all’istante ma anche al domani e al dopodomani.
Questo lavoro, al Politicamp e oltre, ci darà soddisfazione e sarà la migliore alleanza. La migliore e più seria politica.