Da mesi è in corso un dibattito piuttosto surreale sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) che, nella versione anti-COVID, è condizionato a investimenti sulla sanità e soggetto a tassi di interesse tendenti a zero.
Si tratta di 37 Miliardi di Euro di prestiti che finanzierebbero investimenti strutturali per sanare i deficit storici della sanità pubblica.
Il vantaggio del ricorso a questa speciale linea di credito risiede in un netto risparmio sulla spesa per interessi, pertanto il suo ricorso dipende in via quasi esclusiva dalla differenza tra i tassi di interesse dei titoli di Stato italiani determinati dal mercato e quelli agevolati che dovremmo pagare chiedendo i soldi in prestito al MES.
Ai tassi di interessi attuali sul debito pubblico, un beneficio netto esiste ma, aldilà del discorso contabile, rimane l’idea di utilizzare uno strumento europeo per ribadire la nostra appartenenza ad una Comunità di Stati che va oltre l’orticello domestico.
Ma cosa ancora più importante è individuare gli ambiti sui cui si vuole investire, per far sì che il ricorso al MES si traduca in un investimento efficace in spesa sanitaria.
Possibile ha studiato un piano di investimento dei fondi MES dedicati al potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale.
Di seguito sono elencati a grandi linee i nostri punti programmatici principali e le relative voci di spesa, per la realizzazione di un sistema sanitario pubblico che risponda rapidamente ai bisogni della popolazione. Perché non c’è più un minuto da perdere.
Strutture ospedaliere (11 Miliardi di investimenti): approvvigionamento di apparecchiature, attrezzature nuove che migliorino, nel complesso, l’efficienza dei servizi erogati. Anche attraverso il recupero degli edifici esistenti, allestimento di una rete territoriale delle case di cura destinate alla prima presa in carico del paziente.
Ristrutturazione della Sanità Pubblica (2 Miliardi l’anno per tre anni): andando oltre alle USCA, si deve intervenire specialmente dove si è insistito su un modello hub-spoke, lasciando indietro la medicina territoriale.
Le Regioni dovranno stabilire e adottare dei precisi obbiettivi attraverso un piano di sviluppo che preveda una completa riorganizzazione e potenziamento dei servizi territoriali socio-sanitari a titolarità pubblica.
Si dovrà dare assoluta priorità a (i) potenziamento della medicina di base tramite il reclutamento di nuovi medici; (ii) progressivo affiancamento al sistema delle residenze RSA di una rete di assistenza domiciliare; (iii) acquisto di nuove attrezzature per potenziamento tecnologico delle strutture diagnostiche; (iv) potenziamento del sistema emergenza e della rete dei consultori pubblici.
Sanità digitale (5 Miliardi di investimenti), che si traduce nella realizzazione interconnessioni di tutti i sistemi informativi del SSN, tenendo conto di quanto già disponibile nell’ambito del Sistema Tessera Sanitaria e del Fascicolo Sanitario Elettronico. A questo dovrà seguire l’informatizzazione dei processi gestionali del personale, dando adeguato supporto alle Amministrazioni per ottimizzare l’utilizzo delle risorse, incluso l’accesso informatico alle agende di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate con l’obiettivo della riduzione delle liste d’attesa facilitando i cittadini nell’accesso alle prenotazioni mediante strumenti digitali.
Come era prevedibile, in pochi mesi l’obiettivo di incrementare il numero di posti letto di terapia intensiva è fallito. Perché se è vero che l’allestimento delle attrezzature è relativamente semplice, la formazione e il reclutamento del personale specialistico, medici e infermieri anestesisti, ha un certo grado di rigidità. Nel breve periodo si può soltanto agire mediante il richiamo del personale in quiescenza e l’assunzione di nuovi specialisti fra i neolaureati. In un periodo di tempo medio-lungo, invece, occorre definire le azioni per il potenziamento delle terapie intensive e sub-intensive sino alla creazione di 6000 nuovi posti potenziali al fine di fronteggiare le emergenze (e raggiungere l’obiettivo di 20 posti di TI ogni 100mila abitanti), garantendo il requisito di 2,5 infermieri per ciascun posto letto e un medico ogni 6 (quindi un totale 15mila nuovi infermieri e 1000 nuovi medici).
Nella migliore delle ipotesi, servono circa 800 Milioni di euro per l’allestimento e un miliardo l’anno a copertura dell’incremento dei costi (sostanzialmente dovuti al maggior personale).
In un’ottica di riduzione dei costi sanitari indiretti, ovvero i costi sostenuti dalle famiglie e la spesa ‘out of pocket’, dobbiamo investire in politiche di prevenzione, specie per le malattie croniche. In un orizzonte decennale, ogni euro investito in prevenzione genera 2,9 euro di risparmio nella spesa per prestazioni terapeutiche e riabilitative.
Come già ribadito dal presidente Mattarella, il virus può essere sconfitto dalla Ricerca: servono 5 miliardi l’anno alla Ricerca medica, almeno per il periodo 2021–2023.
L’autonomia regionale non deve condurre a una diminuzione della centralità del Sistema Sanitario – che è, per definizione, Nazionale — e l’universalità del diritto alla salute come sancito dall’Articolo 32 della Costituzione, in cui si enuncia che è la Repubblica che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.