Migranti, Civati-Fatou Boro Lo: Non esistono taxi del mare, solo campagna discredito Ong

“È fini­ta come era ampia­men­te pre­vi­sto: per l’in­chie­sta sul­le Orga­niz­za­zio­ni non gover­na­ti­ve è sta­ta richie­sta l’ar­chi­via­zio­ne dal pro­cu­ra­to­re Zuc­ca­ro, pro­prio il magi­stra­to che ha avvia­to le inda­gi­ni. Il risul­ta­to è che non c’è nul­la su cui poter apri­re un pro­ces­so: i taxi del mare non esi­sto­no, chi sal­va vite uma­ne non ha lega­mi con gli sca­fi­sti. Eppu­re la cam­pa­gna ha get­ta­to tan­to discre­di­to sul lavo­ro del­le Ong. Una cri­mi­na­liz­za­zio­ne in pie­na rego­la: que­ste inchie­ste han­no dato lin­fa alla pro­pa­gan­da poli­ti­ca di Lega e Movi­men­to 5 Stel­le”. Lo dichia­ra­no il fon­da­to­re di Pos­si­bi­le, Giu­sep­pe Civa­ti, e Fatou Boro Lo, can­di­da­ta di Euro­pa Ver­de alle pros­si­me Euro­pee nel­la cir­co­scri­zio­ne Ita­lia Nord orientale.

“Pur­trop­po — aggiun­go­no Civa­ti e Fatou Boro Lo — que­sta richie­sta di archi­via­zio­ne non resti­tui­rà il dan­no all’im­ma­gi­ne dei volon­ta­ri. Per la gestio­ne dei flus­si migra­to­ri, ser­vi­reb­be una nuo­va azio­ne, sia sul euro­pea che ita­lia­na, e non cer­to quel­lo a cui stia­mo assi­sten­do negli ulti­mi mesi”.

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500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

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Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.