Raggiungiamo Sandra Zampa, deputata del Partito Democratico e portavoce di Romano Prodi, in una piovosa domenica bolognese. Da qualche giorno è nelle librerie il suo volume “I tre giorni che sconvolsero il PD”, e i quotidiani di oggi traboccano della scelta del Professore di non prendere la tessera nè partecipare alle imminenti primarie. «È il partito a essere uscito da Prodi, non il contrario», commenta Zampa con amarezza. «Nel discorso di ieri, il professore ha detto anche “Spero vadano a votare in tanti, l’8 dicembre”: è convinto che il progetto non abbia perso le sue ragioni, ma che solo una nuova generazione lo possa e lo debba riprendere. Lui si ritiene ingombrante, perché nei giorni del Quirinale abbiamo verificato essere esistite alcune vendette incrociate, ogni volta si è mossa una organizzazione. Sa di non essere un cittadino qualunque, e di influenzare: il messaggio che lancia ai giovani è “continuate a combattere, la battaglia che io non ho vinto”». Tornando a quelle terribili 72 ore di aprile, in una intervista a La Stampa, Sandra Zampa ricorda che Berlusconi a Bari riempì di contumelie il fondatore dell’Ulivo, irridendolo assieme alla folla sul modello “Gesù o Barabba”: «E il PD è stato muto di fronte agli attacchi che gli sono stati portati, non solo in quell’occasione. Prodi in questi anni è stato lasciato molto solo. Ad esempio, da gennaio ad aprile i quotidiani della destra hanno scritto oltre trenta articoli contro una sua candidatura ventilata, sono andati addirittura in cerca nelle università americane, per sapere se fosse stato lui in persona, con 31 lauree honoris causa, a inviare un curriculum. Non ho mai capito perché i democratici non diedero dei segni, davanti a fatti che non potevano essere tollerati, neppure durante la vicenda che porta Berlusconi a giudizio per la compravendita dei senatori: lasciano che la destra spari a zero sul governo del 2006, senza che nemmeno chi vi faceva parte lo difenda. Qual è la colpa di Prodi? Quella di aver vinto due volte le elezioni?».
A tutti i livelli, militanti, elettori e simpatizzanti chiedono sia fatta luce sui 101, di conoscere i loro nomi e le motivazioni, sentono come una ferita anche personale la sorte toccata al Professore: la stessa Rosy Bindi ha ammesso come relativamente a quell’episodio non vi sia stata un’analisi seria, con autocritica e assunzione di responsabilità. «Evidentemente quel fondatore non era sentito come tale da tutti», continua Zampa. «Perché non siamo un partito, una comunità coesa, ma una federazione di correnti, e questo porta a dividersi anche in merito agli aspetti essenziali. Ciascuno ha continuato a tenere addosso la propria maglietta identitaria». A farne le spese, il concetto di Ulivo, come tessuto unitario delle culture laburiste del Paese ‑socialista, cattolica progressista, ambientalista, laica e azionista, referendaria per i diritti- in un programma che teneva assieme la vocazione europea di molta borghesia istituzionale (si pensi ai ministri economici del governo del 1996, Ciampi in primis) e la desistenza degli antagonisti. «Credo sia andata persa la speranza e la freschezza di quel progetto, che è stato usato come navicella per mettersi in salvo dalle tempeste marine, senza che ci si credesse davvero. Ciò ha creato danni grandissimi».
Al congresso la deputata bolognese ha deciso di sostenere il documento e la candidatura di Giuseppe Civati a segretario: «Ho meditato lungamente e sono stata molto attenta, sapevo per certo chi non avrei votato. Pippo mi piace perché è persona autentica, che si batte con le proprie forze e sa riaccendere la speranza. Con la sua sobrietà, non è mai venuto a chiedermi niente, rispettando sempre la mia incertezza e la necessità di prendere del tempo per meditare bene il da farsi. Mi piace la sua capacità di trasmettere entusiasmo ai giovanissimi, come i miei nipoti che da subito mi hanno detto “zia, devi stare con Civati perché lui è bravo davvero”. La mia scelta per lui è determinata anche dal fatto che ci sono temi a cui è molto sensibile, e guarda con gli occhi di chi mette al primo posto più giustizia sociale, nei diritti, più possibilità e opportunità. L’Italia ha tradito i giovani e non solo loro, persone che hanno lavorato una vita per poi essere esodate, trattate come uno straccio: c’è chi vuol tagliare le pensioni di 3100 euro mensili quando esistono quelle di 30mila. Ecco, la lotta per l’eguaglianza ci vede vicini: ci vorrà l’impegno e la lealtà di tutti per non ripetere gli errori che abbiamo visto. Abbiamo ammazzato il partito con le nostre mani, lo possono costruire davvero solo i nativi a tutti gli effetti, senza il condizionamento e il peso delle vecchie generazioni: il PD è stata la mia unica tessera, capisco bene il problema». Sandra Zampa sta per uscire, diretta al circolo San Donato dove discutere con gli iscritti e gli elettori di quale sarà il futuro del PD, il partito che tuttora ha ai piedi del simbolo un ramo d’Ulivo: «Chi ha dato ‑senza vincere, e facendo in modo che si perdesse anche quando si aveva vinto- ora passi il testimone».
#Civoti 09: Sandra Zampa