Una città di porto, una città dell’acciaio: Piombino.
La sua storia nobile le vale il ruolo di capitale dell’Arcipelago Toscano, città della fabbrica in un territorio a vocazione agricola. Orgogliosa Medaglia d’Oro alla Resistenza ed esempio di rilancio economico e di deindustrializzazione, per uscire dalla crisi della siderurgia e dallo schema classico agricoltura-fabbrica.
Negli ultimi anni, grazie anche ai finanziamenti europei, si sono gettate le fondamenta per un turismo nuovo di cui volano è proprio il porto, varco di ingresso su Arcipelago toscano, Sardegna e Corsica.
Il comparto turistico si afferma quindi grazie alla tenacia della cittadinanza e del tessuto imprenditoriale locale. Un turismo di qualità, lento, sostenibile, del benessere, legato ad un settore agroalimentare che produce eccellenze, dall’enogastronomia all’itticoltura, che copre il 60% del fabbisogno nazionale di pesce.
E mentre la Val di Cornia inizia ad affrancarsi dalla crisi dell’industria pesante, arriva notizia dell’ufficializzazione dell’incarico a Commissario per il rigassificatore a Piombino ad Eugenio Giani, Presidente della Regione Toscana.
La nave gasiera Golar Tundra – lunga circa 300 metri e profonda circa 40 – diventerà operativa nel porto di Piombino nella primavera 2023, divenendo il secondo presidio marino del gas dopo Livorno, e garantendo una copertura minima del fabbisogno nazionale di gas, in cambio di pochi euro di sconto in bolletta e promesse datate di bonifiche, che Piombino aspetta comunque da decenni.
Tutto questo accade in un silenzio assordante da parte delle forze di centro-sinistra locali che scelgono di non schierarsi al fianco dei cittadini (fatte salve rarissime eccezioni), contro decisioni che denotano una totale mancanza di visione e di conoscenza della zona e del suo tessuto socioeconomico.
Le discussioni si fanno altrove, senza tenere conto di tutti quei processi partecipativi propedeutici a certe decisioni, senza valutazioni sugli impatti sociali, economici e ambientali che la nave avrà sull’intero territorio della Val di Cornia, senza considerare i rischi che, in caso di incidente, travolgerebbero anche la vicina provincia di Grosseto.
La temperatura del mare potrebbe diminuire di alcuni gradi centigradi, perché verranno scaricati acqua fredda e cloro utili al processo di rigassificazione. Questo implica la possibilità di mettere a rischio la sopravvivenza delle vasche di itticoltura e del settore balneare, così come il futuro delle centinaia di lavoratori e lavoratrici che ne dipendono, incluso l’indotto. La seconda nave che entrerà in porto per le operazioni di scarico impedirà la partenza a cadenza giornaliera dei traghetti e delle navi veloci per le Isole. E serviranno chilometri di gasdotto che potrebbe toccare i terreni non ancora bonificati sull’area dell’ex acciaieria. La nave sarà inoltre collocata dentro al porto e non al largo, come succede nella vicina Livorno e come i protocolli di sicurezza vorrebbero. E viene anche da chiedersi se non ci sia un’alternativa a questo scempio, magari attraverso un allargamento della piattaforma off-shore livornese, ad esempio.
È un rischio, ed è un errore collocare la gasiera in porto, mortificando anni di politiche economiche che guardano altrove, con lungimiranza. È un errore pensare che il volere della Nazione non sia il volere dei suoi cittadini, di coloro che subiranno le dirette conseguenza di queste decisioni.
È un errore guardare indietro: si deve spingere sull’economia sostenibile del mare, sulla riconversione green del ciclo industriale che può coesistere con lo sviluppo territoriale solo se realizzato in maniera innovativa, che garantisca una riduzione degli impatti ambientali e nuova occupazione.
Il futuro del comprensorio è pieno di possibilità, grazie ad un territorio variegato e ricco di sfaccettature, un palcoscenico tutto da valorizzare attraverso le eccellenze agroalimentari, gli allevamenti di qualità, il turismo sostenibile e la cultura, i progetti già avviati sul porto e sulla nautica.
Questa visione è assolutamente incompatibile con la decisione della Regione e del Governo di riportare l’intera zona indietro di decenni, in un passato — quello industriale — che abbiamo già visto e che rappresenta tutto quello da cui ci vogliamo allontanare.
No Al Rigassificatore.
Maremma Possibile